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L'inferno di una 30enne: «Li sentivo accordarsi sulle tariffe per le mie prestazioni»

Gli arresti a Corigliano Rossano dopo la denuncia della vittima: «Ho avuto rapporti con centinaia di persone che non conosco»

Pubblicato il: 15/08/2019 – 16:55
L'inferno di una 30enne: «Li sentivo accordarsi sulle tariffe per le mie prestazioni»

COSENZA «Alcune volte sentivo i cinque uomini accordarsi sul pagamento, mi accorgevo che erano le tariffe in base alle prestazioni sessuali che altri uomini avrebbero avuto con me. Si trattava di tariffe che arrivavano da 30 euro fino a cifre elevate delle quali non ho mai sentito parlare di preciso ma che venivano pagate per fare sesso estremo con più uomini contemporaneamente». Questo è solo uno dei passaggi che la 30enne di Corigliano-Rossano riferisce ai magistrati della Procura di Castrovillari. Annotano tutti i dettagli gli inquirenti del commissariato ionico che, in dieci giorni d’indagine, mettono fine a 10 anni di violenze sessuali e non, richieste estorsive e minacce, facendo arrestare 5 uomini (qui la notizia). «Posso riferire di aver avuto rapporti sessuali con centinaia di persone che non conosco». La giovane donna, ha spiegato come tutto iniziò da qualche appuntamento amoroso. Il gioco della trasgressione del padrone e della schiava, poi però si sarebbe trasformato in una tortura cruenta fatta di «schiaffi in faccia, pugni in testa e calci alla schiena». Ma non c’è solo il sesso, spesso estremo, nei racconti della donna. Per non far finire i video espliciti, ripresi a sua insaputa, in rete e sullo smartphone del compagno, la donna avrebbe dovuto versare 1000 euro al mese. Spesso erano i risparmi del convivente o dei genitori a cui la vittima li chiedeva in prestito. Gli inquirenti hanno stimato che in questi 10 anni di presunte sevizie e violenze sessuali la donna avrebbe versato quasi 50mila euro. In base a quanto finito nei documenti d’indagine, ogni tentativo di ribellione della vittima si sarebbe trasformato in ritorsioni violente e minacce alla famiglia e al figlio piccolo. «Quando ho scoperto che uno di loro coltivava marijuana sono stata picchiata violentemente tanto da restare costrutta a stare a letto per un mese». Botte e lividi sul corpo che la donna racconta di aver dovuto nascondere alla famiglia inventando una malattia. I viaggi a Roma, dove si sarebbe dovuta sottoporre a delle visite di controllo, però si trasformavano in una tappa dove incastrare appuntamenti con clienti procacciati nella capitale. «Mi costringevano a prostituirmi nella casa dei miei genitori quando loro erano fuori per lavoro». Oggi ha trovato il coraggio della denuncia, ma dietro si lascia un buio durato anni. «Negli anni successivi al 2012 i maltrattamenti, le costrizioni e i soprusi continuavano, costringendomi sempre di più a rinchiudermi in me stessa e a non occuparmi neanche dei miei figli. Solo grazie ai genitori del mio compagno sono riuscita a stento a badare ai miei figli che nelle occasioni in cui trascorrevo le notti fuori di casa rimanevano a dormire con loro».

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