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Qui si muore perché la sanità non c'è

Due eventi mi inducono a riprendere l’argomento della sanità calabrese. La pubblicazione della sentenza della Corte costituzionale n. 106 dell’appena l’11 aprile scorso e l’articolo pubblicato oggi…

Pubblicato il: 12/05/2017 – 13:01
Qui si muore perché la sanità non c'è

Due eventi mi inducono a riprendere l’argomento della sanità calabrese. La pubblicazione della sentenza della Corte costituzionale n. 106 dell’appena l’11 aprile scorso e l’articolo pubblicato oggi da questo giornale a firma del sempre attento onorevole Demetrio Battaglia.
Ma è possibile che in Calabria non se ne indovini mai una? Che non si riesca a fare una legge come si deve e a trovare la necessaria pace interistituzionale tra gli organi commissariati e i commissari, indispensabile per generare le migliori soluzioni per la salute dei calabresi?
Quanto al primo interrogativo, che è da sempre attuale, riguarda l’incapacità della Regione di pervenire a leggi, non solo esaustive e accettabili, ma che siano compatibili con i principi costituzionali. Ciò accade perché ivi si legifera a vista, ovverosia senza farsi condurre, tra l’altro, dalle regole imposte dalla Carta in materia di esercizio della potestas legislativa. O peggio ancora, ad personas, intendendo per tale il perseguimento della strada legislativa per pervenire a risultati altrimenti sanzionabili per via amministrativa. 
Un rilievo, il primo, sollevato dal governo – in una a quello dell’art. 120, comma 2 – e non contraddetto giudizialmente dalla Regione, neppure costituta, in relazione alla legge regionale 10/2016, recante “Norme per la tutela della salute dei pazienti nell’esercizio delle attività specialistiche odontoiatriche”. Una legge che favoriva, per l’appunto, gli odontoiatri nel senso di esentarli dal rilascio dell’autorizzazione all’esercizio per le rispettive attività. Un assunto sul quale la Corte costituzionale ha detto no, perché deciso in violazione del principio fissato dallo Stato nel vigente testo del decreto legislativo 502/92, in quanto tale non alterabile dalla Regione con una sua legge di dettaglio. Quindi, un altro flop nella sanità «teorica».
Venendo alla sanità «pratica» quella percepita dai cittadini, c’è da dire che ha ragione Battaglia ad urlare al complotto! C’è, infatti, da tempo un gruppo bene individuabile formato dall’attuale ministro della Salute (della quale si occupa ben poco, salvo parlarne tanto e spesso impropriamente), dai suoi nominati e, tra questi, dai suoi favoriti che fa di tutto per impedire a che in Calabria i calabresi percepiscano un minimo segno del cambiamento. Una tattica distruttiva alla quale neppure il governo, nella sua unitarietà, riesce a dire basta, dal sapore segnatamente sadico. 
Per intanto, dalle nostre parti si muore e si sta peggio a causa di una sanità che non c’è. Di un territorio lasciato in balia di quella assistenza primaria, che si caratterizza più per l’assenza che per la sua qualità, e privo di presidi capaci di recitare il necessario ruolo sostitutivo. Quel compito surrogatorio che impedirebbe, in qualche modo, l’insostenibile affollamento degli «ospedali» hub, costretti – come sono – ad assicurare l’urgenza con modalità che rasentano la vergogna e non garantiscono il decoro della persona.
In tutto questo macabro gioco, le due istituzioni (commissario ad acta e Regione) si scrivono, si telefonano, si ingiuriano, rivendicano reciprocamente l’uno i ruoli dell’altro, con il ministero divenuto sempre più forte nell’arte del favoreggiamento dei suoi nominati, con la complicità del governo che, in proposito, glissa colpevolmente. Così facendo si sta generando in Calabria il peggiore derby tra istituzioni, ove a perdere sono sempre e soltanto i calabresi.
La domanda: ma quando ci sarà riconosciuto di esigere in «patria» ciò che altrove è naturale? Quando diventeremo una regione normale? Quando avremo un motivo in meno per i nostri figli di lasciare tutto e andare via?

*Docente Unical

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