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«Viaggi offerti dal politico e indagini “insabbiate”». Le accuse a Luberto

Cosa contestano i pm di Salerno al procuratore aggiunto. Le vacanze «pagate dai conti di Aiello» e l’informativa cartacea mai acquisita in una delicata inchiesta. Per alcuni carabinieri il magistra…

Pubblicato il: 16/12/2019 – 22:11
«Viaggi offerti dal politico e indagini “insabbiate”». Le accuse a Luberto

CATANZARO Il procuratore aggiunto di Catanzaro Vincenzo Luberto avrebbe «asservito stabilmente la sua funzione a Ferdinando Aiello in cambio di promesse di denaro, beni e utilità». Quello che i magistrati della Procura di Salerno definiscono un «patto corruttivo» tra la toga cosentina e l’ex parlamentare del Pd si sarebbe materializzato «in cambio di utilità, ovvero il pagamento di soggiorni alberghieri». È soltanto uno degli aspetti al vaglio della Procura di Salerno nell’inchiesta che ha scosso la magistratura calabrese e che arriva a poche settimane di distanza dal trasferimento a Potenza del procuratore di Castrovillari Eugenio Facciolla.
LE VACANZE DEL MAGISTRATO Il decreto di perquisizione notificato a Luberto e Aiello nei giorni scorsi, notizia anticipata dal Fatto Quotidiano, elenca le vacanze per le quali il politico avrebbe pagato al posto del magistrato. C’è un soggiorno (dal 2 all’8 gennaio 2017) all’Hotel Gardena di Castel Rotto, «il cui importo è stato versato in parte per contanti dall’Aiello per una somma di 2.838 euro (versata all’agenzia di viaggi, da questa girata all’hotel e riportata nella ricevuta rilasciata ad Aiello quale somma pagata per caparra in favore di Luberto)». E poi un «soggiorno nel luglio 2017 nella struttura “Capofaro Locanda & Malvasia” nell’isola di Salina, il cui importo risulta in parte versato con carta di credito di Aiello per la somma di 1.140 euro» e un altro ancora «nel gennaio 2018 nell’hotel Adler di Ortisei, il cui importo è stato versato in parte da un conto corrente di Aiello per la somma di 600 euro». Secondo quanto segnala il decreto di perquisizione, sarebbero ben 212 i soggiorni effettuati negli ultimi 5 anni dal magistrato cosentino e sua moglie in strutture ricettivo-alberghiere. Anche su questo aspetto (e sulle movimentazioni bancarie – che sarebbero «nettamente superiori ai redditi dichiarati» – riferite ai conti della coppia) sono in corso indagini.
LE INDAGINI “INSABBIATE” Il procedimento è ancora nella fase preliminare: gli atti dei pm campani sono svolti a garanzia degli indagati, sia Luberto che Aiello avranno la possibilità di difendersi. La Procura di Salerno accusa il magistrato di aver “insabbiato” indagini sul politico, dando alla Polizia giudiziaria «direttive di indagine» affinché «negli atti non venissero riportati elementi indiziari che erano stati acquisiti nei confronti di Aiello». In sostanza, l’attuale procuratore aggiunto, non avrebbe «acquisito al fascicolo n. 916.13.21 della Procura di Catanzaro elementi gravemente indiziari (già in possesso della Pg delegata nell’ambito della predetta indagine) riguardanti Ferdinando Aiello». Di più: «nonostante la medesima polizia giudiziaria avesse depositato nel procedimento almeno un atto dal quale tali elementi gravemente indiziari si evincevano, ometteva di iscrivere Aiello nel registro degli indagati». La condotta sarebbe aggravata anche dall’aver «favorito Aiello allo scopo di avvantaggiare lui e il sodalizio di ‘ndrangheta con il quale era in contatto». Questo presunto reato sarebbe stato «accertato nel 2019 e commesso dal marzo 2014».
LA FESTA DI COMPLEANNO La conoscenza tra Luberto e Aiello, secondo quanto riportato nel decreto di perquisizione, emergerebbe anche dal fatto che «Aiello era fra gli invitati alla festa per il compleanno di 50 anni di Luberto», a casa del magistrato. Elemento che «risulta dalle dichiarazioni rese a questa Procura da uno dei magistrati partecipanti alla festa. Inoltre, stando alle dichiarazioni di questo magistrato, in altre occasioni, in sua presenza, vi sarebbero stati vari contatti tramite smartphone fra Luberto e Aiello».
ANOMALIA NELLE CARTE È per «arricchire» il contesto dell’indagine che i magistrati acquisiscono atti dalla banca dati digitale Sidda-Sidna (si tratta del Sistema informativo della Direzione nazionale antimafia e delle Direzioni distrettuali). In archivio trovano una informativa del Comando provinciale di Cosenza nella quale compaiono «elementi di reato a carico di Ferdinando Aiello». Si tratta, secondo quanto riporta il decreto, di «corpose ipotesi di scambio elettorale politico-affaristico e corruzione, il tutto in un contesto di ‘ndrangheta o, quantomeno, di contiguità alla ‘ndrangheta». Aiello, precisano i pm, «aveva contatti diretti solo con un soggetto che operava per conto di due persone ritenute appartenenti a una storica ‘ndrina della Sibaritide e che i tre si adoperavano affinché la ‘ndrina acquisisse commesse o appalti pubblici». Per acquisire una copia cartacea dell’informativa, Salerno contatta la Procura di Catanzaro. Che fornisce tutti i chiarimenti del caso. Innanzitutto attesta che il documento non è presente agli atti del procedimento della Dda. Inoltre comunica che «era stato inserito nella banca dati da un altro magistrato in passato in servizio in quell’ufficio e non da Luberto». E riferisce che, in quel procedimento della Dda di Catanzaro, Aiello non era mai stato iscritto a modello 21, cioè non era mai apparso tra gli indagati. Altri elementi: da Catanzaro documentano che Luberto ha «sempre mantenuto la qualità di assegnatario del procedimento dall’iniziale iscrizione (il 21 febbraio 2013) e sino all’attualità» e assieme al procuratore aggiunto, altri pm si sono occupati di gestire l’indagine. Nella ricostruzione emerge un aspetto da approfondire: l’informativa che contiene il nome di Aiello esiste in formato digitale ma non in forma cartacea. La cosa insospettisce la Procura di Salerno, che sta indagando sui presunti “doni” del politico al magistrato. E decide di saperne di più, chiamando a testimoniare gli investigatori che hanno gestito il lato operativo dell’inchiesta.
«NON RIPORTARE LE CONVERSAZIONI SU AIELLO» I carabinieri sentiti confermano che «Luberto fu tempestivamente informato della circostanza che erano emersi gravi indizi di reato a carico di Aiello» ed «ebbe precisa contezza del contenuto delle intercettazioni». In una circostanza, scrivono i pm, «si sarebbe personalmente recato presso il Comando provinciale dei carabinieri di Cosenza per parlare con il comandante del Nucleo investigativo di tali emergenze investigative; in uno degli incontri con i carabinieri il magistrato avrebbe, da una parte, sminuito la valenza indiziaria degli elementi acquisiti e, dall’altra, stando a quanto riferito, diede una espressa direttiva orale all’allora comandante di Reparto di non riportare le conversazioni che coinvolgevano Aiello (e anche ad altro parlamentare estraneo, allo stato, a questa indagine) negli atti che sarebbero stati depositati da detta Pg al fine della proroga delle intercettazioni in corso». Ai magistrati campani «è stato riferito che Luberto, quando veniva informato delle risultanze a carico di Aiello “sembrava poco interessato” e che, comunque, non diede mai direttive d’indagine al fine di approfondire gli elementi a carico» del politico. Tutti elementi da sottoporre a ulteriori riscontri e, ovviamente, alle osservazioni della difesa del magistrato cosentino.
«DAZIONI DI BENI A DUE PARLAMENTARI» Il comandante avverte i carabinieri delle “direttive” – scrivono i pm di Salerno – ma i militari si lamentano della decisione a alcuni di loro premono affinché le risultanze investigative siano comunicate all’autorità giudiziaria con atti cartacei e ufficiali. Intanto, confezionano «atti digitali» nei quali si fa «riferimento alla posizione di Aiello» e li consegnano al comandante. Sono sempre i carabinieri a spiegare che, nei documenti, di parla di «dazioni di beni a due parlamentari (fra cui Aiello), perché Aiello sembrava ottenere altri vantaggi dagli indagati (in particolare assunzioni di persone) e perché il tutto era riconducibile a un contesto di ‘ndrangheta in quanto uno dei soggetti in contatto con Aiello operava in stretto rapporto con due soggetti appartenenti, o vicini, a una ‘ndrina». Anche in questo caso, gli elementi investigativi sarebbero dovuti passare al vaglio degli inquirenti per effettuare nuovi riscontri. Il punto è che «il deposito di atti ufficiali in cartaceo da parte del Nucleo investigativo dei carabinieri di Cosenza non è avvenuto nel procedimento sino al 21 ottobre 2019», cioè a distanza di alcuni mesi rispetto all’avvio dell’inchiesta di Salerno, «circostanza che, evidentemente, aveva accesso una luce su quanto accaduto». Nel frattempo, il fascicolo viene coassegnato ad altri sostituti procuratori. È attraverso questo passaggio – e la consegna di file digitali – che il materiale confluisce nel data base Sidda-Sidna, dove verrà poi trovato dalle toghe di Salerno.
GLI ALTRI MAGISTRATI SENTITI DA SALERNO Altre toghe, tre tra colleghi ed ex colleghi con i quali Luberto ha gestito il fascicolo, vengono sentiti nel corso delle indagini. Su di loro «non emergevano, né emergono, elementi o ipotesi di responsabilità penale sia perché non risulta che hanno, o hanno avuto, rapporti personali con Aiello sia perché nessuno di loro diede direttive d’indagine finalizzate a occultare condotte illecite» del politico. Fu proprio uno dei pm a inserire i file digitali delle informative mai depositate in cartaceo nella banca dati. E con questa condotta ha dimostrato «di non avere interesse a nascondere» i fatti emersi nel corso dell’investigazione. (ppp)

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