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La "nuova vita" di Peppe Valarioti. «Insieme da Nord a Sud per ridare dignità a questa terra»

L’11 giugno 1980 si consumò il primo omicidio politico per mano della ‘ndrangheta. A 40 anni di distanza, un gruppo di studenti, calabresi e non, si incontrano in rete durante la pandemia e riparto…

Pubblicato il: 11/06/2020 – 13:52
La "nuova vita" di Peppe Valarioti. «Insieme da Nord a Sud per ridare dignità a questa terra»

di Francesco Donnici
ROSARNO È la notte tra il 10 e l’11 giugno, si sta festeggiando la vittoria del partito Comunista.
Segretario era Enrico Berlinguer, suo omologo a Rosarno era il giovane Giuseppe Valarioti. Un insegnante precario di appena 30 anni, che considerava «la politica e la cultura strumenti per sconfiggere la ‘ndrangheta e offrire un’opportunità ai giovani del suo paese». Così scrivono Danilo Chirico e Alessio Magro ne “Il caso Valarioti”, ristampato quest’anno, a distanza di quarant’anni da quella notte.
Ad attenderlo fuori dal locale, a Nicotera, c’erano due colpi di lupara. Nomi ancora ignoti alla giustizia, più che ai tribunali o a fascicoli dispersi nel nulla. E un intento palese: consumare il primo omicidio politico in Calabria, «quello che affossa il movimento anti ‘ndrangheta – scrivono ancora i due autori – segnando il battesimo di sangue della Santa».
Non è bastato un iter giudiziario lungo anni, condito da dichiarazioni di collaboratori di giustizia, testimonianze e continue ritrattazioni, per individuare i colpevoli di quello che nel tempo è divenuto, appunto, un caso. E nel tempo, il rosso delle idee e della passione è andato sbiadendosi concedendo spazio al bianco e nero dei ricordi.
Ma la memoria è forse oggi l’antidoto migliore ai mali della ‘ndrangheta, affinché idee come quelle di Valarioti possano continuare a camminare sulle gambe di altri, non rendendo vano quel sacrificio e dando linfa al futuro di una classe politica anch’essa priva di colore. Questo pare essere l’intento dei ragazzi del Collettivo Peppe Valarioti, nato per caso, ma con sogni grandi. Da Sud a Nord fino a varcare i confini nazionali, con la Calabria nel cuore e l’intento di rispolverare quelle battaglie politiche e culturali e far sentire la propria voce contro la criminalità organizzata, al sostegno dei lavoratori e degli “ultimi”.
Il Corriere della Calabria ha raccolto le voci dei giovani componenti di questo gruppo di lavoro che raccontano la loro esperienze e gli obiettivi. Tutto nel nome di Giuseppe Valarioti.

Giuseppe Valarioti

NEL NOME DI VALARIOTI, ACCOMUNATI DA UNA PANDEMIA Il collettivo nasce durante la pandemia. L’intento iniziale era quello di scrivere un articolo su quanto stava accadendo nella tendopoli e negli insediamenti informali della Piana, ma i ragazzi sentono da subito la necessità di spingersi oltre «iniziando ad interrogarsi su come fosse possibile che la Calabria stesse tendendo verso un punto di non ritorno». Da qui la domanda: «Cosa può fare ognuno di noi per cambiare questo status quo?»
Il gruppo è amalgamato dalle coinvolgenti personalità di Sarah e Giorgia, compagne di scuola, che pur vivendo e lavorando altrove hanno continuato a mantenere contatto con le iniziative del territorio calabrese. Martina, alla ricerca della fiducia perduta nella sua terra natia, le segue a ruota. Lo stesso vale per Rachele, che non ha mai abbandonato il desiderio di scrivere e indagare. Federico è Veneto, «il nostro lascia passare per altre realtà geografiche – dicono i ragazzi del collettivo – con un affaccio sul Mediterraneo e un occhio attento all’Europa». Condivide con Benedetta – «in cui è vivo lo spirito da attivista politico», dice Giorgia – il sogno mai tramontato di un’Europa federale. Sara è abruzzese, ma di origini calabresi, studentessa dell’Università di Bologna, «sensibile alle storie degli ultimi». E poi ci sono Marco e Giovanni, che hanno deciso di studiare in Calabria e spendersi attivamente nelle realtà associative e politiche della regione. Questi ragazzi fanno della necessità dell’isolamento domiciliare imposto dalla pandemia in atto, una virtù: «Abbiamo formato un team con l’iniziale interesse di parlare di quanto stava succedendo nella tendopoli di San Ferdinando, dove gli spazi non permettevano neppure il distanziamento sociale».
Da qui inizia un’attività di informazione e indagine: «Abbiamo iniziato a fare delle call con persone ed esperti del settore, che avrebbero potuto darci risposte: Sara Manisera, GIovanni Tizian, Elisabetta Tripodi, Davide Mattiello, Giuseppe Politanò ed Enrico Somaglia».
«MANTENIAMO VIVO IL RICORDO DI UN UOMO CORAGGIOSO» «L’idea di intitolare il Collettivo a Valarioti nasce inizialmente per sentimento di rivalsa e orgoglio territoriale. E un po’ anche per fare ammenda dei nostri “peccati”. In pochi tra noi – spiegano i ragazzi – conoscevano la figura di Valarioti, ma quando abbiamo saputo che un uomo, in Calabria, si era battuto per quello per cui proviamo a farlo anche noi – e che anche per questo aveva perso la vita – ci siamo sentiti in colpa, prima ancora che mortificati e pieni di vergogna». La lotta per la difesa dei lavoratori agricoli e dei loro diritti accomuna la storia di Valarioti a quella di questo gruppo: «Alcuni di noi, seppur calabresi, non conoscevamo la sua storia. E come noi, tanti altri. Dal desiderio di mantenere vivo il ricordo di quest’uomo coraggioso; di recuperare una memoria storica che va perdendosi; dalla volontà raccogliere il testimone di Peppe, è nata l’idea di intitolarlo a lui. Giuseppe – continuano – era uno studioso, come lo siamo noi, nei rispettivi campi di interesse, e collettivamente in questo progetto».
«SIAMO EUROPEI, QUINDI SIAMO CALABRESI» Gli obiettivi sono ambiziosi: «Vorremmo non
Il murales di Riace

solo portare all’attenzione di tutti temi cruciali che riguardano la Calabria, a volte ignorati o sottovalutati, e stimolare dibattiti in merito, ma vorremmo anche proporre delle soluzioni fattuali. Vogliamo che il nostro Collettivo sia intriso di progettualità. Non solo. Crediamo in alcuni assi portanti, che costituiscono le fondamenta del nostro lavoro. Crediamo nell’importanza dello studio, e dell’essere studente, inteso in senso lato come participio presente; crediamo cioè nella necessità di studiare e approfondire le tematiche che di volta in volta trattiamo. Crediamo nell’Europa, intesa come luogo in cui vengono rispettati i diritti civili di ogni cittadino e cittadina che ne faccia parte». Il collettivo ha anche stilato un manifesto che recita: «Siamo Europei, quindi siamo Calabresi», per indicare la condivisione di intenti e di ideali che sono comuni a ogni Stato e Regione d’Europa, «e dai quali la Calabria non può essere esclusa, quindi ignorata».
«Europa significa “uniti nella diversità”, e noi vogliamo viverla nel rispetto dello stato di diritto e dei diritti sociali. Non sempre – concludono – questi principi vengono tutelati in Calabria, che ricordiamo essere la terza regione più povera d’Europa. Non lo ricordiamo con spirito pessimistico ma con uno spirito risolutivo che non può prescindere dalla consapevolezza. L’Europa é tale in ogni angolo dell’Unione, in ogni periferia del suo territorio, o non è».
APPUNTAMENTI L’Osservatorio del Sud ha subito ripreso e rilanciato il manifesto sottoscritto dal collettivo. Oggi una delegazione interverrà come ospite di una diretta facebook organizzata da Trame Festival per ricordare Peppe Valarioti, mentre domani sarà la volta di un incontro con Anpi Catanzaro. «Ci piace dire che abbiamo avuto un’accoglienza meravigliosa e attorno a noi, attraverso il passaparola, si è costruita una magnifica rete». (redazione@corrierecal.it)

*disegno dell’articolo realizzato da Valeria Garisto

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