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Sversamento rifiuti, scagionato l'ex socio della Leonia

REGGIO CALABRIA Cadono tutte le accuse nei confronti dall’ad livornese di Ecotherm, Angelo Mannucchi. Il numero uno dell’ex socio privato della Leonia, difeso dall’avvocato Sergio Laganà e in primo g…

Pubblicato il: 28/06/2017 – 13:17
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Sversamento rifiuti, scagionato l'ex socio della Leonia

REGGIO CALABRIA Cadono tutte le accuse nei confronti dall’ad livornese di Ecotherm, Angelo Mannucchi. Il numero uno dell’ex socio privato della Leonia, difeso dall’avvocato Sergio Laganà e in primo grado già assolto dall’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa, è stato riconosciuto innocente rispetto alle contestazioni di abuso d’ufficio e sversamento illecito di rifiuti che in primo grado gli erano costate una condanna a un anno e due mesi di carcere. Così ha deciso la Corte d’appello di Reggio Calabria, riformando la sentenza di primo grado del processo con rito abbreviato “Athena 49%”, meglio conosciuto come procedimento Leonia. Ridimensionate anche le pene inflitte agli altri imputati, tutti ex dipendenti della Leonia, accusati di diversi episodi di truffa e peculato. Passa da 4 anni a 2 anni e 6 mesi la pena inflitta a Roberto Lugarà, mentre per Francesco Minniti e Antonio Ursino, la Corte ha considerato «la prevalenza delle circostanze attenuanti sulla contestata aggravante» per questo ha condannato Minniti a 4 mesi di carcere e 100 euro di multa in luogo dell’anno di reclusione rimediato in primo grado, e Ursino a 10 mesi di carcere e 300 euro di multa, al posto della condanna ad 1 anno e 4 mesi di carcere e mille euro di multa del primo grado. In ogni caso, Lugarà, Ursino e Minniti dovranno risarcire le parti civili, cioè il Comune di Reggio Calabria e Leonia spa. Una sentenza che non inficia l’assunto portante dell’inchiesta: la società mista Leonia era infiltrata dalla ‘ndrangheta. 
Eseguita nell’ottobre 2012, all’indomani dello scioglimento del Comune per infiltrazioni mafiose, l’inchiesta Athena 49%  ha svelato come fin dal 2001, i Fontana – storica ‘ndrina della periferia nord di Reggio Calabria – si sarebbe fatta strada all’interno della Leonia, gestendo per anni appalti milionari. Grazie a Bruno De Caria – insospettabile testa di legno messa a capo della stessa società – per anni il clan ha avuto saldo in mano quello che gli inquirenti non hanno timore a definire «il controllo strutturale delle imprese impegnate nello specifico settore della raccolta dei rifiuti, tra le quali la società mista pubblico-privata Leonia spa, partecipata al 51% delle azioni dal Comune di Reggio Calabria». Una colonizzazione – sottolineano i magistrati – portata avanti dai vertici decisionali della ‘ndrina e dai loro compiacenti prestanome, il cui risultato sarebbe stato «un pervasivo potere di condizionamento e controllo di tipo mafioso sul “comparto ambientale” o “comparto rifiuti” di Reggio Calabria». Un potere adesso incrinato dall’indagine lunga e complessa della Dda reggina, che già nel lontano 2001 era stata in grado di documentare l’inserimento della ‘ndrina dei Fontana nel ricco e lucroso comparto ambientale, attraverso la Semac srl, società alla quale era ed era stata affidata la «manutenzione dei mezzi meccanici» della Leonia. Una pista poi confermata dalle due distinte indagini svolte in parallelo da Gico e squadra mobile, e dalle straordinariamente coincidenti dichiarazioni di diversi pentiti.

Alessia Candito
a.candito@corrierecal.it

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