Lo scenario da incubo che taglia i fondi Ue per la Calabria
Non è un file top secret e neppure un dossier riservato. Lo scenario è pubblico, contenuto in un documento (potete leggerlo qui) che descrive il processo di negoziazione del bilancio pluriennale 2021…

Non è un file top secret e neppure un dossier riservato. Lo scenario è pubblico, contenuto in un documento (potete leggerlo qui) che descrive il processo di negoziazione del bilancio pluriennale 2021-2027 dell’Unione europea. L’Europa post Brexit perde uno dei suoi maggiori contribuenti, il Regno Unito, dunque potrebbe essere costretta a operare tagli importanti. Forse addirittura a sforbiciare gli aiuti alle Regioni del Sud Italia. Si fa prima a raccontarlo con le immagini: il terzo scenario non “colora” in alcun modo la Calabria. Significa addio ai finanziamenti Ue. È, spiegano gli analisti, una variante estrema nel percorso che porterà alla stesura del bilancio, ma la Commissione europea l’ha messa nero su bianco lo scorso 23 febbraio. La Commissione ha suggerito alcune aree di spesa strategica: sicurezza e immigrazione, Difesa, cambiamento climatico, ricerca e innovazione. E, per quadrare il cerchio, tra buco di contribuzione post Brexit e aggiornamento dei capitoli di spesa, ha proposto tre possibilità di taglio ai fondi di coesione, destinandoli solo ad aree in assoluto meno sviluppate e paesi a minor reddito. Quello che preoccupa la Calabria è il terzo: produrrebbe 124 miliardi di risparmi in sette anni ma i fondi andrebbero a esclusivo beneficio dei paesi dell’Est e del Portogallo. Le regioni italiane meno sviluppate sarebbero tagliate fuori. E non è neppure necessario spiegare quanto l’ipotesi sarebbe drammatica a queste latitudini, con un bilancio regionale più che ingessato, fagocitato dalla sanità e con i tagli nei trasferimenti statali. Più che uno scenario sarebbe un disastro. Eppure a Bruxelles certi conti vengono tenuti in debita considerazione visto che, con l’uscita definitiva del Regno Unito, nei prossimi sette anni verranno a mancare 93 miliardi di euro di contributi. I negoziati saranno complicati, anche per via della tensione tra paesi che dall’Ue ricevono molto, come la Polonia (10 miliardi medi annui), e chi, invece, versa tanto nelle casse comuni come la Germania (13,6 miliardi). L’Italia è al quarto posto tra i maggiori contribuenti netti (3,5 miliardi) e il suo peso al tavolo delle trattative è da verificare. Per fortuna lo scenario peggiore non è l’unico preso in considerazione dai burocrati europei. Esiste una “terra di mezzo” dei finanziamenti (il cosiddetto secondo scenario): prevede un taglio ai fondi per le aree più sviluppate. In questo caso – se, cioè, l’Ue si “accontentasse” di un risparmio di 95 miliardi di euro in sette anni – gli aiuti destinati al Mezzogiorno (Sicilia, Sardegna, Calabria, Basilicata, Puglia e Campania) sarebbero salvi, mentre il resto del Paese dovrebbe rinunciare ai fondi. «Negli scenari 2 e 3 – scrivono i tecnici della Commissione europea – il supporto per le sfide economiche, sociali e territoriali dovrebbe essere rilevato dalle autorità nazionali, regionali e locali in linea con il principio di sussidiarietà». Facile, ma solo a parole.