COSENZA Sembrava impossibile. E invece Pescara è di nuovo Itaca per i Lupi, 27 anni dopo lo storico spareggio contro la Salernitana, con il gol che consacrò Marulla come icona immortale dei rossoblù. Sembrava impossibile a ottobre, con la squadra tristemente adagiata sul fondo della classifica. E invece è tutto vero e una città che ha vissuto il grande giorno in un silenzio scaramantico si riversa in strada pochi minuti dopo il novantesimo. Piazza Fera, i mojito promessi (come da coro profetico) da Baclet in caso di vittoria, le bandiere, i fuochi d’artificio, le dirette facebook, “questa è una malattia che non va più via”, il Castello svevo colorato di rosso e di blu.
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Sul corso come nella notte di Capodanno per festeggiare un’impresa iniziata nove partite fa: dal primo scontro con la Sicula Leonzio fino al Siena, Cosenza ha riscoperto il Cosenza. E’ tornata allo stadio, ha stupito con la propria passione supporter avversari e cronisti. Lo ha spiegato bene, nella semifinale di ritorno al San Vito Marulla l’allenatore del Sudtirol Paolo Zanetti, incredulo davanti a uno stadio da serie A: “Per i miei ragazzi è stata un’esperienza, non avevamo mai giocato in un clima simile”. Vince (anche) la gente, vincono i calciatori e gli ultrà del “Welcome refugees”: e non è poco, in questi tempi bui in cui si strilla l’intolleranza.
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Il frastuono ricorda quello per la vittoria dei Mondiali, nel 2006. E in fondo non è tanto diverso: a queste latitudini la serie B manca da 15 anni. E questa notte sarà lunga, interminabile. Come i canti che i cosentini dedicano al centravanti protagonista dei play off, Allain Baclet. E’ in lui che si riconoscono: è l’attaccante di talento ma un po’ scapestrato. Uno che avrebbe potuto fare una carriera migliore, se solo fosse stato più costante.
Pura potenzialità: come il Cosenza, che nella sua storia ha sfiorato la A senza mai raggiungerla. Che di occasioni ne ha perse tante ma non ha mai perso l’amore della sua gente. Sono in migliaia in piazza. Festeggiano per i loro eroi, quelli scesi in campo e quelli che non ci sono più. Bruccini e Tutino, Marulla e Catena e Bergamini. Per una notte tutti sotto la stessa bandiera rossoblù.
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