CATANZARO Il Tribunale del Riesame di Catanzaro – Ermanna Grossi presidente relatore, Simona Manna e Giuseppe De Salvatore a latere – ha annullato l’ordinanza che disponeva la sospensione dal servizio per tre mesi nei confronti di Giorgio Costantino, 64 anni, dipendente dell’ospedale Pugliese Ciaccio di Catanzaro (difeso dall’avvocato Vittoria Aversa) che lo scorso 10 aprile era stato sospeso dal servizio per tre mesi in seguito all’indagine “Cartellino rosso” che poneva in luce l’assenteismo dei dipendenti dell’Asp di Catanzaro. Annullata anche la misura cautelare nei confronti di Marcello Ferro, 57 anni, (difeso dall’avvocato Saverio Loiero) all’epoca dei fatti dipendente del Pugliese Ciaccio, sospeso per un anno. Secondo i giudici, nonostante non sussistano le esigenze cautelari, viene confermato il quadro di gravità indiziaria e i gravi indizi di colpevolezza in ordine ai capi di imputazione contestati agli indagati (truffa aggravata) i quali sono stati sorpresi a strisciare il badge di altri colleghi e a sfruttare le ore di lavoro per commissioni personali. Per Costantino, vista l’irrisorietà del danno arrecato alla pubblica amministrazione (125 euro) per 12 ore di assenza accumulate tra dicembre 2016 e aprile 2017, i giudici hanno escluso la sussistenza di esigenze cautelari. A Ferro sono contestate 237 ore di assenza e un danno per la Pubblica amministrazione di 2.560 euro.
L’INDAGINE L’inchiesta coinvolge 57 indagati. Le telecamere installate presso gli uffici amministrativi dei due presidi sanitari da parte dei finanzieri del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria (Gruppo tutela Spesa Pubblica) hanno consentito di riscontrare oltre 2.100 episodi di assenteismo, di ingiustificato allontanamento dal luogo di lavoro e di falsa attestazione della presenza, per un totale di circa 1.800 ore di servizio non effettuate. Variegato e anche fantasioso il sistema illecito ideato per eludere gli obblighi di registrazione della presenza in servizio attraverso i badge. In molti casi, ad esempio, gli indagati si allontanavano dall’ufficio senza alcuna valida ragione lavorativa: fare la spesa, esigenze personali o addirittura per recarsi a giocare ai videopoker. In altri casi, invece, alcuni indagati (anche dirigenti) consegnavano il badge a colleghi o dipendenti compiacenti affinché lo utilizzassero al loro posto e per far rilevare, così, la falsa presenza dell’interessato. Il caso più emblematico riguarda un dipendente che, intento a strisciare il cartellino per conto di altri colleghi assenteisti, è arrivato a coprirsi aprendo un ombrello all’interno della struttura, per evitare di essere ripreso da eventuali telecamere di sorveglianza. (ale. tru.)
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