COSENZA Di ultimi treni la Calabria ne ha visti passare parecchi. Quello che Natale Mazzuca, presidente regionale di Unindustria, rappresenta nell’intervista al Corriere della Calabria è un vagone carico di promesse. E di finanziamenti: nove miliardi di euro fino al 2023. Una cifra enorme. Da vincolare, però, a tempi certi. Sono proprio i tempi la vera incognita: scontrarsi con la burocrazia non è facile. Ma certi scogli vanno superati. Altrimenti prima il treno a passare sarà davvero l’ultimo.
Si è parlato molto del Patto per la Calabria come dell’ennesima opportunità di rilancio per il tessuto industriale della regione. A che punto sono gli interventi? Come va l’interlocuzione con la politica?
«Il Patto per la Calabria prevede importanti opportunità per la ripresa dell’economia regionale. Sono stati individuati percorsi di crescita qualificati che puntano alle infrastrutture, ai servizi e al sostegno del tessuto imprenditoriale calabrese. Al suo interno, sono state recepite alcune nostre proposte che rispondono alle esigenze degli imprenditori che hanno voglia di ripartire per imprimere un cambio di rotta al tessuto economico regionale. Unindustria Calabria ha provato a svolgere un ruolo da protagonista nella fase di programmazione. Vorrei ricordare le proposte messe a punto con le organizzazioni sindacali a maggio del 2015, contenute in un documento denominato “Un Patto per la Calabria”, offerte pubblicamente a disposizione dei contributi delle forze sociali e di chi, in quel momento, stava definendo contenuti ed obiettivi del progetto di programmazione da sottoporre a Bruxelles. Oggi, per garantire alla classe imprenditoriale un’opportunità di confronto diretto, rendere immediate e tangibili le opzioni strategiche effettuate ed avere contezza del cronoprogramma di avvio della programmazione, abbiamo inteso organizzare una “road map” nelle varie sedi territoriali di Unindustria. Si tratta di specifici incontri con il governatore Mario Oliverio, componenti della giunta e dirigenti dei dipartimenti per mantenere alta l’attenzione e viva la discussione intorno alle misure di intervento contenute nel Patto per la Calabria, nel Por e nella programmazione nazionale. Del resto, dopo un propedeutico e qualificato lavoro “preparatorio”, il fattore tempo gioca un ruolo fondamentale. Dopo aver definito gli obiettivi e messo a punto la struttura degli interventi, è necessario imprimere una decisa accelerazione per passare, dalla fase della programmazione e degli impegni di spesa, alla spesa effettiva che è quella che crea sviluppo».
La Calabria non riesce a decollare: qui la crisi è stata acuta come in tutti gli altri territori ma la ripresa stenta. È chiaro che la classe dirigente – tutta – ha le proprie responsabilità. Quali sono quelle degli industriali?
«Rispetto alle altre regioni, la Calabria è entrata in ritardo nella crisi e solo adesso si avvia a provare ad agganciare la ripresa, come evidenziato da timidi segnali che comunque iniziano a manifestarsi. Di certo, gli imprenditori, dopo aver resistito alla difficile fase congiunturale e avviato un proprio processo d’innovazione, necessario per poter rispondere alle esigenze di un mercato globale più selettivo, ora intravedono nuove opportunità di sviluppo e desiderano ripartire. Nella lenta ripresa, non credo si possa parlare di responsabilità della classe imprenditoriale che invece spinge al necessario cambio di rotta. Nel contempo, però, bisogna riflettere sul fatto che il nostro tessuto imprenditoriale è costituito da realtà relativamente piccole, che il nostro territorio è distante dai mercati più dinamici e profittevoli e che, proprio per queste ragioni, necessitano di specifici sostegni per la ricerca, l’innovazione, la mobilità e lo sviluppo per dare slancio all’intera economia».
Non c’è, secondo lei, un’eccessiva subalternità nei rapporti tra ceto produttivo e politica? È vero che molti imprenditori preferiscono non esporsi troppo nel criticare la classe politica (di qualsiasi colore) perché temono che un eccessivo attivismo potrebbe far chiudere le porte degli interventi pubblici per le loro aziende?
«Assolutamente no. Nella qualità di presidente di Unindustria rappresento tutte le imprese calabresi aderenti al sistema Confindustria. Ne sono il principale portatore di istanze, valutazioni, critiche, sollecitazioni e proposte. D’altra parte, le mie prese di posizione forti e rigorose, così come gli apprezzamenti e le esortazioni a fare bene e presto, rese in maniera pubblica, sono note a tutti. Nella stessa misura, come membro attivo della Cabina di regia attivata dalla giunta regionale sul modello di quella istituita a livello nazionale, ho modo di svolgere un’attenta azione di monitoraggio senza fare sconti a nessuno. Questo non esclude casi di singoli, ma non riguarda gli imprenditori organizzati. Tutte le procedure relative ai bandi per le misure riservate alle imprese, seguono un iter definito su piattaforma informatica in modo da rendere certi i tempi e la completezza della documentazione. A questo occorre aggiungere che gli stessi bandi sono preceduti da una preinformazione di almeno 30 giorni per evitare il cosiddetto effetto sorpresa. Tutti hanno la possibilità di acquisire in anticipo le informazioni necessarie per attrezzarsi, organizzarsi e concorrere al meglio. È stata la prima richiesta che come Unindustria abbiamo avanzato in direzione della trasparenza e del rispetto della par condicio. Dal nostro punto di vista, poste queste condizioni, non c’è alcuna ragione di temere “ritorsioni” da parte della classe politica così come appare inutile ed infruttuoso rivolgersi alla stessa per chiedere “indulgenze”. Il problema, ancora drammaticamente attuale, è quello dei tempi, della efficienza e della trasparenza della burocrazia chiamata a tradurre il tutto in atti amministrativi».
È questo uno dei nodi: la burocrazia è, per tutti, uno dei mali della Calabria. Negli ultimi anni lentezze e complicazioni nelle procedure sono diminuite? Quali suggerimenti concreti vi sentite di portare per snellire bandi e procedure?
«È sotto gli occhi di tutti di come la lentezza della burocrazia continui ad essere uno dei principali freni allo sviluppo. Chiediamo una maggiore celerità nei tempi della pubblica amministrazione che ha il dovere di essere efficiente ed efficace a vantaggio dei cittadini, delle imprese e della società nel suo complesso. Siamo da sempre in prima linea nel combattere la battaglia contro la malaburocrazia che tende a vanificare anche il lavoro di chi si impegna con serietà ed onestà. Non possiamo più aspettare, il fattore tempo è determinante per la riuscita di ogni progetto e investimento. Per dare maggiore impulso, salvaguardando legalità e trasparenza, abbiamo proposto, in maniera articolata, di implementare una Stazione unica appaltante con un ufficio nei cinque territori provinciali. Inoltre, la sottoscrizione di un “Patto per la Legalità”, vincolante e inderogabile, promosso dalla Regione e che impegni tutti gli Enti territoriali che a vario titolo possono risultare destinatari o gestori di fondi pubblici rinvenienti dalle misure previste. Le cifre che dovrebbero essere spese in Calabria fino al 2023 ammontano a circa 9 miliardi di euro, occorre attivare meccanismi di controllo e monitoraggio della spesa in via preventiva per evitare che la dispersione in rivoli possa far ripetere fatti tristemente noti ed oggetto di cronaca giudiziaria».
Le recenti dimissioni del presidente di Confindustria Reggio Calabria hanno posto il problema di una riflessione sulle interdittive antimafia. La vostra è una posizione molto delicata che, in mancanza di una forte presa di posizione, rischierebbe di apparire pilatesca. Cosa proponete nel concreto per adeguare la normativa salvaguardando la legalità?
«Abbiamo ritenuto fosse naturale dare solidarietà alla territoriale di Reggio Calabria c
he, sotto la guida del collega Cuzzocrea, ha avviato un mirato percorso di crescita e consolidamento del proprio ruolo di rappresentanza. Abbiamo, così, voluto sottolineare quanto fosse importante continuare con la stessa incisività. Allo stesso tempo, la riflessione intorno alle interdittive antimafia si manifesta in tutta la sua urgenza ed attualità. Siamo fortemente convinti della validità di questo strumento come momento di prevenzione e contrasto, alla luce delle esperienze maturate dalla sua istituzione, però, riteniamo che necessiti di un aggiornamento proprio per poter cogliere in pieno tutti gli obiettivi prefissi. A iniziare dal carattere della misura che, anche a giudizio di insigni giuristi, dovrebbe rivestire natura giurisdizionale. Siamo stati e continuiamo a essere sostenitori delle cosiddette White List, ma perché le stesse possano svolgere appieno la loro funzione istitutiva, è necessario che i tempi di verifica, tanto per la prima iscrizione che per il rinnovo, siano compatibili con i tempi delle imprese. Andrebbe definito e riservato un percorso ad hoc all’interno degli organi preposti ai controlli così come una ulteriore implementazione dei sistemi informatici dedicati».
I dati dell’edilizia in provincia di Cosenza diffusi dalla Cgil nei giorni scorsi appaiono drammatici. Tante imprese hanno chiuso i battenti e molti posti di lavoro sono evaporati. Questo in un quadro in cui i cantieri della statale 106 e dell’A2 non aprono e addirittura pare a rischio la realizzazione dell’ospedale della Sibaritide. Di chi sono le responsabilità di questa crisi perdurante?
«L’edilizia è da sempre il comparto trainante dell’economia regionale. Per la sua caratteristica anticongiunturale, ha fatto sì che la Calabria entrasse più tardi nel vortice della crisi ma, stante la drastica diminuzione di bandi pubblici e la crisi di domanda di edilizia privata conseguente alle difficoltà economiche complessive, è anche quella che tende a durare di più e tarda a ripartire. La lettura del dato evidenziato dalla Cgil per la provincia di Cosenza che si unisce e segue a quanto in maniera più articolata e con un arco di osservazione più lungo ha svolto il presidente di Ance Cosenza in occasione dell’Assemblea degli iscritti, evidenzia non solo la profonda crisi che ha investito il settore da circa dieci anni, ma di quanto si sia ristretta la base di riferimento tanto per le imprese che per i lavoratori. I numeri esposti riguardano gli effetti, positivi prima e negativi poi, di un unico intervento, per quanto importante, l’ammodernamento del tratto autostradale ricadente nella provincia di Cosenza. Non credo si possa parlare di responsabili della crisi tenuto conto della valenza globale ed epocale della stessa, ritengo più utile svolgere un ragionamento sul come ripartire e concentrare sulle possibili opportunità le nostre risorse e le nostre energie. Molte delle risposte stanno nei ragionamenti svolti in precedenza. Occorre tradurre in cantieri le tante opere previste e contenute nelle misure già citate che spaziano dalla realizzazione di infrastrutture, alla manutenzione del territorio, tanto dal punto di vista idrogeologico che sismico, fino alla qualificazione dell’edilizia esistente, pubblica e privata. Quello che serve è fare in fretta in maniera efficiente, efficace e trasparente. L’arco temporale volge ai prossimi sei anni. Gli eventuali responsabili, in negativo o in positivo, personalmente spero in positivo, li individueremo allora».
p. p. p.
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