CATANZARO Il figlio del capo indiscusso e promotore della cosca di Cirò Marina sta collaborando con la giustizia. Da una settimana Francesco Farao parla con i magistrati della distrettuale di Catanzaro. La notizia rappresenta un terremoto per la criminalità cirotana, i suoi affiliati e intranei già duramente colpiti dall’operazione Stige che il 9 gennaio scorso ha portato in carcere 170 persone legate alla cosca Farao Marincola. Tra queste il 36enne Francesco Farao il quale, una settimana dopo il suo arresto, ha saltato il fosso. Francesco Farao non è uno qualsiasi. È stato per diverso tempo l’anello di congiunzione tra il boss Giuseppe Farao, detenuto (con una condanna definitiva all’ergastolo) nel carcere milanese di Opera, e gli affari della cosca. E questo gli ha permesso di toccare il cuore e i movimenti del sodalizio Farao-Marincola.
IL PADRE, CAPO INDISCUSSO Secondo gli inquirenti Giuseppe Farao «è uno degli artefici dell’ascesa al potere del sodalizio cirotano» e insieme a Cataldo Marincola «costituiscono il principale anello di congiunzione tra il passato ed il presente del sodalizio cirotano, e soprattutto Giuseppe Farao continua a dare ordini e direttive finalizzati allo sviluppo futuro degli affari criminali della sociatà criminale da lui capeggiata». A portare gli ordini del boss ergastolano fuori dal carcere c’era, tra gli altri, suo figlio Francesco. Si pente, dunque, il figlio di uno dei promotori della ‘ndrina cirotana che alla fine degli anni 70 cominciò a prendere il potere sul territorio facendo fuori, insieme a Nicodemo Aloe, il vecchio boss Giovanni Santoro. Questo omicidio in un primo momento costrinse l’emergente ‘ndranghetista a un periodo di esilio forzato in Germania, durante il quale il potere venne gestito da Nicodemo Aloe. La cosca all’epoca dipendeva dalle ‘ndrine di Reggio dalle quali Aloe aveva deciso di affrancarsi. Sarà questo passo falso a far sì che Giuseppe Farao, che si sentiva spodestato da Aloe, riesca organizzare il proprio ritorno. Insieme a Cataldo Marincola e Giuseppe Cirillo decretano l’eliminazione fisica di Nick Aloe che avverrà a Gennaio del 1987.
«Da questo momento inizia la progressiva ed incessante ascesa del potere del locale di Cirò, pienamente riconosciuto dalle altre organizzazioni calabresi come egemone nel territorio della costa dell’alto Ionio e con la creazione di una propria propaggine in territorio tedesco», scrivono gli inquirenti. La ‘ndrangheta cirotana parte da questi assunti.
L’IMPRESA DI FRANCESCO Tra i compiti di Francesco Farao vi era anche quello di gestire il monopolio della carta e della plastica per uso alimentare, tramite l’impresa “Me.Pla.Cart. Srl” che il giovane controllava in modo occulto. Dagli atti è emerso con chiarezza non soltanto che Francesco Farao, per il tramite della moglie, aveva avviato nel corso del 2011 una impresa individuale, la “Me.Pla.Cart”, che nel 2013, di fatto, trasformava in srl trasferendo la sede di esercizio nella zona Pip del Comune di Cirò Marina. Appresa la notizia dell’attività avviata dal figlio, Giuseppe Farao aveva dispensato i suoi consigli dal carcere suggerendo a Francesco di saturare il mercato gradualmente senza cioè imposizioni aggressive ed eclatanti «…eh si ma lui poi piano, piano… senza andare “impostati”…omissis…dobbiamo andare con educazione che il lavoro non ce lo nega nessuno…».
Alessia Truzzolillo
a.truzzolillo@corrierecal.it
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