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«Virus sapiens, Homo stupidus»

di Francesco Bevilacqua*

Pubblicato il: 07/03/2020 – 8:30
«Virus sapiens, Homo stupidus»

Dinanzi alle scene apocalittiche della più importante crisi sanitaria dal secondo dopoguerra in avanti, la domanda sorge spontanea: com’è possibile che, fra tanti scienziati, virologi, epidemiologi, infettivologi (compresi quelli dell’Oms), e nonostante le esperienze passate (Aviaria, Suina, Ebola, Sars etc.) nessuno abbia preventivato il disastro del Coronavirus? E come è possibile che un servizio sanitario come quello italiano, dopo quelle esperienze, invece di essere razionalizzato e messo in grado di affrontare epidemie che ormai sembrano una costante ciclica della nostra storia recente, è stato gradualmente depotenziato (vedi il caso emblematico della sanità calabrese)? Le risposte possibili sono due: o gli “esperti” sapevano ed hanno taciuto, oppure la presunzione ha obnubilato le loro menti! Fatto sta che in questi giorni si riscrive la storia dell’evoluzione della specie. È venuto il momento di modificare la nomenclatura in auge: d’ora in avanti chiameremo la nostra specie non più Homo sapiens sapiens ma Homo stupidus stupidus! (Rubo la definizione allo psicoanalista Vittorino Andreoli che ne ha fatto il titolo di un libro).
Pensiamo a come è nata questa faccenda, secondo l’ipotesi, allo stato, definita “più probabile” e meno complottista. In Cina un uomo ricco ha pensato bene di banchettare con una costosa leccornia a base di carne di pipistrello. Nel pipistrello viveva un virus, che se ne stava lì, scalcagnato ed annoiato. Immaginate la sorpresa del virus quando è stato improvvisamente catapultato nell’organismo della creatura più potente, più numerosa e più “nutriente” della Terra. Il virus allora si è dato una scrollatina e, tutto pieno di entusiasmo, ha pensato bene di “mutare” le sue abitudini e di banchettare a sua volta con quel “cibo” apparecchiato appositamente per lui. Tutto, rigorosamente, secondo le istruzioni biologiche che il virus aveva ricevuto da Dio o dalla Natura. Già, perché fra le tante cose che esperti e giornalisti non ci raccontano (cosa sono i virus, cosa fa l’uomo con i virus, chi stabilisce quando è pandemia e perché, cos’è l’Oms, chi siano i suoi disinteressati ed onnipotenti esperti etc.) vi è anche che i virus rivestono una fondamentale funzione biologica e hanno assunto, per l’uomo, una straordinaria valenza evolutiva, politica ed economica.
I virus sono microorganismi molto antichi, che hanno contribuito all’evoluzione della vita sulla Terra ed al successo dell’uomo come specie. Sono fondamentali nella trasmissione di geni e costituiscono una delle riserve di diversità genetica più importanti ed inesplorate. Inoltre, i virus vengono usati negli studi e negli esperimenti biogenetici e farmacologici. I virus sono molto gettonati nell’industria farmaceutica, anche perché in caso di epidemie o pandemie i governi acquistano milioni di dosi di vaccini (quelli delle epidemie precedenti quasi tutti inutilizzati, per la verità). Infine i virus vengono idolatrati dall’industria delle armi non tradizionali. Non c’è bisogno di scomodare i laboratori militari nascosti. Pensiamo, semplicemente, al genocidio da parte dei conquistadores europei di decine di milioni di indigeni della Mesoamerica all’epoca di Hernan Cortes: le armi più usate furono il vaiolo ed il morbillo (ma pare anche la salmomonellosi, che però è causata da batteri). L’Homo stupidus, dunque, fa con i virus tante cose buone e tante cose cattive, tutte con tornaconti biologici, economici e politici stratosferici. Eppure non è in grado di prevedere cosa i virus possono fare con gli uomini, soprattutto quando questi offrono loro ghiotte occasioni come quella che ha scatenato l’attuale bomba epidemica! Strano, vero?
Ad osservare le scene dei nostri ospedali al collasso, ad immaginare la corsa spasmodica delle cause farmaceutiche per produrre un vaccino, a pensare quanto ci costerà tutta la faccenda, si potrebbe pensar male. Se e come ce la caveremo è solo nella mente di Dio o della Natura, che una qualche strategia per favorire la prosecuzione della vita sulla Terra, nonostante gli sfracelli e le distruzioni provocate dall’Homo stupidus, devono pure averla.
Allo stato, nessuno scienziato, nessun giornalista – fra tutti quelli che imperversano sui media – ha pronunciato la fatidica frase: “Nulla sarà più come prima!” E invece sarebbe ora di pronunciarla quella frase. E di metterla in pratica una volta per tutte.
Il premio Nobel per la biologia Konrad Lorenz (1903/1989) – che già aveva raccolto il suo pensiero critico verso i “progressi” dell’umanità, in vari libri, fra cui “Il cosiddetto male”, “Il declino dell’uomo” e “Gli otto peccati capitali della nostra civiltà” – poco tempo prima di morire, rilasciò una clamorosa intervista nella Repubblica Federale Tedesca (poi tradotta e pubblicata sul numero 3 del 1989 di “La nuova ecologia”) – che conservo gelosamente – nella quale dichiarava di essere d’accordo con lo scienziato americano John P. Craven (1924/2915) sul fatto che la sola speranza per un mutamento di rotta nel comportamento dell’uomo è che una catastrofe radicale stermini una parte dell’umanità e faccia aprire gli occhi ai sopravvissuti. E quando uno dei due intervistatori lo incalzò chiedendogli se, allora, il disastro nucleare di Cernobyl (avvenuto nel 1986 nell’Unione Sovietica), fosse stato troppo poco, Lorenz rispose: “Sì, quel disastro è stato troppo piccolo. Dovrebbe accadere un disastro ad un’intera città come New York o San Francisco. Ma tale da non danneggiare troppo il resto dell’umanità, da non farla regredire troppo.”
Ma forse, mi permetto di aggiungere, neanche questo basterebbe a far assumere all’uomo il necessario senso di responsabilità verso il terribile potere che la sua supposta sapienza gli ha offerto, se è vero come è vero che l’olocausto ebraico non è riuscito a cancellare l’odio razziale, le bombe su Hiroshima e Nagasaky non sono servite a bandire le armi nucleari, i disastri di Cernobyl e Fukushima non sono stati capaci di mettere in discussione la produzione di energia nucleare. Esattamente come l’epidemia di Coronavirus non servirà a ricordare all’Homo stupidus che un suo esemplare per nulla stupido, Charles Darwin (1809/1882), aveva già preconizzato che il successo biologico di una specie vivente è direttamente proporzionale alle sue virtù.

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