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Il business del clan Bonavota in Sardegna e il sostegno all'assessore Rosso in Piemonte

Dalle carte dell’inchiesta Fenice emergono gli interessi della ‘ndrina ad Olbia con l’imprenditore Burlò e il sostegno elettorale al futuro consigliere regionale alle elezioni del 26 maggio 2019

Pubblicato il: 22/12/2019 – 22:58
Il business del clan Bonavota in Sardegna e il sostegno all'assessore Rosso in Piemonte

di Giorgio Curcio
TORINO Era uno dei maggiori interessi per la ‘ndrina Bonavota. Attraverso le influenze nel mondo della politica piemontese, infatti, gli esponenti del clan potevano esercitare la propria influenza sul territorio. Ma non solo. L’attività della cosca, infatti, da tempo era legata ad un noto imprenditore torinese, Mario Burlò.
I BONAVOTA E GLI IMPRENDITORI Dalle carte dell’inchiesta “Fenice”, infatti, sarebbe emerso come l’imprenditore che con la sua “Oj Solution” sponsorizzava diverse società sportive tra cui la Torres calcio e la Reale Mutua Torino, avesse affidato ad alcuni appartenenti alla cosca (come Francesco Arone ed Angiolino Petullà) la remunerativa vendita esclusiva degli alloggi e delle ville del “Geovillage” di Olbia, in Sardegna. Gli inquirenti hanno evidenziato inoltre i rapporti tra lo stesso Burlò (finito in manette nel corso del blitz) e il trio composto da Onofrio Garcea, Francesco Viterbo e Carlo De Bellis (anche loro esponenti del clan Bonavota e finiti in manette nella stessa operazione) e in procinto di stipulare un rapporto di collaborazione per la gestione di attività inerenti all’outsourcing, così da ampliare il raggio d’azione del “gruppo Burlò” anche in Liguria, nonché della compravendita di IVA da utilizzare per le successive indebite compensazioni. E l’entusiasmo per la trattativa era incontenibile: «Lui (Mario Burlò ndr) mi ha guardato negli occhi e mi ha detto in porto se è come dite voi al 100%». Questa una delle conversazioni captate dagli investigatori tra Garcea e Viterbo.
ROBERTO ROSSO E I CLAN Il mondo imprenditoriale, ma non solo. Gli affari del clan Bonavota, in Piemonte, si erano allargati alla politica. Un rapporto continuo, intrecciato, fatto di promesse, scambi e soldi. Il principale referente era Roberto Rosso, ormai ex consigliere regionale in Piemonte (esponente di Fratelli d’Italia) e finito in manette nel blitz “Fenice” condotto dalla Dda di Torino. Era con lui, infatti, che Garcea, Viterbo e De Bellis si interfacciavano regolarmente (ne abbiamo scritto qui). E Roberto Rosso – secondo quanto emerge dall’inchiesta – sapeva bene con chi aveva a che fare. Nel maggio del 2012, quando Rosso era seduto in parlamento tra le fila del Popolo delle Libertà, aveva firmato insieme ad altri suoi colleghi «un’interpellanza urgente rivolta al Ministro dell’Interno di riferire in merito alla nomina di Pasquale Antonio Gioffrè quale prefetto di Lodi». Il riferimento era all’associazione “la Città del Sole” (fondata da Gioffrè) finita al centro di un’inchiesta sul voto di scambio insieme al presidente Salvatore Ottavio Cosma, considerato uomo di contatto con i clan capeggiati da Gino Mamone, Vincenzo Stefanelli, Piero Malatesti e proprio Onofrio Garcea.

LA PAURA PRIMA DEL VOTO Poco prima delle elezioni di maggio, però, gli esponenti del clan e Rosso entrano in contatto per la compravendita di un pacchetto di voti. Un affare che – si legge ancora tra le carte degli inquirenti – rischia di saltare qualche settimana prima del 26 maggio. La causa è l’operazione del 7 maggio che ha portato a diversi arresti in Lombardia e il coinvolgimento di alcuni esponenti di Forza Italia in un giro di tangenti e affari con la ‘ndrangheta. «Digli che proprio non ci interessa. Quella cosa lì che dicevamo mandala a monte, ok? ascolta me … che, si. digli che… che è troppo tardi». Questi i toni concitati di una conversazione captata la stessa mattina del blitz dagli investigatori tra Enza Colavito (referente del trio ‘ndranghetistico) e lo stesso Rosso.

ALTRI CONTATTI Il trio Garcea-Viterbo-De Bellis, ma non solo. Roberto Rosso, infatti, sulla scorta delle conversazioni intercettate dagli investigatori, durante la campagna elettorale avrebbe intrattenuto stretti rapporti anche con Franco Violi, soggetto considerato contiguo alle cosche di ‘ndrangheta di Volpiano. In particolare, lo scorso 25 maggio, Rosso e Violi sono stati intercettati dagli investigatori mentre parlavano al telefono delle elezioni ormai imminenti e di un incontro: «…degli amici … che sono dei miei amici (…) Siamo a Feletto, entriamo adesso a Rivarolo». Rosso, poi, indica l’indirizzo esatto (via Bicocca 7 a Rivarolo Canavese ndr). Ancora più significativo il rapporto tra Roberto Rosso e Cosimo Curiale, ex assessore di Forza Italia con la delega ai Lavori pubblici e gravato già da precedenti come associazione per delinquere con tubata libertà degli incanti e istigazione alla corruzione. Curiale, il 26 maggio ovvero il giorno delle elezioni, aveva contatto Rosso per informarlo circa una «lista di 20 nomi», in riferimento – scrivono gli inquirenti – al numero dei voti potenziale. Dopo le elezioni lo stesso Curiale in più di un’occasione ricontatta Rosso, chiedendo le somme di denaro pattuite (mille euro) per i tre soggetti impegnati nella ricerca dei voti. «Te l’ho detto… devi dare uno, uno e uno». Una conversazione eloquente tra Rosso e Curiale e riferita al pagamento dei «tre di Carmagnola, Chieri e quello di Torino». (redazione@corrierecal.it)

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