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Ergastolo “duro”, Gratteri: «I boss tireranno un bel sospiro di sollievo»
Il procuratore di Catanzaro commenta la sentenza della Corte europea dei diritti umani di Strasburgo: «Passa l’idea che puoi commettere qualunque crimine, anche il più abietto, poi alla fine esci di…
Pubblicato il: 09/10/2019 – 8:16
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Nel momento in cui viene contattato da Marco Travaglio, il procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri ha appena saputo della sentenza con cui la Corte europea dei diritti umani di Strasburgo ha bocciato l’appello proposto dall’Italia contro il ricorso di Marcello Viola, boss di Taurianova condannato a 4 ergastoli per associazione mafiosa, sequestro di persona e omicidio (qui la notizia). L’oggetto della contesa è l’ergastolo ostativo, il “fine pena mai” che prevede che il detenuto non abbia nessun beneficio (permessi premio e misure alternative) a meno che non avvii un percorso di collaborazione con la giustizia. Sulla vicenda la linea del Fatto Quotidiano è chiara – «Hanno riammazzato Falcone e Borsellino» titola in prima pagina il giornale diretto da Travaglio – e anche le posizioni del più noto dei magistrati antimafia non sono poi così distanti.
«IN EUROPA NON CONTIAMO NULLA» «In ambito europeo – dice Gratteri – l’Italia conta pochissimo, anche sul piano normativo, e ogni tentativo di omologare i Codici produce accordi o verdetti al ribasso. Nel resto d’Europa le nostre mafie vendono coca e comprano tutto ciò che è in vendita, di solito senza sparare, così nessuno avverte pericolo. E le istituzioni europee, molto attente al piano bancario e monetario, politicamente e giudiziariamente non esistono. E noi quali codici antimafia dovremmo applicare? Quelli della Lettonia o della Scandinavia?».
IL «SOSPIRO DI SOLLIEVO» DEI BOSS Ciò che è più grave, per il procuratore di Catanzaro, è che «i mafiosi tireranno un bel sospiro di sollievo», perché «è passata l’idea che puoi commettere qualunque crimine, anche il più abietto, poi alla fine esci di galera». Un principio «devastante» che «cancellerebbe 150 anni di legislazione antimafia». Quello che i giudici della Grande Chambre di Strasburgo non capiscono, secondo Gratteri, è che «un capomafia resta tale per tutta la vita», anche se è è vecchio e malato «continua a comandare e a dare ordini muovendo gli occhi».
L’ergastolo ostativo e l’isolamento del 41-bis rappresentano invece «la garanzia che il boss non uscirà mai e non potrà esercitare il potere». Ma «se cade questa barriera, crolla tutta la lotta alla mafia». Basta la prospettiva di uscire un giorno o l’altro, anche fra 10 o 15 anni, perché «un boss torni a essere un capo a tutti gli effetti». «SI RISCHIA CHE NESSUNO PIÙ COLLABORI CON LA GIUSTIZIA» E sia carcere che ergastolo duro servono anche a indurre molti mafiosi a collaborare: «Sono essi stessi a confessarcelo. Nessuno, salvo rare eccezioni, si pente per ragioni morali, religiose, ideologiche, né la legge lo chiede. Chi parla – spiega Gratteri al Fatto – lo fa per convenienza: perché vuole tornare dalla moglie, perché ha figli piccoli e vuole vederli crescere, perché non sopporta l’isolamento o l’idea di lasciare il carcere solo da morto, perché vuole rifarsi una vita, perché sogna di spirare nel proprio letto. Se ora, dopo questa sentenza, venisse modificata la norma italiana del carcere ostativo e anche i mafiosi irriducibili potessero ottenere permessi e altri benefici, l’aspettativa o la speranza di tornare a casa, anche per qualche giorno, e soprattutto di morire nel proprio letto, senza dire una parola, perché mai dovrebbero collaborare?».
IL POTERE FUORI DAL CARCERE Ma, oltre al rischio che crollino le collaborazioni, c’è un’altra conseguenza «gravissima» secondo il procuratore di Catanzaro: «Chi oggi è all’ergastolo ostativo e al 41-bis, messo inevitabilmente da parte perché condannato a restare in cella a vita e dunque impossibilitato a esercitare il potere, aumenterà a dismisura la propria influenza e tornerà al centro dell’attenzione della sua cosca, visto che in futuro uscirà. Inizierà a inviare a chi sta fuori le sue ambasciate, che avranno un peso enormemente più forte».
LE LOTTE DI FALCONE E BORSELLINO Infine il richiamo alle lotte di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino: «Avevano capito che, per spezzare l’omertà, non c’è che l’ergastolo vero, quello che si chiama “ostativo”, anche se molti gattopardi fingono di dimenticarsene: hanno sempre in bocca Falcone e Borsellino quando gli conviene per farsi belli nelle parate e nei convegni. Ma poi, all’atto pratico, si guardano bene dallo sposarne il progetto intero». La loro memoria va difesa, conclude Gratteri, proprio «dai gattopardi che se ne appropriano per tradirli meglio, ammantandosi di “progressismo” e “garantismo”. Per fortuna, il giochino di costoro è complicato da un fatto che non avevano previsto: la memoria di Falcone e Borsellino ha contagiato migliaia di giovani che continuano ad affollare le manifestazioni antimafia».
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