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Casali del Manco, adesso non si scherza

La fusione dei comuni costituisce, ovunque, argomento di approfondimento, sia sotto il profilo normativo che delle scelte politico-amministrative. Quanto al primo, esiste allo stato una normativa reg…

Pubblicato il: 26/04/2017 – 7:15
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Casali del Manco, adesso non si scherza

La fusione dei comuni costituisce, ovunque, argomento di approfondimento, sia sotto il profilo normativo che delle scelte politico-amministrative.
Quanto al primo, esiste allo stato una normativa regionale non affatto esaustiva. Solo in sei regioni, di cui due a statuto speciale (Abruzzo, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Piemonte, Puglia e Sardegna), è appena prevista, come atto istruttorio presupposto, una relazione di accompagno all’iniziativa amministrativa dei Comuni interessati a fondersi. Nelle altre neppure quella. Si decide in via istintiva, quasi umoralmente, salvo autonome generosità istruttorie.

Qui, i problemi si moltiplicano
In Calabria, la somma di entrambi i difetti. Basti pensare all’esperienza legislativa, macabra sotto il profilo costituzionale, intesa a riscrivere nel 2016 la disciplina del referendum consultivo. Si è votato l’aberrante, sotto il profilo dell’esercizio della democrazia diretta e della autonomia attribuita agli enti locali. Si era pensato di far decidere il tutto al Comune che contasse di più in termini di elettori di fatto, prescindendo da cosa fosse deciso dagli altri.
La fusione dei Comuni – ne siamo convinti tutti – rappresenta la soluzione per il futuro. Se  non vi si fa massiccio ricorso, specie da parte dei più piccoli, a tal punto da ridurre il loro numero di ben oltre il 50%, sarà la fine delle politiche locali. Le condizioni economico-finanziarie del sistema autonomistico locale – facilitato dall’obbligo di immediatezza dei pagamenti dei fornitori, pretesa dalla UE, attraverso la concessione di anticipazioni di liquidità (DL 35/2013, 66/2014 e 78/2015) – sono fortemente compromesse nel lungo periodo. Le anticipazioni corrispondenti hanno, di conseguenza, obbligato gli enti locali a restituzioni trentennali. In quasi tutti comuni, detti «mutui» (che tali contabilmente  non sono) hanno consistenza tale da dedicare al loro ammortamento la quasi totalità delle risorse disponibili di un trentennio. Una condizione di disagio che da sé – unitamente alle ragioni socio-economiche e di programmazione territoriale che ne giustifichino la frequenza – dimostra l’utilità del ricorso alla fusione, garante dell’esercizio dell’economia di scala, oramai indispensabile per la sostenibilità dei bilanci pubblici in relazione all’introdotto «pareggio di bilancio». Tutto questo senza contare che in altri Comuni c’è di peggio, specie in quelli che hanno evitato «senza scuorno» di non dichiarare i propri problemi di bilancio, supponendo di utilizzare ad hoc i finanziamenti straordinari concessi ai Comuni nella misura del 50% di quelli goduti da ciascuno di loro a tutto il 2010  sino però alla concorrenza massima di 2 milioni per ogni fusione. 

Sulle fusioni non si scherza: occorre tanta cautela e una buona programmazione
A ben vedere, una situazione tale dovrebbe consigliare agli enti locali una maggiore cautela nell’affrontare lo strumento della fusione e alla Regione di farsi carico dell’elaborazione di una normativa specifica di pregio, tale da ridare alla Calabria il corretto rilancio. Magari facendo in modo di approvare contestualmente quella legge di riordino del proprio sistema delle autonomie locali senza la quale non si va da alcuna parte. Invece no, si forza la mano, facendo passare nelle sedi istituzionali le iniziative estemporanee solo per non fare torto ai corrispondenti promoter politici. Questo è quanto di peggio si possa fare! Si corre il rischio di sfregiare, irrimediabilmente, la filiera territoriale e portare alla rovina intere comunità locali.

La fusione della Presila
Il caso dei Casali del Manco – ove la fusione che riguarderebbe i cinque Comuni di Casole Bruzio, Pedace, Serra Predace, Spezzano Piccolo e Trenta – è sintomatico dell’estemporaneità amministrativa dell’approccio all’istituto e del caos generato dalla Regione. Un quesito referendario non propriamente ideale, non sufficientemente esteso a tutte le ipotesi in gioco. Una campagna elettorale politica al buio e non già finalizzata a garantire un voto consapevole. Un voto referendario scarsamente partecipato e con risultati contraddittori. Pare, la volontà della Regione ad annettere forzosamente nel nuovo ente anche il Comune (Spezzano Piccolo) che ha detto no alla fusione. Sono la somma, diciamo così, delle inappropriatezze compiute e in corso d’opera. Il consiglio – prima di «giocare alla morra» nel senso di farla a quattro o a cinque – è quello di documentarsi in proposito, sia in relazione ad un’intelligente giurisprudenza formatasi che alla buona pratica. 

Impariamo a dire no agli sponsor locali e a fare (finalmente) meglio degli altri
In Emilia-Romagna, ove la legge specifica non brilla affatto, la Regione sa però come decidere. Lo ha fatto invero, a fine 2016, in relazione ai tentativi di fusione esperiti nell’evento «referendum day». Tra i sei proposti (beninteso, tutti assistiti da nutriti studi di fattibilità) solo due sono andati a buon fine. Nel particolare, quello portato avanti dai Comuni del riminese Mondaino, Montegridolfo e Salucedio (simile a quello nostrano dei Casali del Manco) è stato rimesso dalla Regione ai mittenti. Al riguardo, considerato il voto sfavorevole di quest’ultimo, ha detto infatti di no alla fusione. Lo ha fatto, come doveva, nel rispetto dell’autonomia riconosciuta dalla Costituzione agli enti locali e della volontà dei cittadini che ne godono. Attesa la precarietà della nostra legislazione regionale e delle procedure iniziate malissimo, si ricominci da capo e con il piede giusto: a) individuando, nella legge di riordino del sistema delle autonomie locali, le zone sensibili ove incentivare le fusioni, anche ricorrendo ai fondi comunitari; b) sottoponendo il perfezionamento delle procedure ad elaborati di fattibilità, ben motivati sotto il profilo giuridico-economico, organizzativo, demografico, statistico e socio-storico-culturale.
È in gioco il futuro della Calabria e dei giovani calabresi!

*docente Unical

  

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