REGGIO CALABRIA Il tribunale del Riesame ha rigettato l’Appello proposto dalla Procura di Locri contro l’ordinanza emessa dal gip con la quale è stata respinta la richiesta di misura cautelare degli arresti domiciliari nei confronti di Mimmo Lucano. Le motivazioni vanno ancora una volta ad intaccare il precario quadro indiziario sul quale il Pubblico Ministero, Luigi D’Alessio, ha impostato l’inchiesta “Xenia” che ha visto Lucano dapprima raggiunto dalla misura cautelare degli arresti domiciliari, poi divenuta divieto di dimora, fino alla decisione che gli ha permesso di tornare a Riace.
Secondo i Giudici reggini il «quadro indiziario è inconsistente e elementi congetturali o presuntivi».
«La gestione poco trasparente da parte del Comune di Riace e degli enti attuatori delle risorse pubbliche finanziate per i progetti di accoglienza dei migranti – annotano i magistrati reggini – conferma l’esistenza di prassi improntate alla superficialità e alla negligenza, ma non consente, allo stato, di ritenere suffragata la sussistenza dell’addebito associativo, in assenza della prova del perseguimento di vantaggi patrimoniali privatistici o dell’appropriazione di somme di denaro da parte dei singoli protagonisti della vicenda».
In seguito all’operazione dell’ottobre 2018, Lucano si è visto rinviare a giudizio insieme ad altre 25 persone in un processo davanti al tribunale di Locri che riprende dopo il rinvio dell’udienza fissata lo scorso martedì 5 maggio e saltata a causa dell’emergenza Covid.
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