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“Delitto/Castigo”, Rubini porta a teatro il classico di Dostoevskij
Successo per lo spettacolo con Luigi Lo Cascio in scena all’Auditorium dell’Unical
Pubblicato il: 30/01/2019 – 17:24
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RENDE È un teatro gremito quello che attende l’ingresso degli attori in scena. Si contano sulle dita di una mano i posti liberi. C’è grande attesa per “Delitto/Castigo” – andato in scena martedì 29 e in replica il 30 al Teatro Auditorium dell’Università della Calabria – che vede alla regia Sergio Rubini, presente anche in scena. A fare coppia con lui Luigi Lo Cascio (foto di Pietro Scarcello). Scandisce il tempo dell’attesa l’eco di una goccia che cade ritmata. Sul palco una semplice scenografia accoglie gli attori accompagnati dall’applauso del pubblico. Rubini fa da narratore al romanzo di Dostoevskij che lui stesso ha adattato per il teatro con Carla Cavalluzzi.
Delle sei parti (più epilogo) in cui il romanzo russo è diviso, Rubini ne ha fatto uno spettacolo di due ore che non sempre tiene alta la concentrazione dello spettatore. Raccontata al leggio, la storia è in terza persona quando il regista interpreta il narratore, per poi diventare anch’esso personaggio e vivere in prima persona e nel presente dell’azione. Legati ai copioni – che porteranno sempre con sé – i due attori interpretano, così, il romanzo dostoevskiano: Lo Cascio veste i panni di Raskol’nikov, ex studente di legge e autore del famoso duplice omicidio del romanzo. I personaggi secondari hanno il volto di Rubini (Razumichin, Alëna Ivànovna, Porfirij Petrovič e altri), di Francesco Bonomo (Lužin e altri secondari) e di Francesca Pasquini (Dunja, Sonja). La mise en scène è fedelmente legata al testo. Un grande respiro lo conquistano le luci, le scenografie e il sound, necessari protagonisti di questo adattamento.
Alle luci (curate da Luca Barbati) il compito di ricreare spazi fisici e temporali diversi: quando ci si affida alla narrazione e si vive nel passato; quando ci sono salti temporali su cui battere l’accento, le luci bagnano lo spazio creando scene nuove in tempi diversi. Accolgono i personaggi e li accompagnano in dissolvenza nella continua diegesi. Non ci sono sbavature e sono funzionale alla costruzione scenica dello spettacolo. Sul fondo della scena, in una struttura a parte rispetto alla scenografia, G.U.P. Alcaro si occupa del progetto sonoro, ricreando tutti i suoni che abitano il testo (campanelli, frusta, passi, chiavistelli, gocce d’acqua e molti altri).
La scenografia (curata da Gregorio Botta) è in costante cambiamento; ricrea i luoghi nel loro da farsi, a eccezione del letto, del tavolo con sedie e di un catino, che vivono sul palco dal principio e lì restano fino alla fine. Grandi cappotti dondolano appesi alle travi e sono prima passanti, poi danno volume allo stato confusionale del protagonista. Cadono a terra, a seguito dell’omicidio di Lisaveta, sorella della vecchia usuraia uccisa, e con essi una grande effige della Madonna.
Concentratosi molto sull’angoscia del protagonista per l’omicidio commesso – che dopo visionari sensi di colpa e oniriche espiazioni riesce a confessare – Rubini non approfondisce quel ruolo che, nella versione originale, è riservato alla donna, la cui forza è stimolo di confessione e remissione. L’amore è occasione di riscatto e vive in Sonja molto più nel testo di quanto non faccia in scena («nel cuore di una persona che ama c’è tanto amore anche per il cuore dell’altro», dichiara Sonja a Raskol’nikov). Appare più la paranoia del protagonista del reale pentimento, si mostra più il rapporto con il Vangelo della sua messa in discussione. Il forte legame con la famiglia è significativo tanto quanto il senso di libertà promesso all’uomo, che spinge a compiere il delitto («è possibile commettere un’unica azione malvagia che permetta il realizzarsi di mille azioni buone di riscatto?»)
C’è sempre un grande rischio nel voler affrontare la messa in scena di un classico della letteratura mondiale. Si rischia di essere messi alla gogna perché non fedeli al testo o, in senso contrario, di lavorare su un prodotto che non aggiunge niente alla ricerca di nuovi linguaggi drammaturgici. Ma sullo spettacolo di Rubini il pubblico non ha avuto dubbi e ne ha decretato il successo.
Miriam Guinea redazione@corrierecal.it
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