Skip to main content

Ultimo aggiornamento alle 13:33
Corriere della Calabria - Home

I nostri canali


Si legge in: 5 minuti
Cambia colore:
 

Facciolla resta a Potenza. Tornerà davanti al Csm ma il provvedimento resta

Gli ermellini hanno accolto un solo punto (non fondante e non assorbente rispetto agli altri) del ricorso presentato dall’ex procuratore di Castrovillari

Pubblicato il: 06/10/2020 – 14:06
00:00
00:00
Ascolta la versione audio dell'articolo
Facciolla resta a Potenza. Tornerà davanti al Csm ma il provvedimento resta
di Alessia Truzzolillo CATANZARO Niente di nuovo sotto al sole. La sentenza della Corte di Cassazione non muta lo stato dell’arte rispetto alla misura cautelare che è stata adottata dalla sezione disciplinare del Csm nei confronti dell’ex procurato di Castrovillari Eugenio Facciolla che incassa, con l’accoglimento di un solo motivo sui quattro presentati nel ricorso. Certamente non vi è la possibilità che venga meno il provvedimento adottato nei suoi confronti a novembre 2019 e che ha portato all’allontanamento di Facciolla da capo della Procura di Castrovillari. La Corte di Cassazione ha accolto un solo motivo (non fondante e non assorbente rispetto agli altri), sui quattro presentati nel ricorso di Facciolla, difeso dall’avvocato Ivano Iai, riguardo all’azione disciplinare che lo ha investito da parte del procuratore generale presso la Corte di Cassazione e del ministro della Giustizia. Facciola, a novembre 2019, in seguito all’emergere di fatti penali a proprio carico, venuti fuori nel corso dell’indagine “Stige” della Dda di Catanzaro, è stato trasferito a Potenza con le funzioni di giudice civile. Le vicende penali che lo vedono imputato davanti al Tribunale di Salerno (il processo è in fase preliminare e la Procura ha chiesto il rinvio a giudizio del magistrato), competente per i procedimenti nei confronti dei magistrati del Distretto di Catanzaro, hanno mosso la sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura – in seguito alla richiesta del procuratore generale della Cassazione e del ministro della Giustizia – a disporre in via d’urgenza la misura cautelare e provvisoria del trasferimento d’ufficio del procuratore al Tribunale di Potenza con funzioni di giudice civile. IL CASO FACCIOLLA Con l’indagine “Stige” sono emersi fatti di rilevanza penale che hanno indotto la Dda di Catanzaro a inviare le risultanze di indagine alla competente Procura di Salerno. Le accuse, in concorso con altre persone sono diverse: il rilascio alla società di intercettazione Stm srl delle giustificazioni per le infrazioni al codice della strada; l’affidamento alla stessa società del servizio di intercettazione presso la Procura della Repubblica di Castrovillari; l’accusa di corruzione per avere conseguito quale vantaggio personale l’uso di un’utenza telefonica e la installazione di un sistema di videosorveglianza davanti alla propria abitazione. Di queste accuse – delle quali Facciolla risponde davanti al Tribunale penale – la sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura non ha tenuto conto. I reati per i quali il Csm si è mosso riguardano altri capi, ritenuti più gravi e nei quali ha ravvisato «i requisiti cautelari tanto del fumus quanto del periculum».
 Si tratta dell’affidamento a terzi, con abuso della qualità, di atti processuali e dati giudiziari sensibili; vi è il reato di falso materiale ed ideologico per avere predisposto una annotazione di polizia giudiziaria concordata con il maresciallo Carmine Greco, «nonché la consequenziale condotta gravemente scorretta di interferenza tenuta nei confronti dei magistrati della Dda di Catanzaro titolari dell’indagine “Stige”». VIOLAZIONE DEL DIRITTO DI PRIVACY Secondo l’accusa Facciolla, abusando della qualità di magistrato, «poneva in essere con l’ausilio di Vito Tignanelli, titolare de facto di una impresa che svolgeva servizi di intercettazione telefonica (la Stm, ndr) anche per la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Castrovillari, un trattamento illecito di dati giudiziari personali potenzialmente idoneo a pregiudicare il diritto alla privacy». Rispetto a questo punto, ipotizzano gli ermellini, potrebbe non esserci stato trattamento non consentito di dati personali. Dunque il Csm dovrà riesaminare bene le carte e le obiezioni della difesa. Invece per quanto riguarda le altre incolpazioni, tra le quali quella di falso e di interferenza in indagini – l’inchiesta “Stige” – le Sezioni Unite ritengono che il Csm abbia espresso un «argomentato e coerente convincimento» del compendio indiziario contestato a Facciolla». FALSO Dopo l’arresto dell’imprenditore Antonio Spadafora in “Stige”, Facciolla e Carmine Greco avrebbero concordato la redazione di una annotazione nella quale fossero descritte le attività informative che Greco aveva acquisito mesi prima nel corso di interlocuzioni con Antonio Spadafora, documento risultato materialmente falso. Una condotta che rappresenta una grave scorrettezza anche nei confronti dei magistrati della Dda di Catanzaro – titolari del procedimento Stige – che stavano svolgendo indagini a carico di Antonio Spadafora e di Carmine Greco per il reato di associazione mafiosa. IL RICORSO Con il ricorso alla Corte di Cassazione Facciolla ha chiesto l’annullamento del provvedimento preso nei suoi confronti, formulando quattro motivi. Secondo la Suprema Corte l’unico motivo da accogliersi – e da rinviare alla una nuova sezione disciplinare del Csm – riguarda il contestato trattamento illecito di dati giudiziari personali. «… il trattamento illecito in addebito – scrivono gli ermellini – doveva comunque ritenersi realizzato in ragione della oggettività di una condotta (neppure contestata nella sua materialità dal Facciolla) che aveva visto l’incolpato consegnare ad un terzo estraneo (il Tignanelli della Stm) atti “di processi inerenti ad una risalente vicenda definita dalla procura di Salerno per contrasti con il collega Francesco Greco ai tempi in cui era alla Procura di Paola”. La diffusione, in particolare, si sarebbe realizzata nella consegna di tali atti al Tignanelli (presso la cui abitazione-ufficio vennero infatti rinvenuti nel corso della perquisizione Gico) al fine della loro conversione, tramite scannerizzazione, dal formato cartaceo a quello digitale. Il fatto che l’ordinanza impugnata si sia, per così dire, “fermata” alla condotta così individuata integra in effetti i vizi denunciati». Per quanto riguarda il resto – come l’avere concordato con il maresciallo Greco il contenuto e la retrodatazione di una informativa –, la Cassazione respinge la tesi difensiva proposta da Facciolla e dal suo avvocato. «L’ordinanza impugnata non nega il “contrasto esistente all’interno della magistratura calabrese anche in conseguenza della presente vicenda”, come pure testimoniato dalla denunciata campagna mediatica di cui agli esposti presentati dallo stesso incolpato al Procuratore generale di Catanzaro, “tutti volti a screditare l’operato e la figura dei colleghi della Dda e della polizia giudiziaria da essi delegata per le indagini”, ma appunto lo valorizza – in maniera di per sé non irragionevole né contraddittoria – a sostegno del venire provvisoriamente meno delle condizioni di permanenza del dott. Facciolla nel suo ufficio».
Argomenti
Categorie collegate

x

x