Venerdì pomeriggio si è tenuto l’interessante convegno nazionale “Società benefit o azienda di diritto pubblico: cosa è meglio per i cittadini?” organizzato dal Ccadbr (Coordinamento di comitati e associazioni toscane per la depurazione, le bonifiche e la ripubblicizzazione del servizio idrico) e dal Forum italiano dei Movimenti per l’Acqua. Al convegno, che ha visto la partecipazione di rappresentanti istituzionali, associazioni e comitati da tutta Italia, ha preso la parola anche il professor Pozzoli, firmatario di un documento comparativo tra azienda speciale e società di capitali per conto di Gaia Servizi Idrici (gestore idrico del nord della Toscana), e soprattutto consulente dell’Autorità idrica calabrese per la definizione della forma di gestione del servizio idrico regionale.
Le parole del prof. Pozzoli hanno confermato la prima parte della nostra (facile) profezia, risalente ormai a più di un mese fa (qui il link del precedente intervento): il suggerimento per l’Aic è una gestione privata a capitale pubblico, ossia, traducendo per i profani, una Spa pubblica.
Come riconosciuto da tutti, le condizioni attuali sono talmente disastrate che è semplicemente inconcepibile una messa sul mercato del servizio. Deve essere prima risanato. Il problema è… il poi. Poi, ci saranno da risolvere i problemi della rete idrica regionale, che molto probabilmente (la seconda parte della nostra profezia) sarà affidata ad una “nuova” Sorical che entrerà su tutto il ciclo idrico integrato, non solo l’adduzione, ma altrettanto probabilmente non potrà prendere in carico l’enorme mole di problematiche disseminate sul territorio e si concentrerà molto sulla bollettazione. Poi, ancora (la terza parte della profezia), ci sarà la possibilità di rimettere sul mercato la società risanata, cioè cedere le azioni ad un privato, opzione che la scelta della Spa pubblica consente, confermando ancora una volta il motto sempreverde «privatizzare i profitti, socializzare le perdite».
La scelta della gestione dei servizi pubblici “in house” mediante società, proliferata molto nel nostro Paese, è a nostro giudizio dovuta, principalmente, alla volontà, da parte degli amministratori pubblici, eletti, di liberarsi dall’onere e impegno di una funzione che, comunque, compete a loro. Non è una scelta politica, è una scelta opportunistica. Nella maggior parte dei casi il “controllo analogo” si limita all’approvazione del bilancio quasi sempre in modo acritico e senza un suo reale approfondimento e comprensione. Peraltro, la società a gestione privata di un servizio pubblico è in realtà un’anomalia con qualche dubbio di legittimità. Le società, anche a capitale totalmente pubblico, devono rispettare vincoli e regole dettate dal Codice civile ed essendo, il Codice civile, destinato a regolare le attività economiche private, sono una contraddizione e negazione delle regole cui devono uniformarsi le pubbliche amministrazioni.
Per l’ennesima volta, ribadiamo che acqua bene comune non vuol dire capitale pubblico, ma gestione pubblica, ossia azienda speciale. Non si dica che con la Spa pubblica si è pubblicizzato il servizio idrico, nelle condizioni in cui versa nella nostra regione si tratta di una scelta forzata, opportunistica e molto probabilmente provvisoria. Acqua bene comune vuol dire gestione trasparente e partecipata, coinvolgimento diretto e responsabilizzazione delle istituzioni di prossimità e dei cittadini. Un modo bellissimo e nobile per declinare il concetto di democrazia.
Coordinamento calabrese acqua pubblica “Bruno Arcuri”
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