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Autobomba a Limbadi, 7mila euro per uccidere Matteo Vinci – VIDEO

I gravi particolari emersi dall’inchiesta “Demetra 2”. Autori del delitto sono considerati Antonio Criniti e Filippo De Marco. Secondo gli inquirenti si sarebbero prestati al crimine per saldare un…

Pubblicato il: 19/10/2020 – 13:09
Autobomba a Limbadi, 7mila euro per uccidere Matteo Vinci – VIDEO

di Alessia Truzzolillo
VIBO VALENTIA
Settemila euro è costata la vita di Matteo Vinci, geologo di Limbadi barbaramente ucciso con un’autobomba radiocomandata il 9 aprile 2018. Suo padre, Francesco Vinci, pur riportando gravi ustioni, riuscì a sopravvivere. Uno dei “rimpianti”, per gli assassini, fu proprio il fatto che l’attentato si fosse realizzato solo a metà. Questi, ed altri gravi particolari, sono emersi nel corso della conferenza stampa dell’operazione “Demetra2” (QUI LA NOTIZIA) che ha portato a sette misure cautelari, cinque in carcere e due ai domiciliari. Autori del delitto sono considerati Antonio Criniti e Filippo De Marco. Sono loro che, spiegano gli inquirenti, hanno comprato il materiale e piazzato la bomba sotto la macchina dei Vinci per farla saltare in aria mentre padre e figlio tornavano a casa dopo una giornata di lavoro in campagna, quella campagna, quel terreno, preteso con tracotanza dai Di Grillo-Mancuso, già incriminati nel corso dell’operazione “Demetra1”.
Un omicidio e un tentato omicidio orditi in maniera “spettacolare”, ha detto il procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri, «per spaventare e mandare un messaggio a tutta la provincia di Vibo». Il procuratore ha tenuto a sottolineare come dalle indagini sia emersa a figura di Matteo Vinci quale giovane per bene, che lottava per difendere un latifondo che sostentava la propria famiglia, i cui proventi gli avevano permesso di vivere dignitosamente e di studiare. «La famiglia Vinci non si è piegata, ben sapendo di dovere lottare contro la famiglia Mancuso, potente, capace di interagire con le élite della mafia e con i cartelli della droga Sudamericani», ha aggiunto Gratteri.

TRAFFICO DI DROGA La pista che ha portato agli esecutori materiali del delitto ha disvelato, infatti, un lucroso traffico di droga promosso da Vito Barbara, cognato dei Di Grillo-Mancuso. I carabinieri del comando provinciale di Vibo, del Ros e della sezione del Ros Crimini Violenti – che non ha mai abbandonato le indagini su questo delitto – hanno scoperto movimenti di marijuana per centinaia di chili e di cocaina per svariati chili.

SETTEMILA EURO PER SCONTARE UN DEBITO Criniti e De Marco, secondo l’accusa, si sono prestati all’efferato crimine per saldare un debito di droga, spiega il comandante della provinciale di Vibo, Bruno Capece.
In sostanza, riporta il carteggio delle indagini, Barbara aveva prestato dei soldi ai due indagati. Ed è lo stesso Vito Barbara a sottolineare che «parte di questa somma che lo stesso definiva come “interessi” del capitale prestato, era stata abbonata al debitore come ricompensa per aver fatto “quel lavoro”».
I reati contestati a Criniti e De Marco sono omicidio, tentato omicidio, detenzione e trasporto di materiale esplodente e traffico di sostanze stupefacenti.
Il comandante del Nucleo Investigativo di Vibo, Alessandro Papuli, ha spiegato che un paio di mesi dopo l’attentato Vito Barbara aveva mostrato il timore che le indagini per l’omicidio si rivolgessero contro di lui, visto anche il ritrovamento di 4 chili di marijuana in un garage di pertinenza del gruppo. Le successive indagini dei carabinieri hanno seguito i movimenti gps delle auto, compreso il Doblò di Barbara, e i molti contatti telefonici intercorsi tra quest’ultimo e Criniti e De Marco nei giorni precedenti al delitto. Anche le celle telefoniche di Criniti e De Marco, poi, sono state rintracciate a Limbadi il giorno del delitto. I due indagati sono entrambi di Soriano, considerati legati da parentele con le famiglie criminali degli Emanuele e dei Loielo.
A finire in carcere è stato anche Pantaleone Mancuso, per il traffico di stupefacenti vista «la disponibilità dimostrata verso il Barbara nel procurargli con estrema facilità canali di traffico sono sintomatici dell’adesione prestata dal Mancuso, con la necessaria affectio societatis, al programma associativo del Barbara e degli altri suoi sodali. Anche a proposito del Mancuso Pantaleone si rinvengono passi di intercettazioni che lo vedono discutere con il Barbara — o con altri sodali – condividendo le decisioni relative al prezzo al quale concludere la trattativa ed ai compensi che gli sarebbero toccati». Un’organizzazione feroce e fortemente connessa su tutto il territorio. Per queste ragioni, ha anticipato il procuratore Gratteri durante la conferenza, il territorio di Vibo Valentia avrà ­destinati quattro magistrati della Dda, uno in più di quelli che già vi lavorano (Antonio De Bernardo, Annamaria Frustaci e Andrea Mancuso). E lo stesso Gratteri segue direttamente, senza il filtro di un aggiunto, le indagini su Vibo. (a.truzzolillo@corrierecal.it)

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