REGGIO CALABRIA Svolgevano altri lavori, ma nel frattempo risultavano anche assunti come braccianti, lautamente indennizzati dallo Stato per disoccupazione, malattia o altro. Risultato, 93 persone che sui campi non hanno mai messo piede, hanno percepito illecitamente indennità di disoccupazione o malattia per un importo totale pari a circa 285mila euro. Tutti quanti sono stati denunciati a vario titolo per falso ideologico commesso da privato in atto pubblico, falso materiale e truffa aggravata. Secondo quanto emerso dalle indagini della Guardia di finanza, gli ideatori della truffa hanno presentato all’Inps atti falsi e comunicazioni di assunzione di manodopera agricola in realtà mai avvenute, tutte a nome e per conto di ignari proprietari di terreni agricoli, adibiti a coltivazioni varie quali grano, frumento e olive, nonché allevamento di ovini.
Il meccanismo di frode scoperto dai finanzieri della Compagnia di Melito di Porto Salvo, divenuto ormai prassi consolidata nel contesto economico reggino, ha permesso di rilevare la falsità di più di 12.000 “giornate agricole” non realmente effettuate da soggetti che, nel frattempo, svolgevano altre attività lavorative percependo redditi dallo Stato.
LA TRUFFA ALLE RADICI DEL CAPORALATO Un modus operandi fin troppo comune tanto nelle zone agricole della Jonica, come in quelle della tirrenica ed ha un conseguente corollario nello sfruttamento generalizzato di altri braccianti, magari più ricattabili, nelle campagne. Secondo quanto emerso dalle indagini degli ultimi anni, migliaia di falsi lavoratori – con la complicità di aziende agricole spesso in odor di clan – hanno illecitamente percepito dallo Stato indennità di diversa natura, approfittando della legge secondo cui bastano 100 finte giornate agricole lavorate per avere assicurato un reddito gli altri 265 giorni dell’anno. Una legge pensata per assicurare agli stagionali un sostentamento annuale, ma spesso trasformata dai clan per assicurare un reddito (e il conseguente consenso) a uno stuolo di persone che sui campi non hanno mai messo piede. Traduzione, a spezzarsi la schiena nei campi è stato un esercito di braccianti,in larga parte migranti, pagati a giornata o a cassetta, spesso in condizioni di estrema ricattabilità.
I NUMERI DELLA TRUFFA Un meccanismo che non solo ha emarginato e ghettizzato migliaia di lavoratori che materialmente portano avanti il settore agricolo provinciale, privandoli di ogni diritto, ma solo negli ultimi 17 mesi ha sottratto al bilancio nazionale e comunitario 17 milioni di euro, più altri 23 milioni al settore della spesa previdenziale e sanitaria. Per questo, più di 2800 persone sono state denunciate, ma nel frattempo, nei campi, migliaia di “fantasmi” continuano ad essere costretti a lavorare in condizione di semischiavitù.
Alessia Candito
a.candito@corrierecal.it
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