NEMEA | Gratteri: «Risposta immediata ai clan» – VIDEO
VIBO VALENTIA «Le parti del processo non si toccano». Lo ribadisce con forza il procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri nel corso della conferenza stampa dell’operazione “Nemea” che ha portato al fe…


VIBO VALENTIA «Le parti del processo non si toccano». Lo ribadisce con forza il procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri nel corso della conferenza stampa dell’operazione “Nemea” che ha portato al fermo di sei elementi di spicco della cosca di Filandari e anche di Emanuele Mancuso, 30 anni, di Nicotera, figlio del boss di Limbadi Pantaleone Mancuso, alias “l’ingegnere”. Il clan Soriano di Filandari, dopo la scarcerazione del boss Leone Soriano, avvenuta a settembre, aveva ripreso afflato ed energia. In sei mesi si sono contati 14 episodi intimidatori a danni di commercianti e imprenditori. Ma non solo, si progettava un attentato alla caserma dei carabinieri di Filandari tramite l’esplosione di colpi d’arma da fuoco o il lancio di un ordigno esplosivo. «Le parti del processo non si toccano: forze dell’ordine, avvocati, magistrati, giornalisti. Ogni qual volta si attaccherà una di queste parti, dietro ci saranno centinaia di carabinieri e magistrati pronti a rispondere». Nicola Gratteri ribadisce il messaggio già espresso nel giorno dell’arresto del presunto assassino dell’avvocato di Lamezia Terme, Francesco Pagliuso.
RISPOSTA IMMEDIATA Da quando Leone Soriano era uscito dal carcere il gruppo stava ricominciando, in maniera eclatante, a riprendere il controllo sul territorio, cercando di rimettere sotto scacco i paesi di Filandari e Ionadi. Da quando gli attentati intimidatori hanno avuto inizio i carabinieri del Reparto Operativo, e del Nucleo Investigativo di Vibo Valentia, coordinati dalla Dda di Catanzaro, non si sono mai fermati. «È stato un lavoro senza interruzione», ha detto il colonnello Luca Romano, comandante del Reparto Operativo.
«Dovevamo subito dare risposte, fare sentire la nostra presenza in una tra le province con la più alta densità mafiosa d’Italia», ha detto il procuratore capo Gratteri, il cui lavoro è stato coadiuvato dall’aggiunto Giovanni Bombardieri, dal sostituto Annamaria Frustaci e anche dai magistrati della Procura di Vibo Valentia. Per gestire le indagini sulla criminalità vibonese la Dda vi ha destinato tre sostituti procuratori, coordinati dall’aggiunto Bombardieri. «L’arroganza criminale del clan – ha detto l’aggiunto – aveva raggiunto livelli di pericolosità che non ci facevano stare tranquilli e siamo intervenuti con urgenza». Per fare capire chi comandava sul territorio gli atti dovevano essere eclatanti e pronta doveva essere l’aggressione alle cosche rivali. Tanto che il clan progettava un agguato nei riguardi del capo cosca Giuseppe Accorinti di Zungro.
CAPACITÀ DI RIGENERAZIONE Il clan ha dimostrato una notevole capacità di rigenerazione e di organizzarsi in maniera quasi militare dopo l’operazione “Ragno” che nel 2011 aveva disarticolato la compagine criminale, ha spiegato il colonnello Gianfilippo Magro a capo del Comando provinciale. Nonostante questo, gli atti intimidatori sono stati seguiti e scoperti praticamente in diretta, ha specificato il comandante del Nucleo investigativo Valerio Palmieri, il quale ha spiegato come il territorio venisse strettamente pattugliato dalla ‘ndrina, tanto da render difficile per gli investigatori muoversi nel corso delle indagini. E quando il clan ha capito di essere monitorato da vicino, i vari componenti hanno cominciato a cercare nascondigli per sfuggire, ma invano, alla cattura.
IL FIGLIO DELL’INGEGNERE Tra gli arrestati troviamo anche Emanuele Mancuso, figlio del boss Pantaleone Mancuso, detto l’ingegnere. Gli inquirenti hanno registrato la partecipazione di Mancuso nell’attentato ai danni di Antonino Castagna, imprenditore del settore siderurgico. Non solo. Hanno registrato l’offerta da parte di Mancuso di pagare le spese legali per Giuseppe Soriano, figlio di Roberto Soriano, vittima di lupara bianca negli anni Novanta. Giuseppe Soriano, tra l’altro nipote del boss Leone, era stato arrestato un mese fa perché trovato in possesso di un ingente quantitativo di stupefacente e di munizioni. Saltano agli occhi – e gli investigatori li hanno registrati – questi episodi di avvicinamento di un Mancuso con la cosca Soriano.
DONNE GIOVANI IN RUOLI CHIAVE Tra i sette fermati troviamo anche donne giovani e con posizioni apicali all’interno della cosca. Donne che contribuivano, secondo l’accusa, a portare avanti le attività principali della cosca come il traffico di droga, decidendo sul taglio dello stupefacente. La ‘ndrina voleva imporsi nel traffico dello stupefacente e delle armi, magari tessendo nuove alleanze. Non hanno fatto in tempo.
Alessia Truzzolillo
a.truzzolillo@corrierecal.it