di Roberto De Santo
AMANTEA «Sussistenza di concreti, univoci e rilevanti elementi su collegamenti diretti e indiretti degli amministratori con la criminalità organizzata e su forme di condizionamento degli stessi». Suonano come una sentenza senza appello le motivazioni – già largamente anticipate dal Corriere della Calabria – alla base della decisione di sciogliere l’amministrazione comunale di Amantea per infiltrazione mafiosa. Una conclusione alla quale arrivano i membri della commissione d’accesso incaricata dal prefetto di Cosenza il 12 aprile dello scorso anno. Proprio al termine del lavoro svolto dalla commissione – conclusosi con una relazione dettagliata l’11 ottobre scorso – emergono tutte le criticità e le anomalie riscontrate nella gestione della cosa pubblica amanteana e nel livello di “compromissione” sia di esponenti politici locali con l’organizzazione criminale che detta legge ad Amantea ma anche della macchina amministrativa. Tanto che anche nella relazione firmata dal ministro dell’Interno, Luciana Lamorgese, si legge testualmente che «tra gli esponenti dell’apparato burocratico dell’ente figurano persone vicine ad ambienti criminali per rapporti di parentela, affinità o frequentazioni».
Rilevante a questo proposito un altro passaggio evidenziato dal ministro che sottolinea come ad Amantea «l’uso distorto della cosa pubblica si sia concretizzato nel favorire soggetti o imprese collegate direttamente o indirettamente ad ambienti della criminalità organizzata». Ma a finire al centro dell’attività della commissione d’accesso – vidimata poi dal prefetto di Cosenza – una serie dettagliate di vicende che collegano attività politiche, atti amministrativi e personaggi politici ad ambienti della criminalità organizzata locale. Condizionamenti che avrebbero preso piede già nella fase precedente alle ultime consultazioni per il rinnovo dell’amministrazione comunale amanteana. Finanche nella raccolta delle firme per presentare due delle tre liste elettorali delle amministrative del 2017 e precisamente “Una città nel cuore-sindaco Tommaso Signorelli” e “Lista azzurra-La cultura del fare” (quest’ultima con a capo il sindaco dimissionario Mario Pizzino). «Tra i sottoscrittori di entrambe le liste di candidati alle ultime consultazioni – si legge a questo proposito nella relazione – figurano persone vicine ad ambienti della criminalità o a questi legate per rapporti di parentela o frequentazione».
Così come «stretti vincoli familiari con personaggi di spicco delle consorterie locali» vengono individuati anche tra gli scrutatori nominati «in via diretta dalla commissione comunale elettorale in occasione delle consultazioni per l’elezione dell’amministrazione attualmente in carica nonché di quelle per il rinnovo del Parlamento europeo». Aspetti che la dicono lunga sul livello di infiltrazione delle cosche nei gangli della macchina amministrativa comunale.
LA LINEA ROSSA CHE COLLEGA I DUE SCIOGLIMENTI Nelle premesse della relazione, vergata dalla Prefettura cosentina, emerge con chiarezza la linea rossa che unisce la vicenda che portò nel 2008 allo scioglimento del consiglio comunale di Amantea con quella attuale. Alla base di entrambe le procedure i rapporti tra esponenti politici e la cosca Gentile-Africano-Besaldo. In particolare nel 2008 lo scioglimento fu legato ai presunti legami – poi per la verità non emersi nella realtà processuale – tra l’assessore comunale Tommaso Signorelli (prosciolto dall’accusa) e la cosca amanteana così come all’epoca si denunciò una presunta pressione esercitata dall’ex sindaco nonché ex consigliere regionale Franco La Rupa per garantire alla cosca la gestione del porto di Amantea. Anche in questo caso l’accusa cadde davanti al giudice d’Appello che scagionò il politico da quelle accuse. Due personaggi politici che ritornano come attori protagonisti anche nelle motivazione che hanno portato all’attuale scioglimento del consiglio comunale. Secondo quanto riportato, infatti, nella relazione prefettizia tra i firmatari della lista capeggiata da Signorelli nelle ultime competizioni amministrative compaiono familiari, esponenti e uomini della cosca amanteana. Così come la “Listazzurra” risulta «legata indissolubilmente alla figura» dell’ex consigliere regionale La Rupa e «a lui e alla lista è legata la storia politica del sindaco». Per sostanziare questa affermazione la relazione vergata dal prefetto di Cosenza – coperta da tanti omissis ma facilmente identificabili – ricostruisce in particolare la storia politica del sindaco dimissionario Mario Pizzino più volte assessore comunale sotto le amministrazioni La Rupa del 1997, del 1999 e del 2004. Proprio scandagliando l’attività di quest’ultima amministrazione, si arrivò al primo scioglimento del consiglio comunale amanteano (provvedimento poi annullato dal Consiglio di stato nel marzo del 2010). È sempre l’ex consigliere regionale ad essere «destinatario di un provvedimento di sequestro di beni, ai fini della confisca, emesso dal Tribunale di Catanzaro su proposta della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, all’interno del quale si richiama la condanna da lui subita e divenuta irrevocabile per “scambio elettorale politico-mafioso” in occasione della consultazione elettorale per il rinnovo del Consiglio regionale del 2005, allorquando si accordava con OMISSIS elemento di vertice dell’omonima cosca di ‘ndrangheta egemone in Cassano all’Ionio, al fine di ottenere voti in cambio di denaro». A sostanziare l’appoggio di La Rupa alla lista – poi risultata vincente – la relazione cita la vicenda già raccontata dal Corriere della Calabria della presunta pressione – caso poi per la verità rientrato per la ritrattazione dei protagonisti nel corso del procedimento penale al Tribunale di Paola – per ottenere voti a favore di un esponente della maggioranza comunale in cui era rimasto coinvolto l’ex sindaco di Amantea e già consigliere regionale. In questa circostanza sia La Rupa che l’assessore comunale (che si dimise dopo la vicenda) finirono in carcere per uscire dopo la decisione del Riesame.
OMISSIONI AL COMUNE E DIPENDENTI COMUNALI “DISINTERESSATI” C’è poi una catena di omissioni che i membri della commissione d’accesso hanno rinvenuto nell’attività della macchina amministrativa comunale e che si trovano elencati nella loro relazione posta all’attenzione del prefetto di Cosenza. Omissioni che vanno dalla mancata applicazione delle norme antimafia legate alle interdittive fino anche ad una sorta di “complicità” nell’evasione delle tasse locali. Sono talmente tanti i casi riscontrati che gli ispettori definiscono la situazione della macchina comunale «sconfortante». Un numero di dipendenti decisamente sotto organico – dal 1993 si è passati da una dotazione organica pari a 111 unità a 44 del settembre del 2019 – caratterizzato, secondo quanto riferito dalla Commissione d’accesso, con «personale fortemente demotivato ed in genere privo di iniziativa e con un atteggiamento, da parte di un cospicuo numero, di disinteresse per le vicende del Comune».
TRIBUTI LOCALI EVASI PER INADEGUATEZZA DELLA MACCHINA AMMINISTRATIVA Nella relazione emerge anche un fenomeno distorto che colpisce direttamente le già esigue casse comunali: l’elevata evasione di tributi locali. Un’evasione che sarebbe legata, secondo quanto riscontrato dagli ispettori, proprio dalle omissioni della macchina burocratica comunale. Un paradosso visto che il Comune di Amantea – versando in stato di dissesto finanziario dall’aprile del 2017 – dovrebbe adoperarsi al massimo per recuperare quelle risorse necessarie ad ottemperare alle «prescrizioni ministeriali conseguenti all’approvazione dell’ipotesi di bilancio stabilmente riequilibrato». E invece la Commissione d’accesso rileva in questo «in maniera plastica l’inadeguatezza del sistema comunale di riscossione dei tributi».
ED ESPONENTI DEI CLAN NON PAGANO LE TASSE In questo quadro complessivo «inadeguato» risultano inoltre casi “inquietanti”. Secondo quanto riportato dalla relazione della Prefettura, «la Commissione d’accesso ha anche verificato come alcune imprese riconducibili in modo diretto o indiretto a soggetti contigui o intranei alla criminalità organizzata siano risultate non censite nei relativi ruoli “idrico”, della “Tari”, dell’“Imu” e della “Tasi”». Seppure questo atteggiamento inserendosi si legge nella relazione del prefetto nell’«approssimazione ed il disordine esistente nel settore non consentono di dedurre agevolmente un mirato e consapevole atteggiamento di favore per esse». A quest’ultimo proposito la Commissione ha segnalato che «il mancato censimento o la parzialità della riscossione si è rilevata inadempienza molto diffusa, con un picco del 60% circa nel settore idrico». «Ma è altrettanto indubbio che – sottolinea la relazione – distorsioni ed atteggiamenti omissivi che si registrano sono palesemente indicativi di quelle condotte antigiuridiche cui fa riferimento il terzo comma dell’art. 143 del Testo unico degli enti locali quale fattore sintomatico».
821 IMMOBILI IN USO ANCHE AI CLAN NON CENSITI Secondo le ispezioni della Commissione ci sono ben 821 immobili «fatti rientrare nella categoria catastale “F/3”, cioè “in corso di costruzione”» un meccanismo questo che ha permesso ai proprietari degli immobili di pagare quanto dovuto visto che i tributi locali parametrati all’area fabbricabile è decisamente più bassa dell’ordinaria. Stando anche alle verifiche effettuate dalla fiamme gialle di Amantea e notificate al Comune «nella realtà, con le verifiche sinora effettuate, l’avvenuto completamento – e da tempo delle abitazioni “in costruzione”, risultate peraltro nella piena disponibilità dei loro proprietari». Tra i proprietari a cui la Guardia di finanza aveva elevato verbale di constatazione e comunicato al Comune compare anche «un soggetto vicino alla cosca “Africano” che abita regolarmente l’immobile e che è anche assegnatario di alloggio popolare ora in uso a terzi».
COOPERATIVE E SOCIETÀ OPERATIVE NONOSTANTE L’INTERDIZIONE ANTIMAFIA Dalla relazione emerge anche un quadro a tinte fosche per quanto attiene i “Servizi sociali”. Esemplare è il caso del progetto “Home care service”, cioè il progetto gestito dal comune di Amantea come capofila di un Ambito territoriale sociale che ricomprende altri 8 comuni e finalizzato ad erogare prestazioni sociali in favore di dipendenti e pensionati pubblici non autosufficienti e dei loro familiari. Ebbene in sede di controllo della spesa di attuazione del progetto sono stati mossi rilievi estremamente pesanti da parte dell’Inps con la quale si denuncia «che il responsabile dell’Hcp ha liquidato a 4 persone somme talmente elevate che appaiono, anzi sono fuori da ogni criterio di ragionevolezza, prima ancora che fuori da ogni plausibile giustificazione e non rispondenti a nessun parametro o istituto retributivi di nessun dipendente pubblico». Autore era stato un soggetto «incaricato della trattazione della specifica materia dal sindaco, nonostante fosse privo della responsabilità del settore “Servizi sociali”».
Ma c’è dell’altro. La commissione d’accesso scandagliando le liquidazione emesse a favore delle 14 società cooperative accreditate per fornire servizi nell’ambito del progetto “Home care service”, «emerga che il 57,03% dell’importo complessivo è stato liquidato alla Omissis». Una società destinataria di un’interdittiva antimafia e il cui rappresentate legale risulta coinvolto in un’indagine della Procura della Repubblica di Paola che ha portato all’arresto di un consigliere d’amministrazione ritenuto responsabile, in concorso con impiegati comunali, di turbata libertà degli incanti e turbata libertà del procedimento di scelta del contraente, relativamente agli affidamenti di lavori per il porto turistico di Amantea.
Ma ci sono anche altre cooperative accreditate al progetto che stando alla dettagliata relazione avrebbero stretti rapporti con uomini del clan amanteano. Ebbene nonostante ci fossero con alcune di queste cooperative rapporti contrattuali in corso, «il Comune di Amantea – eccepisce la relazione prefettizia – ha mai effettuato verifiche antimafia nonostante “l’atto di indirizzo” rivolto nel marzo 2017 dal Commissario straordinario ai responsabili dei settori comunali (che non risulta essere mai stato revocato) perché richiedessero “le informazioni antimafia”, “…anche in deroga alle soglie di valore previste dall’art.91 del D.Lgs 159/2011..” prima della stipula, approvazione, autorizzazione di qualsiasi contratto o del rilascio di ogni concessione o erogazione».
Un copione che si ripete – forse in maniera ancor più grave – anche per il caso del centro diurno per minori in difficoltà. Ebbene la società che gestiva quella struttura nonostante fosse destinataria di un provvedimento di interdizione antimafia continuava a percepire contributi comunali per svolgere il servizio. Non solo, il dirigente comunale sollecitato dal commissario straordinario fin dal 2017 non ha adottato alcun provvedimento di revoca dell’autorizzazione comunale. Una revoca che arriva solo due anni dopo – giugno 2019 – ma solo a seguito di una ulteriore comunicazione della Prefettura di Cosenza e del clamore mediatico scoppiato attorno a questa vicenda che finì anche in un’interrogazione parlamentare della deputazione pentastellata. Un caso esemplare di quella che la Commissione d’accesso definisce «“contiguità soggiacente” dell’Amministrazione rivelatosi attraverso una clamorosa inerzia rispetto al protrarsi di un rapporto con un’associazione interdetta».
Mentre nella vicenda di due imprese di onoranze funebri che operano ad Amantea la commissione parla di «contiguità compiacente». In questa vicenda che coinvolge imprese vicine alla cosca amanteana, il Comune, nonostante le sollecitazioni sempre del commissario, «non ha avanzato richiesta di documentazione antimafia sull’impresa se non in data 8 marzo di quest’anno», cioè solo dopo il controllo congiunto con la Commissione d’accesso. (r.desanto@corrierecal.it)
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