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La Bcc “abbattuta” e i conflitti d’interesse
Il valore di una banca “decotta” si determina (anche) con analisi approfondite dei suoi crediti. Quelli della Bcc Due Mari – ve lo abbiamo raccontato qui – secondo gli ispettori inviati da Bankitalia…
Pubblicato il: 21/03/2018 – 11:02
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Il valore di una banca “decotta” si determina (anche) con analisi approfondite dei suoi crediti. Quelli della Bcc Due Mari – ve lo abbiamo raccontato qui – secondo gli ispettori inviati da Bankitalia valgono poco, molto poco. I tecnici non si fidano delle garanzie messe a guardia dei prestiti concessi. E arrivano a considerare nullo il valore di alcuni agrumeti, pietre angolari di quelle stesse garanzie. È una scelta che fa storcere il naso a molti, all’epoca. E non è l’unica.
I conti, nei giorni delle scelte che segnano la fine della banca, sono affidati a Bcc Gestione crediti (Gecre). E quello degli agrumeti non è l’unico paradosso che emerge. La società, dopo aver fatto le proprie valutazioni, passa al calcolo delle svalutazioni (dei crediti). E finisce per sovrastimarle. Dal punto di vista contabile è un errore non da poco: gli ispettori non solo considerano nella loro analisi un valore sbagliato, ma lo utilizzano come base di riferimento su cui calcolare ulteriori svalutazioni.
A CHI CONVIENE SVALUTARE C’è un dubbio centrale, attorno al quale ruota tutta la storia. A qualcuno conviene ingrossare le svalutazioni? Diamo uno sguardo al contratto che, all’epoca, lega la Bcc dei Due Mari a Bcc Gestione Crediti. Questo “legame”, in effetti sembra suggerire che – in nome del caro vecchio conflitto d’interesse – la società fosse il soggetto meno indicato a esprimere pareri e previsioni sul grado di recupero del credito anomalo. Gecre e Bcc hanno un accordo sul recupero dei crediti anomali. E le condizioni economiche riferite al pagamento di Gecre prevedono un compenso di gestione forfettario di 15mila euro e una commissione di recupero a scaglioni con aliquote da un massimo del 15% a un minimo del 3% per i recuperi. A questi si accompagnava una commissione extra di recupero del 16% per importi incassati in eccedenza rispetto al valore netto contabile del credito. Traduciamo: se la previsione di perdita si impenna, Gecre può aumentare di molto i propri guadagni.
A CHI CONVIENE SVALUTARE C’è un dubbio centrale, attorno al quale ruota tutta la storia. A qualcuno conviene ingrossare le svalutazioni? Diamo uno sguardo al contratto che, all’epoca, lega la Bcc dei Due Mari a Bcc Gestione Crediti. Questo “legame”, in effetti sembra suggerire che – in nome del caro vecchio conflitto d’interesse – la società fosse il soggetto meno indicato a esprimere pareri e previsioni sul grado di recupero del credito anomalo. Gecre e Bcc hanno un accordo sul recupero dei crediti anomali. E le condizioni economiche riferite al pagamento di Gecre prevedono un compenso di gestione forfettario di 15mila euro e una commissione di recupero a scaglioni con aliquote da un massimo del 15% a un minimo del 3% per i recuperi. A questi si accompagnava una commissione extra di recupero del 16% per importi incassati in eccedenza rispetto al valore netto contabile del credito. Traduciamo: se la previsione di perdita si impenna, Gecre può aumentare di molto i propri guadagni.
In altre parole, se svaluto 1.000 euro del 40% avrò un credito da recuperare di 600 che determinerà per Gecre un guadagno di 18 euro (il 3%), ma se lo svaluto dell’80% il guadagno sarà 6 euro (il 3% del valore netto del credito che si immagina di poter recuperare, cioè 200 euro) più 32 euro su eventuali ulteriori 200 euro recuperati (il 16% calcolato sul denaro recuperato in eccedenza rispetto alla previsione di recupero: è considerato più difficile da riscuotere, dunque rende di più). In sostanza, è a Gecre – cioè l’ente le cui certificazioni vengono prese per buone da Bankitalia – che converrebbe (sulla base del contratto) svalutare i crediti della Bcc. Ed è esattamente ciò che avviene. Se non è conflitto d’interesse è qualcosa che si avvicina molto.
MAIL “SCOMPARSE” Non è tutto. Può succedere, infatti, che i funzionari di Bankitalia sia stati vittime di un difetto di comunicazione. Esisterebbe un’informativa interna alla Banca inviata via email al direttore, al tutor Besta e al responsabile dei controlli per evidenziare gli errori di calcolo rinvenuti nelle valutazioni di Gecre. Di quella mail, però, si sono perse le tracce. Ma ce n’è un’altra, ancora più significativa, inviata da un funzionario di Gecre che di fatto conferma che le previsioni di perdita non tengono conto della componente di attualizzazione. Anche questo documento, probabilmente, non è mai stato portato all’attenzione della Banca d’Italia.
Anomalie, comunicazioni “dimenticate” e paradossi si accumulano come debiti nella storia di queste Bcc. E non sono le uniche stranezze. Ad esempio, in merito al processo del credito la valutazione ispettiva risulta diametralmente opposta alla valutazione effettuata a febbraio 2012 dalla funzione di internal audit (una funzione molto apprezzata da Banca d’Italia e in grado di effettuare una due diligence sulle prime 100 posizioni di rischio di una BCC che si accingeva a incorporarne un’altra commissariata) che definiva la fase istruttoria come in grado di sterilizzare i rischi insiti nelle istanze di credito di volta in volta avanzate dalla clientela.
E poi riguardo alle pratiche deliberate nonostante il parere negativo della Bcc di Sesto San Giovanni, una mail inviata al Tutor Besta da parte di un funzionario del Fondo di Garanzia dirime la questione a favore della Banca.
Mentre gli ispettori di Bankitalia ritengono vincolante per la Bcc dei Due Mari il parere di Sesto San Giovanni, il funzionario del Fondo di Garanzia specifica che quel vincolo non può essere inteso nel senso di un indirizzo inderogabile ai fini della delibera. Lo direbbe anche la logica, se non lo facessero le regole: come può essere vincolante per una Banca, ma in generale per chiunque, il parere espresso da un terzo (in questo caso la Bcc di Sesto San Giovanni, che faceva da tutor) che, contestualmente, non si assume alcuna responsabilità circa le conseguenze derivanti dalla delibera?
IL COMMISSARIAMENTO Ma tant’è, pare proprio che quella banca dovesse essere cancellata. I latini lo avrebbero riassunto con le poche parole di una perifrastica passiva (potremmo dire “banca delenda est”), nel nostro caso il racconto è più complesso ma il finale non cambia. La sua sorte si nasconde, in qualche modo, anche nell’individuazione dei commissari se è vero, come è vero, che uno dei due nominati aveva appena finito di liquidare la Bcc di Tarsia (anch’essa commissariata). Stessa zona di competenza della Due Mari, medesima ingloriosa fine. Basti pensare che in un solo anno (da marzo 2013 a marzo 2014) di commissariamento, le sofferenze della Bcc dei Due Mari passano da 81,3 milioni di euro a 100,2 milioni di euro (+23%). I numeri sono la rappresentazione di una dismissione, che si conclude il 17 ottobre 2014 con il passaggio della Bcc dei Due Mari a Banca Sviluppo con un monte sofferenze di oltre 116 milioni (cioè il 43% in più delle sofferenze registrate dalla banca all’inizio del commissariamento).
Per la cronaca, questi 116 milioni di sofferenze lorde risultano avere un valore netto di 30 milioni: i commissari hanno svalutato questi crediti del 74%, dato ampiamente sopra la media nazionale se si considera (dati Abi settembre 2014) che il sistema bancario Italiano a fronte di 177 miliardi di sofferenze lorde registrava un valore netto delle stesse pari a 81,5 miliardi con previsioni di perdita pari, in valore assoluto, a 95,5 e, in percentuale, pari al 54% (per la Due Mari, invece tale percentuale per i commissari era del 74%).
Per la cronaca, questi 116 milioni di sofferenze lorde risultano avere un valore netto di 30 milioni: i commissari hanno svalutato questi crediti del 74%, dato ampiamente sopra la media nazionale se si considera (dati Abi settembre 2014) che il sistema bancario Italiano a fronte di 177 miliardi di sofferenze lorde registrava un valore netto delle stesse pari a 81,5 miliardi con previsioni di perdita pari, in valore assoluto, a 95,5 e, in percentuale, pari al 54% (per la Due Mari, invece tale percentuale per i commissari era del 74%).
LA BANCA RIPULITA Ma torniamo alle valutazioni di perdita della Due Mari. Indubbiamente la querelle dei 12 milioni di svalutazioni Gecre pesa come un macigno sulle sorti della Bcc dei Due Mari; senza di essi la Bcc difficilmente si sarebbe potuta definire tecnicamente in default. Buon per Banca Sviluppo che si ritrova una banca ripulita (infatti il Fondo di Garanzia ha subito acquistato le sofferenze della Due Mari una volta che questa è stata svenduta a Banca Sviluppo).
Ma come avviene il passaggio a Banca Sviluppo, che continua così la propria “scalata” agli sportelli del Cosentino? Per farlo bisogna passare necessariamente dalle decisioni prese dal Fondo di garanzia del credito cooperativo. Questo, preso atto della comunicazione dei commissari che testimonia una situazione di particolare gravità e che evidenzia che sono già stati avviati contatti proprio con Banca Sviluppo delibera il seguente intervento:
• Cessione di attività e passività a Banca Sviluppo;
• Copertura dello sbilancio patrimoniale post commissariamento (11 milioni di euro);
• Copertura da parte del Fondo di tutte le spese della liquidazione coatta amministrativa;
• acquisto pro soluto delle sofferenze (nette) post commissariamento per 30,5 milioni di euro (contro un lordo di 116,1 milioni, quindi i commissari dopo averle aumentate del 43% circa svalutarono le sofferenze del 74%).
SEMPRE GLI STESSI ATTORI Altra domanda: dove saltano fuori i fondi necessari all’acquisto delle sofferenze? Il Fondo di Garanzia li trova accedendo a un finanziamento “bullet” a cinque anni al tasso fisso del 2.65% concesso da Iccrea Banca. E Iccrea è azionista unico di Banca Sviluppo. Questo importo che si trasforma in liquidità per Banca Sviluppo, mentre il Fondo di Garanzia si trasforma, di fatto, in una bad bank.
Non è finita: il Fondo di Garanzia, infatti, affida a Bcc Gestione Crediti (Gecre, proprio la società che aveva sopravvalutato le svalutazioni della Due Mari) l’incarico di gestione e recupero dei crediti che verranno acquisiti dal Fondo. Attorno alla vicenda ruotano sempre gli stessi attori. Compresa la Banca d’Italia, che considera l’operazione utile a tutelare gli interessi dei clienti della Bcc.
Tutto è bene quel che finisce bene (almeno per alcuni). Quello che abbiamo osservato, però, è un gioco a somma zero. Se Banca Sviluppo guadagna, perdono, e molto, un territorio che si vede privato di un istituto di riferimento (centenario, tra l’altro), i soci cooperatori che si son visti polverizzare le quote versate, i clienti con posizione in sofferenza (a cui una semplice intimazione al rientro immediato può aver creato problemi di sussistenza, specie nel caso di aziende già colpite dalla crisi) e, infine, quei dipendenti considerati in esubero rispetto alle necessità dell’acquirente: si sono visti significativamente ridurre le retribuzioni e qualcuno è stato anche costretto a trasferirsi a Roma (sede di banca Sviluppo).
Uomini, donne, famiglie che, specie in un periodo di crisi, e per di più in una regione che enfatizza ed amplifica le difficoltà in particolare di natura economica, rischiano di vedere significativamente compromesso il loro futuro.
E’ la descrizione di un terremoto. Strano, però, che si sia verificato nel più assordante silenzio. (5 – fine)
Pablo Petrasso
p.petrasso@corrierecal.it
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