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Il "caso Legnochimica" inguaia il sindaco di Rende

COSENZA La Procura di Cosenza ha chiuso le indagini nei confronti del sindaco di Rende Marcello Manna, di un assessore, di un tecnico e del liquidatore della società per la vicenda della Legnochimica…

Pubblicato il: 06/07/2017 – 7:52
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Il "caso Legnochimica" inguaia il sindaco di Rende

COSENZA La Procura di Cosenza ha chiuso le indagini nei confronti del sindaco di Rende Marcello Manna, di un assessore, di un tecnico e del liquidatore della società per la vicenda della Legnochimica, l’ex stabilimento della zona industriale. I provvedimenti, firmati dal procuratore aggiunto Marisa Manzini e dal sostituto Antonio Bruno Tridico – con la supervisione del procuratore capo Mario Spagnuolo – riguardano oltre al sindaco Manna anche il liquidatore e il commissario  della società Legnochimica, Pasquale Bilotta, l’assessore all’Ambiente del Comune di Rende Francesco D’Ippolito e il responsabile dell’ufficio tecnico comunale Francesco Azzato. Gli indagati rispondono di omessa bonifica e disastro ambientale.
Le indagini risalgono al 2016 quando la Procura iscrisse sul registro degli indagati il sindaco e il liquidatore per omessa bonifica del sito. Alcuni accertamenti del Nipaf confermarono l’inquinamento delle falde acquifere. L’area è da anni – e anche lo scorso 9 giugno – interessata da incendi che hanno messo a rischio l’incolumità delle persone e la salute dei cittadini. Secondo la Procura, Bilotta – difeso dall’avvocato Pietro Perugini – non avrebbe provveduto a bonificare l’area e il Comune non avrebbe provveduto a sostituirsi al liquidatore in questo ruolo. Ad alcuni indagati l’avviso è stato notificato in queste ore. 
Il sindaco Manna – allo stato – non ha ricevuto ancora alcun provvedimento: «Se quello che leggo sulla stampa fosse vero è di una gravità inaudita perché questi atti sono proprio a garanzia della persona. Se ciò dovesse essere vero è confermato con un provvedimento della Procura procederò immediatamente a fare tutto ciò che sia necessario chiedendo gli atti alle autorità preposte». 

L’INQUINAMENTO DELLE ACQUE Quando la Procura, più di un anno fa, cominciò a indagare sulla vicenda della Legnochimica commissionò alcune analisi che avevano l’obiettivo di accertare il livello di inquinamento dell’ex Legnochimica, chiusa da anni e sequestrata più di un anno fa dagli uomini del Nipaf (il Nucleo investigativo provinciale di polizia ambientale e forestale) perché la falda acquifera era risultata fortemente inquinata da metalli pesanti.
Gli accertamenti dei consulenti hanno riguardato i laghi e i pozzi dell’area in cui non sono mai state eseguite operazioni di bonifica o messa in sicurezza. L’area, negli anni, è stata periodicamente interessata da fenomeni di incendio, dovuti alla combustione dei rifiuti che hanno sprigionato nell’aria sostanze tossiche. Un fenomeno che non è passato inosservato e che ha visto la denuncia in passato di amministratori e cittadini. E che un mese fa – dopo il preoccupante incendio dello scorso 9 giugno – ha ancora di più aumentato l’attenzione della Procura. 
Nel provvedimento di chiusura indagine, i magistrati agli indagati contestano il reato di omessa bonifica perché essendo subentrati – a vario titolo – a chi si doveva occupare nella bonifica non hanno provveduto mostrando un comportamento “negligente”. In particolare il liquidatore non avrebbe provveduto alla bonifica nonostante fosse stato accertato l’inquinamento delle acque e comprovata la presenza di metalli pesanti come alluminio, manganese e ferro, ma anche cromo, nichel, arsenico e piombo. 

Mirella Molinaro
m.molinaro@corrierecal.it

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