Buoni spesa, pacchi di cibo consegnati dai volontari e donazioni dei privati. L’ordinanza per la “solidarietà alimentare” verso quelle migliaia di italiani che per colpa dell’emergenza coronavirus non riescono più a fare la spesa – perché o non hanno più lo stipendio o lavoravano in nero e dunque per lo Stato sono fantasmi – prende corpo dopo una lunga giornata di trattative tra l’Anci e il governo per fare in modo che nessuno rimanga escluso e che, soprattutto, la ripartizione dei fondi – comunque pochi secondo la stessa Associazione dei comuni italiani – rispetti davvero le esigenze dei territori. Ma come avverrà la distribuzione? I 400 milioni potranno essere utilizzati dai Comuni in due modi: o attraverso dei buoni spesa per l’acquisto di generi alimentari presso una serie di esercizi commerciali contenuti in un elenco pubblicato da ogni amministrazione, oppure per comprare direttamente generi alimentari i prodotti di prima necessità. Sul valore dei buoni spesa è ancora in corso tra i tecnici dell’Anci la definizione dei criteri che dovranno poi definire sia l’importo sia la quantità assegnabile ad ogni nucleo familiare. A distribuire i pacchi spesa saranno invece i volontari appartenenti al terzo settore. Ai beni distribuiti dallo Stato si aggiungeranno poi le eventuali donazioni dei privati: singoli cittadini, produttori o distributori alimentari. Ad individuare la platea dei beneficiari saranno invece i servizi sociali di ogni singolo Comune, che dovranno selezionare tra “i nuclei familiari più esposti agli effetti economici” e tra quelli “in stato di bisogno”, per soddisfare “le necessità più urgenti”. C’è però un ulteriore elemento che andrà tenuto in considerazione: l’ordinanza prevede infatti che prioritariamente debbano essere aiutare quelle famiglie che non percepiscono già “un sostegno pubblico”: dunque prima chi non riceve già il reddito di cittadinanza o altri aiuti come il reddito d’inclusione. Lo conferma il sottosegretario all’Economia Pier Paolo Baretta. «I buoni spesi non riguarderanno i beneficiari del reddito di cittadinanza, dobbiamo rivolgerci a persone indigenti, cosa che verrà gestita direttamente dai Comuni». Quanto alla ripartizione, l’80% dei fondi – 320 milioni – verrà distribuito in proporzione alla popolazione residente in ogni singolo comune mentre il restante 20% (80 milioni) verranno distribuiti in base alla distanza tra il valore del reddito pro-capite di ciascuno degli oltre 8mila comuni italiani, calcolato sulla base della dichiarazione dei redditi del 2017, e il valore medio nazionale “ponderata per la rispettiva popolazione”. In ogni caso, dice ancora l’ordinanza, il contributo minimo spettante ad ogni comune “non può risultare inferiore a 600 euro”. Una quota che, se necessario, verrà decurtata da quella spettante alle amministrazioni con popolazione superiore ai 100mila abitanti. Per quanto riguarda la Calabria, questa la distribuzione dei fondi contenuta nell’ordinanza per quanto riguarda i capoluoghi: Catanzaro 622mila euro, Cosenza, 452mila, Reggio Calabria 1,362 milioni, Crotone 574mila euro, Vibo Valentia 248mila euro. Per quanto riguarda in fondi per gli altri comuni calabresi, si può consultare il documento allegato qui RIPARTO FONDI, a partire da pagina 73 a pagina 77.
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