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Le piazze di spaccio nella Sibaritide, tra spartizioni e messaggi in codice

Dalle indagini condotte dalla Procura di Castrovillari per l’operazione “Last Minute” emerge com’è organizzata la filiera della droga sullo Ionio cosentino

Pubblicato il: 23/01/2019 – 16:46
Le piazze di spaccio nella Sibaritide, tra spartizioni e messaggi in codice

COSENZA “Last minute”, servono pochi minuti per chiedere e trovare sostanze stupefacenti nella Sibaritide. Il cuore dello spaccio sullo Ionio cosentino è a Lauropoli, frazione di Cassano e feudo degli “zingari”. La loro rete di pusher è fitta. Sono a Corigliano-Rossano nelle zone di Sibari e anche a Castrovillari così come nei paesi vicini. L’ultimo colpo alla filiera dello spaccio lo hanno assestato i carabinieri di Castrovillari, coordinati dalla locale Procura guidata da Eugenio Facciola (qui la notizia). Ma dalle carte delle indagini emerge come i 17 destinatari di misura cautelare (di cui 7 in carcere), in attesa degli interrogatori di garanzia, siano solo l’anello di una catena organizzata che ha delle regole ben precise e che non possono essere trasgredite. Ed è per questo che gli spacciatori hanno un loro vocabolario ma soprattutto delle piazze di spaccio ben definite come Timpone Rosso, San Nicola e Capolanza.
MESSAGGI CIFRATI E DROGA IN MANO Il fiato sul collo degli investigatori, la paura che qualcuno “se la canti” ma soprattutto i telefoni sotto controllo. Queste sono i timori degli spacciatori, per questo ognuno si dota di un suo linguaggio. Paese che vai, usanze che trovi. Ed è per questo che tra gli sms tra pusher ed assuntori i messaggi più frequenti sono questi: «1 grande» è un involucro di 1 grammo di eroina; «1 piccola» così come «1 minuto» o «1 da 20» sono gli involucri da mezzo grammo di eroina; a volte può aversi «1 da 20 abbondante» quando lo spacciatore sa che può fidarsi dell’assuntore e permettersi di aggiungere qualche centesimo di grammo in più sicuro che tanto pagherà. Con la cocaina il discorso è diverso, ma la fantasia agli spacciatori non manca. La grammatura non cambia ed ecco che una dose di cocaina si trasforma in «un litro di latte di capra». Lo scambio di messaggi tra compratore e venditore è rapido. Pochi fronzoli o giustificazioni, ed è per questo che concordata la dose è necessario darsi un appuntamento. Ed i messaggi si compongono da soli: «1 minuto al campo» è una dose di eroina al campo di Lauropoli; così come «capo» è la zona di Capolanza o le «prime case» sono quelle all’inizio di Lauropoli per chi percorre via San Nicola provenendo da Frascineto-Civita o viceversa.

AD OGNUNO LA SUA ZONA Diverse persone circondano un pusher e gli danno una lezione. I carabinieri filmano tutto e sulla cartina criminale della città a penna rossa disegnano le zone. Quelle dei Bevilacqua e quella dei Milito. Sanno che i due gruppi non devono darsi fastidio per mantenere calme le acque, ma può capitare che qualche spacciatore ambisca ad una sua autonomia. Squilla il telefono di Adamo Sabato, dall’altro capo c’è Leonardo D’Amati e quest’ultimo chiede secco: «Quanto ti stai portando a casa?». «Ieri niente, 25-30 euro», risponde. «Hai capito che non riusciamo più a prendere 3/400 euro al giorno?», continua D’Amati. I due continuano a parlare del prezzo della droga e poi D’Amati palesa il problema: «C’è da impazzire – dice –. Questo perché stanno abbassando. Questo perché senno lo 0.4 (i grammi di droga) a 40 euro non è assai». I militari pedinano le automobili e controllano gli appuntamenti. Poi mettono insieme una lunga serie di conversazioni e capiscono che tra i gruppi del territorio c’è un problema nella spartizione della zona. Non hanno più dubbi gli investigatori quando carpiscono la telefonata tra Rocco Milito e Adamo Sabato. «Dobbiamo rimanere amici?», dice Milito a Sabato. «Si!», replica prontamente. E altrettanto lapidaria è la risposta: «Allora al tabacchino non ci dovete venire». Sabato prova ad accampare qualche scusa, ma è ancora una volta Milito quello più intenzionato a chiarire per sempre la situazione: «A me non me ne frega niente, gli dici che vi ho detto io che qua non ci dovete venire».

Michele Presta
m.presta@corrierecal.it

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