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Mala a Cosenza, la verità del pentito Noblea

COSENZA «Conosco Marco Perna, è il capo del gruppo “Perna”. Io acquistavo lo stupefacente da loro solo su autorizzazione degli “Zingari”, ai quali appartenevo e cioè quando la famiglia “Abbruzzese” e…

Pubblicato il: 20/03/2018 – 19:27
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Mala a Cosenza, la verità del pentito Noblea

COSENZA «Conosco Marco Perna, è il capo del gruppo “Perna”. Io acquistavo lo stupefacente da loro solo su autorizzazione degli “Zingari”, ai quali appartenevo e cioè quando la famiglia “Abbruzzese” era sprovvista della cocaina che mi necessitava». Francesco Noblea, penultimo di una lunga serie di pentiti, riferisce come è entrato in contatto con gli imputati del processo Apocalisse. Non c’è solo Perna ovviamente. Stando alle dichiarazioni del collaboratore di giustizia l’organizzazione dello spaccio a Cosenza riguardava molte persone, alcune delle quali continuavano il traffico nonostante si trovassero agli arresti domiciliari. Proprio alla luce del verbale di interrogatorio, il pm Domenico Assumma, ha comunicato ai giudici del tribunale di Cosenza l’intenzione di ascoltare Noblea, conosciuto come “Pozzetto”, nel corso della fase dibattimentale.

L’INCONTRO Perna, in base alla ricostruzione degli eventi di Noblea, avrebbe incontrato il collaboratore, all’epoca spacciatore, nella sua abitazione dove lo avrebbe rifornito con una dose di 10 chili di stupefacente. «Il prezzo pattuito – dice Noblea – era di 1.500 euro al chilo che avremmo dovuto dare il mese successivo alla scadenza dell’acquisto». Sempre durante queste fasi, riferisce Noblea, Marco Perna si sarebbe informato di quanto costava la cocaina dagli “Abbruzzese”.
«Pagavo la cocaina 10 euro al grammo e Perna mi propose l’acquisto di una partita di 100 gr di cocaina a 60 euro. Appena ho ricevuto la sostanza – prosegue il pentito – mi sono accorto che però non era di buona qualità e ho tentato di restituirla».

I DEBITI Nel racconto di Noblea a riscuotere i soldi sono Francavilla Pasquale e Minieri Andrea. Loro si sarebbero recati dopo una settimana dall’acquisto a casa di Francesco Noblea e avrebbero ricevuto una prima parte del denaro. «L’atteggiamento che aveva nei miei confronti Santino Caligiuri era arrogante – spiega Noblea –. Gli proposi di venire a prendere il denaro presso la mia abitazione ove effettivamente mi recai con l’intenzione di prendere una pistola e poter reagire lì sparando. Sono sceso in strada armato ma non lo trovai più. Al suo posto c’erano Minieri Andrea e Mele Ernesto che mi dissero di tranquillizzarmi e che avrebbero parlato loro con Caligiuri». Nel frattempo molti finiscono in carcere dopo l’operazione “Job Center”. Perna avrebbe avvisato Noblea che, una volta usciti dal carcere, avrebbe comunque dovuto estinguere il debito.

“IL MAMMASANTISSIMA” Il “Mammasantissima”. Così si presentava Luca Pellicori prima di iniziare a collaborare con la giustizia il venerdì santo della scorsa Pasqua. «L’ho conosciuto in carcere nel 2015 e si vantava di essere uno stretto collaboratore di Marco Perna». Per Noblea il carcere era diviso così. «Luca Pellicori era quello che comandava nella sezione dei “comuni” alla sezione dei “definitivi”, invece, c’era Marco Abbruzzese che comandava la sezione». Oltre al controllo ci sarebbero stati anche degli ordini da eseguire. Francesco Noblea avrebbe dovuto picchiare un anziano compagno di cella. L’ordine venne impartito da Luca Pellicori ma non venne mai eseguito. «Per questo motivo Luca Pellicori iniziò a odiarmi. Quindi si recò da Marco Abruzzese dicendogli che avevo introdotto della marijuana senza autorizzazione. In molti mi volevano picchiare tanto che ero quasi deciso di collaborare con la giustizia per evitare i pestaggi».

PERNA&ZINGARI «Non so come si sia risolto questo contrasto (quello tra il gruppo Perna e quello degli Zingari, ndr), so solo che fu fatta una spartizione territoriale, quelli di San Vito (i Perna) non dovevano venire a via Popilia e viceversa». Noblea riferisce anche sugli attriti tra i due gruppi. Riprende la storia che gli è stata raccontata dall’altro collaboratore, Luca Pellicori, quando hanno sparato sotto casa di Domenico Mignolo come ripercussione dell’attentato fatto al bar di San Vito dove molti degli uomini del gruppo Perna spesso passavano del tempo. «Luca Pellicori mi ha raccontato che il contrasto era nato perché alcuni pusher degli Abbruzzese si erano riforniti dal gruppo Perna senza autorizzazione».

Michele Presta
redazione@corrierecal.it

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