RENDE «Poche idee e tutte confuse quelle della nuova maggioranza targata Manna-Pd che ieri in consiglio comunale ha dato prova di non aver contezza della realtà che la circonda. E più propriamente, delle realtà che contraddistinguono la nostra città, a partire dal centro storico». È quanto afferma in una nota il capogruppo M5S al Comune di Rende, Domenico Miceli.
«La Giunta è ancora al livello delle intenzioni: “faremo”, “stiamo per fare”, “servono le idee di tutti”. Confermando la nostra opinione che fino ad ora non si è fatto nulla. Dopotutto – prosegue Miceli – son caduti nel vuoto vari appelli lanciati nel corso di questi anni per la sicurezza del borgo antico, per il rafforzamento del Centro Vaccini – polo strategico per i vari Comuni dell’hinterland – per riportare parte della vita amministrativa al centro storico rimediando così al più grosso sbaglio delle amministrazioni “riformiste”».
«Manna, in verità, avrebbe poi potuto rimediare ad un altro sbaglio del passato, la realizzazione del Parco acquatico, predisponendo un bando di gara a favore della città e delle casse comunali. Ma il primo cittadino ha deciso di avvantaggiare solo il privato. Niente di più sbagliato, da qui il nostro voto contrario all’atto di indirizzo per la formulazione del bando di gara che prevede un canone da corrispondere al Comune pari a 10mila euro all’anno. Una struttura costata oltre 21 milioni di euro e interamente finanziata con soldi pubblici europei e regionali, regalata al privato senza chiedere nulla in cambio. Come Movimento 5 Stelle abbiamo presentato un emendamento – spiega il capogruppo -, ossia l’introduzione di una royalty, quale quota variabile, sul fatturato, al netto di iva, conseguito dal concessionario unico nella gestione del Parco acquatico-sportivo Santa Chiara, da corrispondere in favore del Comune di Rende. Emendamento che avrebbe potuto prevedere anche l’ipotesi gestione da parte di una Ati. Un proposta che voleva garantire un ulteriore introito al Comune e ai cittadini di Rende che è stato bocciato dalla maggioranza (la minoranza si è astenuta) per oscure e non esplicitate difficoltà tecniche e burocratiche.
«La verità – conclude Miceli – è che le norme anche in questo caso ci davano ragione, ma la burocrazia ha vinto sulla politica e gli interessi dei privati su quelli del pubblico».
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