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Lamezia in piazza per l'avvocato Pagliuso. «Indagate con mente libera»

LAMEZIA TERME Sciarpe azzurre, come quelle che Francesco Pagliuso amava portare al collo. Come quella che indossa nelle foto che campeggiano in città, come quella che indossa sua sorella Antonella. L…

Pubblicato il: 09/05/2017 – 19:28
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Lamezia in piazza per l'avvocato Pagliuso. «Indagate con mente libera»

LAMEZIA TERME Sciarpe azzurre, come quelle che Francesco Pagliuso amava portare al collo. Come quella che indossa nelle foto che campeggiano in città, come quella che indossa sua sorella Antonella. La fiaccolata per ricordare l’avvocato ucciso nella notte tra il 9 e il 10 agosto del 2016 ha inizio davanti al luogo dell’omicidio, la casa del giovane legale in via Marconi, nel cortile della quale venne freddato a colpi di pistola alla testa da una mano ancora ignota. Un comitato fondato da familiari e amici si appresta a ricordarlo, le fiaccole sono disposte su un muretto, la gente ha cominciato a radunarsi già prima del tramonto. Tanti gli avvocati del foro lametino e catanzarese presenti per ricordare il collega. Presenti anche gli scout del gruppo Lamezia Terme 2. «Ma pensavate davvero di avermi spento?», recita il manifesto che invita alla fiaccolata. Che il ricordo non si spegna. La prima urgenza è che la comunità sia unita perché «la città non ha bisogno di eroi, ha bisogno di noi». Poco dopo il tramonto la fiaccolata silenziosa e numerosa si avvia verso il Tribunale. Un corteo composto, seguito da una delegazione dei sindaci del lametino e guidato dai familiari dell’avvocato Pagliuso che fanno strada al comitato che vuole diventare un’associazione e, in futuro, una fondazione. C’è anche il figlio di Francesco Pagliuso, appena sei anni, biondissimo e un po’ sperso tra la folla, legato al fianco di sua madre. La città ha risposto con poco meno di 1000 persone, secondo le stime della polizia municipale. «Io voglio ringraziare tutti a nome della mia famiglia e del comitato che qui rappresento», dice la sorella Angela, che di fronte alla folla vuole ricordare il legale con un aneddoto. Racconta che il giorno del funerale di Pagliuso ha notato una donna, che baciando la foto dell’avvocato diceva: «Avucà, e mò chi me sente?». Dopo – aggiunge – ha scoperto che quella donna semplice, senza mezzi, quando si era rivolta al fratello gli aveva detto chiaramente «Avvocà, io non ho soldi», per sentirsi rispondere «E io non ve ne ho chiesti». «Questo – racconta agli astanti – era mio fratello».  L’uomo per cui insieme ai familiari chiede verità e giustizia, mentre agli inquirenti fa un appello: «Continuate a indagare con mente libera». 
«Qui a Lamezia Francesco si era fatto strada – è la volta di Antonello Bevilacqua presidente dell’ordine degli avvocati -, in una città difficile. Francesco è il secondo avvocato ucciso, tempo fa venne ucciso un magistrato». Ma la speranza non molla gli animi, « sono sicuro che presto avremo notizie importanti», ha concluso Bevilacqua. 
«Siamo qui perché chiediamo giustizia, che le indagini non vadano ad assopirsi col passare del tempo. Questa è una terra di martiri di cui non si conosce la ragione della morte », grida il sindaco Paolo Mascaro che riporta alla memoria il barbaro eccidio, avvenuto 23 anni fa, dei netturbini Pasquale Cristiano e Francesco Tramonte. Per loro, come nel caso di Francesco Pagliuso, l’omicidio non ha conosciuto giustizia e ragione.

Alessia Truzzolillo

a.truzzolillo@corrierecal.it

 

 

 

 

 

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