Battaglia: «Abbiamo vinto il congresso ma no alle vendette»
Al Nazareno vi hanno promosso, onorevole Demetrio Battaglia? (Ride) «Perché mai? Non siamo mica a scuola». Lei è il coordinatore in Calabria della mozione Renzi. E qui c’è stato uno dei risultati…

Al Nazareno vi hanno promosso, onorevole Demetrio Battaglia?
(Ride) «Perché mai? Non siamo mica a scuola».
Lei è il coordinatore in Calabria della mozione Renzi. E qui c’è stato uno dei risultati migliori per il segretario in pectore del Pd…
«Quella raggiunta qui (il 72% circa) mi pare una percentuale positiva rispetto anche al dato nazionale. È un risultato che ci si aspettava. Il punto è che a prescindere dalle percentuali non bisogna disperdere lo strumento delle primarie. Hanno partecipato tantissime persone che il giorno dopo devono poter continuare a dire la loro e che devono trovare la possibilità di diventare classe dirigente del partito».
Facile a dirsi quando è ancora fresco il ricordo di una vittoria…
«E invece io ne sono convinto: le primarie non possono essere solo uno strumento di mobilitazione straordinaria. Se per paura il partito chiude le porte, è chiaro che c’è una crisi di partecipazione e di programmi. E nel passato, anche molto recente, questa chiusura c’è stata».
Crisi di partecipazione che appare essere una costante. Rispetto al 2013 questa volta si sono recati ai gazebo 957 mila militanti in meno. Meno 34 per cento, in percentuale. Uno su tre.
«La partecipazione di domenica è stata straordinaria per tanti motivi. È vero se si osservano i dati delle primarie, a partire da quelle che incoronano Prodi, c’è un calo costante. Però bisogna guardare la fase politica e gli interessi in gioco. Oggi probabilmente per la prima volta c’è stato un congresso vero, nel senso che la posta in gioco era diverso rispetto al passato. Si arrivava da una fase di crisi post-referendaria, dopo che si è consumata una scissione importante nel partito. Le previsioni erano ancora più basse, e invece la risposta è stata positiva. Ci si preoccupava di essere di fronte a primarie a uso e consumo interno, ma così per fortuna non è andata».
Il risultato calabrese è nel complesso ottimo per voi renziani, ma a macchia di leopardo. Percentuali bulgare nel Reggino e nel Vibonese, modeste soprattutto nell’area urbana di Cosenza…
«Nel partito c’è stata una competizione vera. Anche laddove abbiamo vinto con oltre il 70% troviamo qualche enclave dove hanno prevalso i candidati alternativi a Renzi. Bisogna poi tenere conto delle sensibilità dei diversi territori. C’è stata una prima scelta politica tra i pretendenti alla segreteria. Poi è chiaro che laddove una mozione aveva un’organizzazione sul territorio allora il risultato è stato migliore».
D’accordo, ma Cosenza è la città del governatore Mario Oliverio…
«Ritengo che l’organizzazione e la presenza strutturata aiutino una mozione ma se c’è un corpo vivo. In provincia di Reggio Calabria, per esempio, gli orlandiani hanno raggiunto il 14%: questo significa che esiste una sensibilità precisa nel partito.
Detto chiaramente: non ridurrei tutta la discussione a uno scontro tra diverse personalità della provincia di Cosenza».
Ora cosa cambierà nel partito?
«Bisogna essere preoccupati rispetto al rapporto che il Pd ha con la società calabrese. Abbiamo vinto le primarie, non le elezioni politiche. Chi pensa di utilizzare questo risultato per consumare vendette sta commettendo un errore gravissimo. Salvo imprevisti, tra dieci mesi si torna al voto. E noi dobbiamo portare avanti una linea politica in linea con le speranze delle primarie. Ora si dovrà lavorare per rendere credibile il Pd come partito di governo. Renzi deve immaginare il partito non come un detersivo da vendere in tv, ma come un soggetto politico capace di fare e accogliere proposte. Per questo invito il segretario a un duro e faticoso lavoro quotidiano e a visitare, nei prossimi cento giorni, tutti i capoluoghi italiani per raccogliere le sfide e misurare le esigenze dei singoli territori».
Muterà anche il rapporto tra il partito e la giunta regionale in Calabria?
«Il Pd calabrese deve fare due cose: a) ricostruire un rapporto solido con la società civile e con i corpi intermedi, pur essendo consapevoli che vivono un periodo di appannamento; b) avere la capacità da un lato di supportare l’azione della giunta regionale, dall’altro lato offrire una proposta “positiva” rispetto all’azione amministrativa. Deve, insomma, essere capace di esprimere delle linee guida di superamento delle criticità che la giunta può avere. Tutto questo sarà possibile a determinate condizioni: il rapporto istituzionale non deve essere vissuto come esercizio reciproco di potere».
Il presidente Mattarella ha invitato il Parlamento, di cui lei fa parte, ad approvare una nuova legge elettorale. Qual è il suo modello ideale?
«La nuova legge elettorale deve consentire ai cittadini di scegliere i propri rappresentanti e garantire a chi vince le elezioni una governabilità vera. Se ciò non avviene non avrei problemi a votare contro il gruppo parlamentare al quale appartengo».
Non sarebbe la prima volta, d’altronde. Battaglia, secondo le statistiche di OpenParlamento, ha superato i 500 voti in dissenso dal gruppo dem a Montecitorio.
Antonio Ricchio
a.ricchio@corrierecal.it