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«Di regionalismo si parla a vanvera»
di Ettore Jorio*
Pubblicato il: 29/01/2019 – 17:39
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Il 15 gennaio è trascorso senza che accadesse nulla. Senza che il Governo avesse definito l’istruttoria sulle tre proposte di legge sul regionalismo differenziato, elaborate dal Veneto, dalla Lombardia e dall’Emilia Romagna.
Accadrà verosimilmente la stessa cosa per la scadenza del molto prossimo 15 febbraio prevista per la definizione delle intese da perfezionare a cura dell’Esecutivo con le anzidette Regioni.
Occorre togliere le maschere
Tante le assicurazioni politiche che, nel frattempo, si sono scambiate i due partner di governo. Troppi i dubbi che si nutrono sull’esito per i continui differimenti che si addebitano ai mal di pancia dei Cinquestelle, preoccupati ad arginare le consistenti perdite di consenso in atto e ad evitare la consequenziale forte emorragia di voti nel Sud. Quella parte trascurata del Paese – che di qui a poco vedrà la Calabria impegnata nelle elezioni regionali – che si sente giustamente la vittima sacrificale di una attuazione della Costituzione pensata male che si fa di tutto per realizzare peggio.
Ad inizio settimana, Salvini e Giorgetti hanno dato la carica ai loro consci del rallentamento procedurale e del mancato rispetto della prima scadenza causati dalle «batterie scariche» dei grillini. Questi ultimi, infatti, propendono per non dare seguito pedissequo alle istanze della macroregione politica lombardo-veneta. Intendono ragionarci sopra non condividendo affatto l’esproprio allo Stato dei beni culturali, delle grandi reti di trasporto e soprattutto della sanità, sulla quale la ministra Grillo non intende fare sconti di troppo, specie dopo aver preteso e ottenuto il superamento dei parametri del tetto di spesa per il personale del Ssn.
La posta in gioco è altissima (nella diffusa inconsapevolezza)
Il regionalismo differenziato non è cosa da poco, tanto da essere liquidato in un così breve lasso di tempo e decidendo di prepotenza, all’insegna «o passa oppure andiamo a casa con conseguente sorpasso nell’ottenimento del consenso popolare». Per fare sì che si realizzi, e bene, si rende necessaria la completa attuazione del c.d. federalismo fiscale ovverosia dell’art. 119 della Costituzione, perequazione in primis. Più precisamente, non può essere portato dignitosamente a termine, senza determinare danni irreparabili alla parte del Paese a secco dei diritti sociali (ma anche civili!). Per fare ciò necessita la determinazione valoriale dei fabbisogni standard, posti a garanzia erogativa delle funzioni fondamentali degli enti Locali (soprattutto i Comuni), e del binomio costi/fabbisogni standard relativi ai livelli delle prestazioni essenziali concernenti i diritti sociali, primi fra tutti, la salute, l’assistenza, la scuola, i trasporti pubblici locali, sino ad oggi neanche pensati.
Il Paese e la Nazione vanno protetti ad ogni costo!
Insomma tutto quanto necessario per assicurare uniformemente alla collettività nazionale ciò che è indispensabile alla vita dei singoli che la compongono viene messo in discussione per mero agonismo politico. In breve, la perfomance muscolare di Salvini e dei suoi governatori della ricostituita area geo-demografica lombardo-veneta nei confronti dei grillini e della parte più debole del Paese mettono a rischio non solo l’unità giuridica ed economica della Repubblica ma anche la compattezza della Nazione.
Conoscenza delle norme cercasi
Non solo. Quanto si sta registrando costituisce un atto di violenza alle regole costituzionali che, giova ripeterlo a iosa, così come sono assicurerebbero ovunque e a chiunque l’esigibilità dei diritti civili e sociali, resi altrimenti impossibili senza l’attivazione degli anzidetti strumenti: i costi/fabbisogni standard, nelle due diverse configurazioni metodologiche, e la perequazione. Quest’ultima al 100% per sanità assistenza, istruzione e trasporto pubblico locale e rapportata alla capacità fiscale media per tutto il resto. Nulla di diverso è, infatti, previsto né nella Costituzione e neppure nella legge delega (42/2009) attuativa dall’art. 119 e suoi decreti delegati del 2011.
Senza la perequazione a regime non è possibile andare da alcuna parte, pena la messa in pericolo esistenziale di una parte consistente della nazione. Una perequazione che, come la nostra, è assicurata dallo Stato con le proprie entrate erariali non già dalle risorse delle altre Regioni tanto da essere caratterizzata dalla sua verticalità (Stato → Regioni bisognose) e non già dalla alcuna orizzontalità (Regione ricca → Regione povera).
Ci vuole prudenza, consapevolezza e ragionevolezza
Ovviamente, il percorso del regionalismo differenziato è stato intrapreso ed è inarrestabile.
Necessita, pertanto, che:
– le Regioni già tendenti a rivoluzionare egoisticamente a forfait le regole della competenza legislativa e, di conseguenza, il sistema finanziario vengano portate a ragione, fosse anche a pagare in proposito il più alto prezzo politico, pena l’assunzione di pesanti responsabilità;
– le Regioni che non hanno ancora formalizzato accordi con il Governo ovvero non abbiano attivato istanza alcuna in proposito (la Calabria è tra queste) sappiano ragionare con in testa esclusivamente l’interesse pubblico e non già affrontare la tematica come se fosse una competizione tra stupidi.
Il problema è che sono troppi a parlare di regionalismo differenziato a vanvera. L’occasione è più pericolosa delle armi lasciate incustodite in casa, occorre sottrarle ai bambini!
*docente Unical
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