di Baldassarre Quartararo*
A distanza di 26 anni da quando, con la cosiddetta Legge Galli, il legislatore nazionale istituì il servizio idrico integrato e ne dettò le regole per il suo avvio e disciplina, nulla di concreto è stato fatto in Calabria, dove ancora persistono gestioni frammentate ed in economia, operate dai Comuni, dei servizi di distribuzione idrica, depurazione e fognatura. Unica eccezione la fa la SoRiCal Spa (società mista a prevalente capitale pubblico regionale) che – tra mille difficoltà e ostacoli – rappresenta l’unica seria esperienza, registrabile in Calabria, di una gestione industriale ispirata a principi di efficienza ed economicità. Eppure, paradosso del paradosso, ora che l’Aic (dopo 5 anni dalla sua istituzione) decide di “battere un colpo” per dire cosa intenderebbe fare per avviare il Sii in Calabria (compito e responsabilità che compete infatti a tale Autorità), l’unica idea messa sul tavolo è: far fallire SoRiCal.
Questa pare infatti essere la soluzione prospettata da alcuni sindaci dell’Aic, per provare a risolvere inefficienze e ritardi che però proprio non possono dirsi imputabili alla Società regionale.
Tra l’altro l’affermazione, ove realmente confermata e perseguita, preoccupa non poco perché, oltre all’impatto devastante che avrebbe in termini occupazionali (che fine farebbero infatti i circa 250 lavoratori occupati nella società e le loro famiglie?), mostra profili di responsabilità penale non da poco. Per “Far fallire SoRiCal” i Comuni (costituenti l’Aic) dovrebbero infatti continuare a pretendere il servizio idrico che la Società eroga (e non può interrompere) omettendo poi scientemente di pagare alla Società il connesso corrispettivo. Solo così infatti si potrebbe causare quel disequilibrio tra uscite ed entrare societarie che porterebbe alla “morte ingiusta” di SoRiCal. Tale condotta però, al di là di ogni valutazione etica e morale, pare poter configurare una delle ipotesi di reato previste dagli articoli 640 e 641 del codice penale, vale a dire rispettivamente: truffa (contrattuale) e insolvenza fraudolenta.
Senza considerare che il default di SoRiCal ricadrebbe in modo scomposto e drammatico anche sulle stesse casse di quei Comuni che lo hanno ipotizzato. Ed infatti, i crediti vantati da SoRiCal verso i Comuni (propri utenti) sono stati dati in pegno ai principali creditori di SoRiCal, a garanzia del puntuale pagamento dei debiti che la Società ha nel tempo contratto nei loro confronti, per mancanza di liquidità (quest’ultima, come ormai arcinoto, causata dalla morosità dei Comuni medesimi). Dunque se SoRiCal fallisse, tali Creditori sarebbero legittimati ad attivare la citata garanzia, richiedendo forzosamente ed in un’unica soluzione ai Comuni il pagamento di quei crediti oltre accessori, e i Comuni perderebbero dunque il significativo vantaggio di avere invece (come oggi hanno) un interlocutore (SoRiCal) attento alle esigenze degli Enti ed alle loro difficoltà finanziarie, propenso infatti a concedere importanti dilazioni senza aggravio di accessori.
Insomma la presunta “cura” prospettata dall’Aic si rivelerebbe nei fatti peggio del “male”.
La verità è che un modo lineare ed efficiente per far partire il Sii in Calabria esiste eccome, e certamente non è rinvenibile nel fallimento di SoRiCal. Esso è tracciato nella legge (Testo Unico Ambiente) e passa nel far finalmente predisporre, da soggetto altamente qualificato, un serio Piano d’Ambito (composto da Piano Industriale, Piano Tariffario, e Piano Economico Finanziario) su cui fondare la futura gestione del Sii, che sia ritenuto finanziabile e dunque sia finanziato da un Istituto Bancario, in modo da consentire al futuro gestore del SII quelle risorse finanziarie iniziali per far partire il servizio medesimo e il corposo piano di investimenti strategici che le reti egli impianti idrici, depurativi e fognari calabresi “reclamano” da anni! La domanda allora che resta è solo una: cosa aspetta l’Aic a fare quello che la Legge Nazionale le dice di fare?!”
*Commissario liquidatore Sorical
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