di Alessia Truzzolillo
CATANZARO Nove persone rinviate a giudizio nell’ambito dell’inchiesta “Via col vento” che verte sull’ingerenza delle cosche nell’affare dell’eolico. Per una serie di capi di imputazione – ha stabilito il gup Claudio Paris – dovranno rispondere davanti al davanti al Tribunale collegiale di Catanzaro, a partire dal 25 giugno prossimo, Pantaleone Mancuso, alias “Scarpuni”, boss di Limbadi; Rocco Anello, di Filadelfia; Riccardo Di Palma di Guardaregia (CB); Romeo Ielapi; di Filadelfia; Mario Scognamiglio, di Napoli. Per rispondere ad altre accuse, sempre contenute nel medesimo procedimento, sono stati rinviati davanti al Tribunale collegiale di Crotone Riccardo Di Palma di Guardaregia (CB); Giuseppe Errico, di Cutro; Pantaleone Mancuso, alias “Scarpuni”, boss di Limbadi; Giovanni Trapasso, di Cutro.
Già nelle scorse udienze aveva chiesto il rito abbreviato Giovanni Giardino, di Maida, per il quale l’udienza davanti al gup partirà il 19 luglio prossimo.
LE MANI SULL’EOLICO L’indagine parte dalla Dda di di Reggio Calabria, guidata da Giovanni Bombardieri, denominata “Via col vento” che ha messo in luce l’ingerenza delle cosche nell’eolico. Per competenza territoriale, essendo coinvolte persone appartenenti a diverse province calabresi, i fascicoli con le posizioni degli indagati sono state inviate ai tribunali competenti. Il fascicolo con le posizioni della cellula catanzarese è quindi passato nelle mani del sostituto procuratore Antonio De Bernardo, oggi alla Dda di Catanzaro, che aveva seguito l’inchiesta dai suoi esordi, quando era pm a Reggio Calabria.
I carabinieri hanno dato inizio all’inchiesta nel 2012. Secondo quanto emerso, in quattro province su cinque – Reggio Calabria, Catanzaro, Crotone e Vibo Valentia – i clan Paviglianiti di San Lorenzo, nel reggino, Mancuso di Limbadi e Anello di Filadelfia, entrambi nel Vibonese, e Trapasso di Cutro, nel Crotonese, avrebbero di fatto gestito la costruzione dei parchi eolici. Un’ingerenza resa possibile grazie alla connivenza di amministratori e imprenditori.
Ogni settore legato all’eolico – sostiene l’accusa – era controllato dai clan: dagli hotel al trasporto materiali, dal montaggio delle turbine alla costruzione di strade, dalle forniture alla vigilanza sui cantieri. Quando non poteva gestire gli affari direttamente, la criminalità guadagnava subappalti. Senza contare le estorsioni imposte attraverso il sistema delle sovrafatturazioni e dei pagamenti di indennità. E i colossi dell’energia si piegavano. Nel collegio difensivo gli avvocati Sergio Rotundo, Francesco Sabatino, Salvatore Iannone, Francesco Calabrese, Pietro Pitari, Luigi Falcone, Francesco Calabrese. (a.truzzolillo@corrierecal.it)
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