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I rapporti col boss Mancuso e il supporto alla cosca. Le motivazioni della Cassazione su Pittelli

Secondo la Suprema Corte, l’avvocato non si limitava a onorare un mandato difensivo ma forniva uno specifico contributo attivando i propri canali all’interno delle forze di polizia e dei servizi di…

Pubblicato il: 11/09/2020 – 0:45
I rapporti col boss Mancuso e il supporto alla cosca. Le motivazioni della Cassazione su Pittelli

CATANZARO Il 26 giugno scorso la Corte di Cassazione ha stabilito che l’avvocato Giancarlo Pittelli, pietra angolare della maxi-inchiesta “Rinascita-Scott” dovesse rimanere in carcere, pur annullando senza rinvio i reati A-bis1 (rivelazione e utilizzazione di segreti d’ufficio), A-bis4 (rivelazione e utilizzazione di segreti d’ufficio, aggravato dalle modalità mafiose) e a A-bis5 (abuso d’ufficio aggravato). Ma il concorso esterno resta e secondo gli ermellini la detenzione ha ragione di sussistere non solo a causa della vicinanza di Pittelli, penalista ed ex parlamentare di forza Italia, ad esponenti di primo piano della ‘ndrangheta ma anche per «l’inclinazione del predetto ad avvalersi di connivenze e contributi extra ordinem di personaggi operanti all’interno delle forze di polizia e dei servizi di intelligence». LA Corte di Cassazione non esita a definire di disvelamento della concreta pericolosità sociale di Pittelli il quale «è stato reputato immeritevole di credito fiduciario in ordine al rispetto di eventuali prescrizioni, correlate alla possibilità di comunicazione con l’esterno».
LA FASE CRITICA DELLA COLLABORAZIONE DI MANTELLA Quando si diffuse la notizia della collaborazione di Andrea Mantella con la giustizia per la cosca Mancuso si sarebbe aperta un fase critica per il sodalizio criminale vibonese. È in questo momento che sarebbe venuto fuori il supporto, il contributo straordinario dell’avvocato, sganciato dalle sue funzioni professionali. Concordano con le decisioni del Tribunale di Catanzaro gli ermellini: «Va invero rimarcato come sulla base dell’analisi del Tribunale il Pittelli sia stato descritto come soggetto in grado di porre la sua sfera di relazioni e di conoscenze a disposizione della consorteria e come in particolare in presenza di una situazione di grave criticità per il sodalizio il predetto si fosse attivato compulsando i suoi canali, per acquisire informazioni tali da consentire agli organi dell’associazione di valutare con miglior cognizione di causa la situazione, onde trarne elementi di giudizio, ai fini delle conseguenti determinazioni». Si configura così la gravità indiziaria in ordine all’ipotesi di concorso esterno. «Secondo quando già posto in luce – scrivono i giudici –, non si trattava semplicemente di onorare un mandato difensivo, ma di fornire uno specifico contributo extra ordinem, in una situazione di fibrillazione della consorteria, dovendosi inoltre rilevare come ogni tipo di informazione aggiuntiva avesse la capacità di attenuare quella criticità e dunque di incidere sull’esistenza e operatività del sodalizio, sia che si trattasse di acquisire informazioni allarmanti sia per converso che potessero acquisirsi rassicurazioni sul conto dei sodali». «Da ciò discende che è effettivamente ravvisabile a carico del ricorrente la gravità indiziaria in ordine all’ipotesi di concorso esterno, connotato dalla capacità del ricorrente di costituire un valido punto di riferimento, ben oltre i limiti sottesi alla sua qualità di legale, e, nello specifico, dalla concreta sua attivazione, in una situazione critica, tale da consentire agli esponenti della consorteria di operare in condizioni di maggiore sicurezza e avvedutezza».
CONCORSO ESTERNO Secondo l’accusa l’avvocato rispondeva al boss Luigi Mancuso, considerato a capo della ‘ndrangheta vibonese. Ma la Cassazione ha modificato questa visione ritenendo il penalista a disposizione della consorteria: «La vicinanza del ricorrente al Mancuso è stata ampiamente documentata attraverso il riferimento ai lusinghieri giudizi espressi dal Pittelli sul conto del boss e agli incontri riservati con il predetto, in cui il Pittelli era per lo più accompagnato da Giamborino e mostrava estrema cautela per sfuggire a controlli e pedinamenti, incontri comunque non finalizzati specificamente a trattare questioni inerenti all’espletamento di mandati difensivi. Ma accanto a ciò è stato dato conto di interventi specifici richiesti al Pittelli, nell’interesse della cosca o di suoi esponenti, e di altri episodi comunque coinvolgenti il rapporto tra il ricorrente e la consorteria o il suo esponente apicale».
Parte oggi la fase preliminare del processo “Rinascita-Scott” contro le cosche del Vibonese. In tutto gli imputati sono 456. Ma davanti al gup, nell’aula bunker di Rebibbia, ne compariranno 452 perché 4, compreso Giancarlo Pittelli, difeso dagli avvocati Guido Contestabile e Salvatore Staiano, hanno chiesto e ottenuto il giudizio immediato e per loro il processo davanti al Tribunale collegiale di Vibo Valentia avrà inizio il prossimo 9 novembre. (ale. tru.)

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