Pubblichiamo la lettera aperta dell’avvocato ed ex consigliere regionale Aurelio Chizzoniti all’arcivescovo metropolita della diocesi di Reggio-Bova, monsignor Giuseppe Fiorini Morosini.
Il mio esordio avverte il peso di una doppia emozione. Una è quella della mia modestissima dimensione, che osa interloquire con Vs Eccellenza, ed avverte doverosamente il “metus reverentialis”, saldamente ancorato all’alto profilo della Curia Metropolitana, egregiamente coordinata, cordiale, affettuosa e severa nella sua solenne architettura; l’altra traduce il singhiozzo disperato che continua a tormentarmi dopo aver letto, riletto, approfondito ed assimilato il Vs imponente, maestoso e totalmente condivisibile, ancorché fortemente disinteressato, messaggio autorevolmente rivolto al mondo politico reggino: «sul tappeto venga messo “il problema Reggio”, non il successo di questo gruppo o dell’altro. Abbiamo professionisti capaci di ripensare la città ed il suo futuro. Si chiamino a raccolta, senza badare alle casacche che indossano dal punto di vista politico e si progetti con loro questo futuro. Se fossimo capaci di ciò, la città sarebbe salva». Un concetto di fondamentale centralità e rilevanza nella cornice politica cittadina, ma destinato ad infrangersi contro la “sub-cultura” (politica) che dilaga nella città dello stretto, dopo l’esperienza dei “fatti di Reggio”. Ebbene, Vs Eccellenza, evidentemente non è a conoscenza che, a far data dall’anno 1970, nella sempre bizantineggiante città della Fata Morgana, la qualità conduce fatalmente ad un inverecondo “isolamento”. Al contrario della mediocrità, che in quanto tale, risulta facilmente gestibile, garantendo rapide e luminose carriere politiche alla folta schiera di ascari.
Se questo è, con l’augurio di sbagliarmi, trovo alquanto difficile, se non impossibile, la realizzazione dell’auspicata «raccolta dei professionisti, capaci di ripensare la città», pur abbondantemente esistenti. Basti pensare alle notevoli difficoltà che incontrarono in politica il Prof. Gaetano Cingari che, assieme a Gaetano Salvemini e Giustino Fortunato, resta fra i più accreditati meridionalisti, al Prof. Serafino Gambareri, che non ebbe miglior sorte, e a tanti altri reggini insigni, gelidamente travolti da organizzazioni trasversali che da almeno cinquant’anni antepongono al supremo interesse della città il noto brocardo “primum vivere, deinde philosophari”. Trattasi dei c.d. “comitati di affari”, imperanti e dilaganti nel contesto cittadino, già, ex ante, mediaticamente denunciati per ben due volte da due politici, ma non perché fossero contrari all’operatività degli stessi, ma semplicemente perché, prima l’uno e poi l’altro, ne rimasero fuori ed emarginati. Magnificando progetti di egemonia individuale e di gruppo.
Sul punto posso riferire la consacrazione di detta verità, attraverso un eloquente esempio che mi riguarda personalmente e risalente agli anni 90, quando, circa otto giorni prima della conclusione di una campagna elettorale comunale, questa, già allora, “sovranista” direzione politica, si riunì in una villa importante di Bocale (a mare), per definire strategie elettorali. Bene, per come tempestivamente comunicatomi da un collega e caro amico (ancora in vita), che abitava vicinissimo al “locus commissi delicti”, i partecipanti alla riunione strategica decisero, all’unanimità, il mio boicottaggio, semplicemente perché ero (e sono) aduso “a ragionare con la mia testa”. Non venni eletto per una manciata di voti, unicamente perché non omologabile e non contiguo a qualsivoglia consorteria politica, delle cui contraddizioni ed immobili mutamenti rimasi vittima. Questo è il motivo per il quale il reggino preferisce “implorare” favori, anziché “reclamare” diritti, e ciò è servito e serve a preservare nel ruolo di una inqualificabile sudditanza la “regginità”, ormai adusa a subire “l’arte di annacarsi”. In ordine alla quale ha scritto e bene Roberto Alajmo, che dissertò abilmente sull’annacamento, un termine intraducibile che significa contestualmente una cosa ed il suo contrario.
Non abuserò ulteriormente della Vs pazienza, non soltanto per mio costume (preferisco l’eloquenza di Sparta), ma perché sono anche obbligato, per comprensibili ragioni di spazio, alla brevità. Viceversa, potrei argomentare su tanti, tantissimi esempi che hanno scandito negativamente l’indecente agonia di questa meravigliosa città, richiamando – ex plurimis – le sindacature dei grandi Piero Battaglia, fatto fuori dai blindati governativi, Michele Musolino e Francesco Gangemi, questi ultimi due, che stavano lavorando alla grande, eliminati da una opportuna quanto tattica modifica del “quadro politico”; mentre Falcomatà (quello vero) dovette fronteggiare la non certo occasionale avversione maturata all’interno del partito nel quale militava, quando a conclusione di una animata riunione presso la Sezione reggina “Girasole”, concluse affermando: “prendo atto che, pure essendo stato indicato da tutto il centrosinistra, non sarò il primo sindaco comunista della storia reggina, perché il mio partito è contrario”.
Rebus sic stantibus, con la palpitante speranza, di essermi sbagliato, esprimendo profonda e rispettosa gratitudine per la gradita attenzione riservata da Vs Eccellenza alle complicate problematiche cittadine, concludo auspicando che la Vs responsabile e prestigiosa esortazione, non venga irresponsabilmente condannata ad ascoltare la triste melodia del silenzio, già malinconicamente sperimentata, all’insegna dell’invereconda esaltazione della “vox clamantis…”.
*avvocato ed ex consigliere regionale
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