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«L’autonomia fa male ma il Sud non lo sa»

di Agazio Loiero*

Pubblicato il: 11/08/2019 – 17:37
«L’autonomia fa male ma il Sud non lo sa»

Un articolo di Ilvo Diamanti pubblicato qualche giorno fa su Repubblica riporta l’esito di un sondaggio effettuato da Demos. Vediamo di cosa si tratta. L’Autonomia differenziata registra «un atteggiamento del tutto positivo nel Nord del Paese, ma positivo anche nel Centro Sud e nel Sud». Che dire? Tutti quelli che hanno non un po’ di cultura – non tanta, un poco – sanno che l’Autonomia differenziata è una vera sciagura per il Sud. Ho letto di recente sul tema un’onesta intervista del professore Sandro Staiano, coordinatore dell’Osservatorio sul regionalismo differenziato della Federico II, il cui allarme condivido pienamente. D’altra parte, oltre ad alcuni organi terzi, ultimo in ordine di tempo la Corte dei Conti, sono i numeri, che solitamente non ingannano, a certificare la dimensione della sciagura. Entro tre anni dall’approvazione del provvedimento, Lombardia, Veneto e Emilia-Romagna riceverebbero dallo Stato 2,7 miliardi in più, mentre il Centro Sud perderebbe risorse per un ammontare di 3,3 miliardi. Ma perché il Sud che con tale provvedimento verrebbe a perdere una cifra così alta, l’Autonomia, la predilige? Semplicemente perché tali dati non li conosce. Frastornato da questo clima emotivo di egoismo, di ignoranza e di interventismo seriale che si respira nell’intero Paese, dai talk ai social, il Sud sembra come sbracarsi. Ovviamente non tutto il Sud ma una buona parte. Colpa anche della classe dirigente che non ha saputo indicare con la dovuta efficacia i pericoli contenuti nel provvedimento.
Toccherò velocemente i tre temi appena citati, cominciando dall’egoismo. Non è mai esistita al Nord una classe dirigente tanto egoista. I ragionamenti di Zaia, Fontana e dello stesso Bonaccini, che leggiamo da mesi sulla stampa, fanno accapponare la pelle. Non rispetto all’impegno unitario di De Gasperi, di Vanoni – il confronto avrebbe un che di sacrilego – ma anche rispetto a più modesti personaggi settentrionali del nostro tempo. La presenza in Italia di un partito come la Lega, con le sue rivendicazioni separatiste, insediato nel Nord produttivo con i suoi potenti media e la loro conseguente capacità persuasiva ha causato guasti ingenti nella psicologia credulona del Paese. Il Sud, sottoposto a una tambureggiante demonizzazione quasi trentennale è diventato solo un concentrato di negatività. Un grumo repellente che assembla il costo decuplicato delle siringhe negli ospedali alla criminalità organizzata. La quale, a sua volta, ha cancellato l’idea sentimentale del Sud emersa nel dopoguerra attraverso gli scrittori del tempo e ha irrimediabilmente peggiorato la vita dei meridionali onesti. Ingiustamente assimilati in un giudizio frettoloso alla società che delinque. Alcune straordinarie realtà positive che pure esistono nel Sud non sono in grado di cancellare quell’immagine maleodorante che sembra aleggiare sull’intero territorio.
Quindi l’ignoranza. Il livello culturale degli italiani – l’ho scritto tante volte ma il tema è cruciale – si è vertiginosamente abbassato nel corso degli ultimi anni. Nel Sud in particolare l’impoverimento che ne è conseguito è stato mortale. In Calabria un bambino su due, attratto dall’immagine, aborre la lettura e fa di conseguenza fatica a comprendere un testo scritto. Di fronte a una domanda all’apparenza semplice, posta dal sondaggista: «È d’accordo nel concedere una maggiore autonomia alle regioni che l’hanno richiesta?» i meridionali che rispondono corrivi in maggioranza “sì” dovrebbero saper qualcosa sui costi standard, sulla spesa storica, sul fondo perequativo, sui diritti di cittadinanza che la Costituzione, ancora vigente, prevede nell’intero territorio nazionale. Dubito che abbiano compreso appieno i rischi che corrono. A una domanda del genere la maggior parte dei cittadini meridionali avrebbero dovuto limitarsi a due risposte. O dire onestamente “non so”, oppure, attingendo a un’antica sapienza contadina, rispondere “no”: in un’Italia che ritorna drammaticamente divisa, un’Autonomia che conviene al Nord non può convenire anche al Sud. E qui interviene un terzo elemento, l’interventismo seriale che sembra aver soggiogato giovani e meno giovani del nostro Paese e del mondo intero. Quella voglia forsennata di affrontare, stimolata in particolare dai social, i temi complessi del nostro tempo senza un minimo di competenza, spesso con un’assurda carica di odio. Il simbolo planetario di tale atteggiamento è Trump. C’è però da registrare una positiva novità in questo mondo. Almeno nella scelta del linguaggio. Un delizioso articolo di Riccardo Luna su Repubblica ci informa che Jack Dorsey uno dei fondatori di Twitter ha affermato che presto sarà Obama, che, ricordo, non è più Presidente degli Stati Uniti da due anni e mezzo, l’uomo che avrà più follower al mondo. Un personaggio che in occasione della recente morte della scrittrice afroamericana Toni Morrison ha scritto su Twitter: «Era un tesoro nazionale. Che dono respirare la sua stessa aria, anche solo per un po’». Non una frase di circostanza, un verso.

*già governatore della Calabria

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