LAMEZIA TERME Propensione a delinquere e propensione ad associarsi con più soggetti legati alla criminalità organizzata. In più, redditi dichiarati per poche migliaia di euro in oltre 20 anni e, di contro, una vivace attività finanziaria, investimenti, apertura di società, acquisto di terreni e locazione di immobili. Nella proposta per l’applicazione della misura di prevenzione della sorveglianza speciale e di sequestro e confisca di beni (qui la notizia del sequestro), i magistrati della Dda di Catanzaro Elio Romano e Fabiana Rapino che hanno coordinato le indagini della Guardia di finanza di Lamezia, hanno tracciato il profilo della pericolosità sociale di Giorgio Galiano, 63 anni, considerato uomo al servizio delle cosche per oltre un ventennio, condannato per associazione mafiosa, anche in appello, nell’ambito del processo “Perseo”. Il rapporto più stretto, dopo avere militato tra le file della cosca Cerra-Torcasio-Gualtieri, Galiano l’avrebbe avuto con i Giampà per i quali, dice il collaboratore Giuseppe Giampà, ex reggente del clan, avrebbe gestito le estorsioni nella zona di Marcellinara, eseguite materialmente da Cesare Falvo per il quale Galiano faceva da garante. Ma non solo, sempre a detta di Giuseppe Giampà, Galiano avrebbe messo a disposizione della cosca alcuni magazzini di sua proprietà che i Giampà usavano «per effettuare le partenze per commettere azioni omicidiarie», come ad esempio è avvenuto in occasione dell’agguato contro Pasquale Torcasio e contro Pasquale Gullo.
LEGAMI CON PIÙ ‘NDRINE Da quanto emerge dalle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, Galiano, oltre ad essere stato un affiliato alla cosca Torcasio e Giampà, sarebbe stato in grado di tessere legami con altre ‘ndrine.
Tra queste vi sarebbero la consorteria Iannazzo-Cannizzaro-Daponte e la cosca Marcianò di Locri. Secondo un altro pentito, Angelo Torcasio, Galiano «conosce un po’ tutti gli esponenti delle locali cosche come ad esempio Antonio Provenzano di cui è cugino, Vincenzo Iannazzo, Giuseppe Giampà, Vincenzo Bonaddio… omissis…». L’essere così “trasversale” di Galiano aveva spinto Vincenzo Iannazzo a chiedere continuamente notizie sul suo conto e sul suo comportamento, racconta Torcasio. Ed è sempre il pentito a raccontare dei legami di Giorgio Galiano con la cosca Marcianò e in particolare con Nunzio, suo cognato, che risiede a Milano. È stato nel 2005, racconta ancora Torcasio, che lui, Giorgio Galiano e Antonio Curcio si recarono a casa dei Marcianò a Locri «ed in quella occasione – dice il collaboratore di giustizia – il Galiano riferì ai predetti che eravamo a loro disposizione per qualsiasi necessità e in quella circostanza Galiano disse ai presenti che io ero un appartenete alla cosca Giampà indicando il capo come Franco il “Professore».
L’AGGUATO E LA FUGA Il 19 novembre del 1997 Galiano viene raggiunto da colpi d’arma da fuoco esplosi da ignoti e poco distante dal luogo dell’agguato viene trovata un’auto bruciata all’interno della quale si rinvengono tre fucili di diversa marca, tutti calibro 12, e 13 bossoli. Galiano si salva ma si trasferisce a Novara dove resterà per circa 10 anni. A sparargli contro, secondo il collaboratore Giuseppe Giampà, sono stati appartenenti alla cosca Torcasio, alla quale all’epoca Galiano era affiliato. La ragione? il capo cosca Nino Torcasio «non tollerava il fatto che il Galiano si comportasse come un capo clan nell’ambito della famiglia Torcasio».
A Novara Galiano apre diverse attività commerciali ma, stando alle indagini, non rinuncia a delinquere e a tessere rapporti con con soggetti gravitanti in ambienti criminali anche di altre regioni.
NESSUN REDDITO MA TANTI INVESTIMENTI Tante entrate finanziarie ma non giustificate da attività lavorative ufficiali. Galiano agli occhi dello Stato era povero. I militari delle fiamme gialle hanno verificato che dal 1997 al 2015 ha dichiarato redditi da lavoro dipendente esclusivamente nel 2005 e nel 2006 per un totale di 19.732 euro. In più nel 1996 e nel 2001 la corte d’Appello di Catanzaro gli ha concesso due risarcimenti per ingiusta detenzione, il primo per un ammontare in di 14.460 euro e nel 2001 di 43.100 euro.
A fronte di ciò Galiano risulta essere il legale rappresentante di diverse società operanti nel settore caseario; dal 1986 al 2014 ha, tra le altre cose, acquistato terreni per 38mila euro, contratto mutui per 30mila euro; ha costituito società; ha venduto immobili per oltre 400mila euro; ha acquistato un’azienda per un importo dichiarato di 1.807 euro; a Novara ha costituito la società Aligal versando un importo di 10mila euro, vendendo il ramo d’azienda relativo allo smaltimento rifiuti per un valore di 100mila euro. I finanzieri di Lamezia Terme hanno fatto le pulci ai redditi percepiti, ai movimento bancari, ai prelievi di denaro, di tutti i familiari di Galiano, sottolineando il fatto che Giorgio Galiano, fatta eccezione per il 1986, non ha mai contratto finanziamenti. I militari, per quanto concerne il patrimonio societario, pongono l’accento sul fatto che le attività commerciali oggi esistenti, attive e regolari da un punto di vista fiscale «sono state realizzate con capitali il cui provento deve ritenersi ingiustificato, quindi frutto di proventi illeciti».
LE TRUFFE Secondo il collaboratore di giustizia Angelo Torcasio, Galiano portava a compimento delle truffe con altre persone sfruttando il commercio di latticini. «In sostanza attraverso la costituzione di una srl, o una ditta gestita da un “testa di legno”, portato dai Torcasio, facevano in modo di stivare prodotti che non venivano commercializzati, ma a seguito del fallimento rivendevano con uno sconto del 40% introitando somme di denaro maggiori rispetto all’investimento». Da nord a sud, Giorgio Galiano ha trovato diverse “teste di legno” che in alcuni casi lo hanno coperto. Sono tutte persone con numerosi precedenti penali. Secondo la Guardia di finanza di Cremona si tratta di un sodalizio criminoso composto tra gli altri da Francesco Tripodi e Domenico Russo, finalizzato al reimpiego, per uso alimentare, di prodotti lattiero-caseari destinabili solo allo smaltimento o all’alimentazione zootecnica. Tra le altre cose Francesco Tripodi si è prestato all’intestazione fittizia della casa di cui godeva Galiano il quale aveva preferito spogliarsi del bene per eludere eventuali aggressioni patrimoniali.
Alessia Truzzolillo
a.truzzolillo@corrierecal.it
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