di Michele Presta
COSENZA Antonio De Rasis è l’unico calabrese rimasto vittima dalla furia dell’acqua e del fango nelle gole del Raganello. Era uno tra i più qualificati uomini del Soccorso Alpino, ma tanto non sarebbe sufficiente per esercitare le attività di escursionismo. È necessaria l’iscrizione nell’albo nazionale delle Guide Alpine e il giovane di Cerchiara non sarebbe stato in regola. Per la stessa ragione altre persone sono finite sotto indagine per esercizio abusivo della professione. La Procura della Repubblica di Castrovillari lo mette nero su bianco nelle pagine di avviso di conclusione delle indagini preliminari. I magistrati, nel ripercorrere le ore precedenti all’istante in cui, 20 agosto 2018, morirono 10 persone, individuano oltre ai sindaci (qui la notizia) anche altri presunti responsabili: l’accusa è di omicidio colposo e il capo d’imputazione riguarda Giovanni Vancieri e Marco Massaro.
GLI ORGANIZZATORI DEI TOUR Le escursioni nel torrente Raganello erano un appuntamento fisso nell’estate civitese. Un’attività consigliata a turisti o semplici appassionati dell’attività di canyoning. La risalita sotto il “Ponte del Diavolo” ed il refrigerio delle acque che sgorgano dai monti del massiccio del Pollino. Natura e sport, due basi per avviare un business redditizio (35 euro a visitatore) attraverso l’organizzazione di società di promozione del territorio. Ne nascono diverse, ma gli inquirenti si concentrano sulla “Sibari Nuova Srl” dell’amministratore unico Giovanni Vincieri e la “Raganello Tour Srl” dell’amministratore unico Marco Massaro, nelle quali Antonio De Rasis ha lavorato come “guida”. Entrambi sono indagati per aver «organizzato, in forma imprenditoriale, l’attività di “torrentismo” in località “Gole del Raganello” ed essendosi all’uopo avvalsi della “guida” Antonio De Rasis, privo della abilitazione all’esercizio professionale e della iscrizione all’Albo professionale delle Guide Alpine». Non è da escludere che entrambi fossero a conoscenza delle grandi abilità del giovane ragazzo di Cerchiara, per cui, gli «affidavano il compito di accompagnare 16 escursionisti all’interno delle “Gole del Raganello” ai fini di una escursione di “torrentismo”, in tal modo assumendo, in qualità di titolari dell’obbligo giuridico di impedire l’evento morte degli escursionisti accompagnati Antonio De Rasis, il rischio del verificarsi di eventi lesivi dell’incolumità fisica degli escursionisti». Tra le accuse mosse ai sindaci, quelle di non essersi attivati nonostante le diverse criticità di allerta gialla diramate dalla Protezione Civile calabrese, ai due imprenditori, invece, la Procura guidata da Eugenio Facciolla contesta di «aver ignorato le incerte condizioni metereologiche, in particolare le esistenti condizioni di nuvolosità e, dunque, di probabili precipitazioni, sussistenti in Civita, Località “Gole del Raganello”, nell’arco temporale precedente (ore 13:30 circa, orario fissato per l’inizio dell’escursione) al momento di ingresso nelle Gole, in Località “Ponte del Diavolo” (ore 14:25 circa), in tal modo violando le note regole di prudenza, diligenza e perizia volte ad evitare l’accesso al Canyon del “Torrente Raganello” in caso di maltempo». Il quadro indiziario nei confronti di Vancieri è aggravato dallo scambio di messaggi con Antonio De Rasis. «Gio se piove ritorno dalle gole perché ci sono 16 persone e soprattutto 4 bambini», scrisse la guida escursionistica sull’utenza cellulare a lui in uso dopo l’ingresso nelle Gole con i 16 visitatori. La risposta: «Ok. Non dovrebbe piovere». (m.presta@corrierecal.it)
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