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Ecco il Garante regionale per i detenuti: «Il carcere è parte della società»

Presentate le linee guida che ispireranno l’azione della figura di tutela. Incarico all’avvocato reggino Agostino Siviglia che ha raccontato le emergenze

Pubblicato il: 28/10/2019 – 15:37
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Ecco il Garante regionale per i detenuti: «Il carcere è parte della società»
di Francesco Creazzo REGGIO CALABRIA I detenuti calabresi avranno, finalmente, una figura di riferimento, deputata a tutelare i loro diritti: entra in attività, a un anno e 10 mesi dall’approvazione della legge che lo istituiva, l’ufficio di Garante regionale per i diritti delle persone detenute o private della libertà. Le linee guida cui si ispirerà l’azione della nuova figura, già presente da anni in molte altre regioni d’Italia, sono state presentate questa mattina nella sede del Consiglio regionale proprio dalla viva voce del Garante, l’avvocato Agostino Siviglia che già svolge questo ruolo per la Città Metropolitana di Reggio, e dai firmatari della legge che ne ha istituito l’ufficio: il presidente dell’assise regionale Nicola Irto e il consigliere Franco Sergio. «Lo stato delle carceri calabresi – ha spiegato il Garante Agostino Siviglia – non lascia tranquilli: ci sono 2800 detenuti in 12 carceri su una capienza di 2700 detenuti, 62 donne e 700 stranieri. C’è il carcere di Rossano in cui scontano la pena coloro che hanno commesso reati collegati al terrorismo islamico. Ci sono parecchie situazioni sulle quali ci sarà da intervenire perché siamo al limite del disallineamento tra il dettato costituzionale e i principi stabiliti per la pena della privazione della libertà personale e la convenzione sui diritti umani, quando statuisce il divieto di trattamenti inumani e degradanti. Se la situazione della sanità all’esterno delle carceri è difficile, all’interno di esse diventa parossistica. Questi sono i problemi, ma ci sono anche note positive come la casa circondariale di Arghillà, dove da quattro anni i detenuti svolgono attività di lavoro volontario a favore della comunità in un’ottica di giustizia riparativa, c’è l’iniziativa dell’azienda Callipo che da anni assume detenuti a tempo determinato per fornirgli la possibilità di formarsi, nell’ottica di preparare una possibilità di vita fuori dal carcere». Ma non esistono soltanto le carceri: in Calabria c’è un mondo silenzioso di diritti negati a chi, potendo beneficiare per legge di misure alternative alla detenzione, si trova costretto a non poterlo fare: colpa di una carenza cronica di strutture e un accavallamento di leggi che nega la possibilità di rieducarsi all’esterno delle case circondariali. È il caso dei detenuti con problemi psichiatrici che avrebbero diritto a poter essere inviati in strutture di assistenza che, però, nella nostra regione sono quasi totalmente assenti: «Il problema ha un duplice aspetto – spiega Siviglia – l’accesso alla detenzione domiciliare in deroga è sempre più complicato, c’è una stortura nel sistema: la soppressione degli ex Ospedali psichiatrici giudiziari ha comportato la carenza di strutture di igiene mentale sul territorio che possano ospitare queste persone. Le cosiddette Rems, infatti, possono ospitare solo persone che sono state dichiarate incapaci d’intendere e di volere prima della celebrazione del processo. Quando la dichiarazione d’incapacità è invece conseguenza dell’erogazione della pena, è quasi impossibile poter collocare queste persone in strutture adeguate e, pertanto, vanno a finire in carcere. È una situazione grave e delicata sulla quale presenterò una proposta di legge regionale il prima possibile perché il carcere non è una società a parte, ma una parte della società».
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