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«Al centro trasfusionale di Cosenza tutto funzionava bene»

COSENZA «Al centro trasfusionale di Cosenza tutto funzionava bene». Lo ha detto, nell’aula 9 del Tribunale, Anna Iazzolino del Comitato direttivo dell’Avis, nel processo sul sangue infetto scaturit…

Pubblicato il: 18/07/2017 – 10:38
«Al centro trasfusionale di Cosenza tutto funzionava bene»

COSENZA «Al centro trasfusionale di Cosenza tutto funzionava bene». Lo ha detto, nell’aula 9 del Tribunale, Anna Iazzolino del Comitato direttivo dell’Avis, nel processo sul sangue infetto scaturito dalla morte di Cesare Ruffolo, un pensionato di Rende, deceduto a seguito di una trasfusione effettuata nell’ospedale “Annunziata”. Nel processo si doveva giudicare anche il caso di Francesco Salvo – il giovane che nel giugno del 2013, subì uno shock settico a seguito di una trasfusione di sangue contaminato e che si era costituito parte civile nel processo – ma lo scorso mese di aprile Salvo ha deciso di rimettere la querela e ha revocato la costituzione di parte civile.
Il suo legale, l’avvocato Massimiliano Coppa, ha spiegato che la decisione di Salvo è stata dovuta al fatto che il giovane ha ottenuto il risarcimento sia dall’Azienda ospedaliera che dall’Asp.
La vicenda risale a giugno 2013 quando Francesco Salvo fece ricorso alle cure del centro trasfusionale dell’Azienda ospedaliera di Cosenza dove – sottoposto ad emotrasfusione – rischiò di morire per una violentissima infezione da serratia marcescens contenuta nel sangue allo stesso inoculato quale terapia salva vita. Il ragazzo si salvò soltanto grazie alla sua prontezza di riflessi che gli fece chiudere l’ago in vena della sacca dopo aver iniziato a sentire brividi di freddo con febbre altissima. Il paziente rimase in coma – tra la vita e la morte – e ricoverato per oltre quaranta giorni – come hanno scritto e detto al Tribunale bruzio i consulenti del pm – e si salvò – oltre che per le successive pesanti cure antibiotiche, soprattutto per quell’attimo di lucidità che lo spinse a chiudere l’ago in vena dell’emotrasfusione somministrata presso l’ospedale di Cosenza.
Secondo l’accusa, Ruffolo aveva effettuato quella trasfusione. Sul banco degli imputati che hanno scelto il rito ordinario – già giudicati, invece, quelli che avevano optato per l’abbreviato – ci sono l’ex direttore dell’Unità di immunoematologia dell’Annunziata, Marcello Bossio; il dirigente medico in servizio all’ospedale di San Giovanni in Fiore, Luigi Rizzuto, e Osvaldo Perfetti direttore medico del presidio unico dell'”Annunziata”. 
Martedì mattina il collegio (presieduto dal giudice Enrico Di Dedda) ha ascoltato un testimone della difesa, ovvero una delle responsabili dell’Avis Anna Iazzolino che è stata ascoltata come testimone della difesa del dottore Bossio, difeso dall’avvocato Nicola Carratelli. La teste ha riferito che c’era una grande profusione di sangue in quel periodo e che ogni attività veniva seguita sempre con attenzione dal dottore Bossio. Prima il sangue arrivava anche da fuori provincia, poi soltanto dalla provincia di Cosenza: si era acquistata autonomia. Al centro trasfusionale – ha detto la teste – tutto funzionava bene. C’era un’attività di controllo e di coordinamento”. Il processo è stato aggiornato al prossimo 19 ottobre quando dovrebbero essere ascoltati tutti i testi della difesa. Il presidente del collegio, il giudice Enrico Di Dedda, ha comunicato di essere stato nominato all’unanimità dal Csm presidente della sezione civile del Tribunale di Campobasso, ma dovrebbe portare a conclusione almeno alcuni processi in dirittura d’arrivo.
Nel collegio difensivo ci sono, tra gli altri, gli avvocati Nicola Carratelli, Franz Caruso, Eugenio Bisceglia, Francesco Chiaia.

Mirella Molinaro
m.molinaro@corrierecal.it

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