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«La Calabria rivendichi il diritto di concorrere»

di Candida Tucci*

Pubblicato il: 15/11/2020 – 14:06
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«La Calabria rivendichi il diritto di concorrere»
Interviste shock e video “no mask” spopolano sui social negli ultimi giorni rendendo il clima emotivo incandescente, in aggiunta alla preoccupazione per nostra la salute in un momento come questo, mutilati delle nostre libertà individuali, del nostro lavoro e della nostra economia. Finanche il premier Conte ed il ministro alla Salute, Roberto Speranza, sottolineano ripetutamente lo scandalo calabrese. Addirittura, il premier Conte, evidentemente folgorato sulla via di Damasco, dichiara con un tweet “che la Calabria merita un commissario migliore” e che avrebbe lasciato immediatamente di occuparsi di tutte le altre questioni per sostituirlo nel più breve tempo possibile. Male la prima, peggiore la seconda!!! Apprezziamo la reazione immediata, ma rimaniamo perplessi allorquando l’ingenuo (si fa per dire) stupore proviene dalle più alte cariche istituzionali dello Stato. Sono anni che la gestione commissariale della Sanità in Calabria viene bocciata dalle verifiche sul raggiungimento degli obiettivi del Piano di Rientro; verifiche che competono proprio al Tavolo di Monitoraggio permanente presso il Ministero della Salute. Non ultima, quella dell’1 agosto 2019 che riporta valutazioni di questo tenore: “…una sostanziale inerzia nel raggiungimento degli obiettivi…il mancato raggiungimento della soglia di adempienza dei Lea…criticità nell’area della prevenzione…peggioramento nell’efficienza della rete dell’emergenza-urgenza-territoriale”. Le incisive azioni giornalistiche talvolta riescono a fare breccia nelle verità più difficili. Giova, però, completare il disastroso quadro con tutti i tasselli. Undici lunghi anni di commissariamento della Sanità in Calabria hanno comprovato quello che le norme prevedono già in modo chiaro, ovvero che Piano di Rientro e Commissariamento sono strumenti correttivi straordinari, cui ricorrere in modo temporaneo e chirurgico per produrre risultati positivi (tre anni) e ristabilire la normalità in tempi rapidi. Diversamente, la loro cronicizzazione non solo non produce i risultati sperati, ma si risolve in un controproducente e deleterio effetto. Sarebbe riduttivo cedere alla seduzione di addossare la causa del fallimento alla incapacità di chi ha rivestito i ruoli commissariali e politici, poiché cavalca l’onda e attrae consenso. La verità è (anche) altra. Il Piano di Rientro e il Commissariamento sono strumenti normativi straordinari che non possono essere definitivamente implementati nel sistema, così trasformandosi in metodo ordinario ed eterno di gestione della Sanità di una Regione. Tale indirizzo allontana i luoghi decisionali delle politiche sanitarie dai territori, inibisce drasticamente la possibilità di sperimentare scelte politiche efficaci in termini di risposta e riparatorie in termini economici. E, soprattutto, elide definitivamente il concetto responsabilità politica, che è alla base della democrazia rappresentativa, posto che con l’esercizio del voto si sanziona (o premia) l’attività di governo. Ma in Calabria l’attività di governo locale della sanità è cessata da undici anni. Tutto ciò, allora, fa nascere anche il ragionevole sospetto che la Calabria stia divenendo laboratorio della cosiddetta democrazia autoritaria, che fa capolino in altre parti del mondo. Questa, però, è un’altra storia. Il Piano di Rientro prevede un serrato controllo dello Stato sulla spesa finalizzato soltanto alla riduzione del debito delle Regioni. Tuttavia, proprio per tale unico obiettivo (riduzione del debito), risulta uno strumento inadeguato alla programmazione e riqualificazione di lungo termine dei servizi e, ancor meno, utile a spezzare il binomio cattiva politica/cattiva sanità. Il commissariamento, poi, privando le Regioni delle loro funzioni esecutive, affidate ad un commissario di nomina governativa, e lasciando loro le sole funzioni legislative (adozione Piano sanitario regionale…) aumenta la cesura tra coloro programmano (legislatore regionale) e colui che spende (commissario straordinario), duplicando i centri di gestione e controllo. Ne consegue che la separazione istituzionale tra i sistemi di intervento si irrigidisce ulteriormente, con definitiva paralisi del sistema, come è sotto gli occhi di tutti, considerato che la Calabria è stata collocata in zona rossa non per l’aumento di contagi, ma per l’impreparazione delle strutture sanitarie a fronteggiare la crisi pandemica. Nelle Regioni commissariate – tutte e non solo la Calabria – la scarsità dei risultati raggiunti in tema di riequilibrio economico finanziario (anche rispetto ai sacrifici affrontati dai cittadini in termini di risposte ai bisogni) ed i tempi più lunghi di rientro nei deficit, dimostrano che la strada giusta non è quella di ingessare le organizzazioni istituzionali per l’erogazione dei servizi, quanto – piuttosto – quella di renderle più flessibili in una logica anche di forte integrazione tra Sanità e Welfare. Le Regioni dove è stato raggiunto un alto grado di integrazione tra Welfare e Sanità, difatti, registrano indici di soddisfazione dei bisogni molto elevati ed apprezzabile razionalizzazione della spesa. Purtroppo, a tutt’oggi, l’integrazione socio-sanitaria è, in alcune Regioni tra cui la nostra, un obiettivo lontano. Addirittura ancora lo Stato centrale mantiene ancora separate Sanità e Welfare con due ministeri distinti. Altrettanta separazione si ritrova spesso anche a livello regionale con assessorati alla Salute e al Welfare diversi. Ne conseguono programmazioni separate e quasi sempre incongruenti (Piano Sanitario Nazionale da un lato e Piano Sociale Nazionale dall’altro, Patti per la Salute e via dicendo). In Calabria, in modo particolare, una errata riforma del 2019 dei servizi socio-assistenziali, i cui danni si stanno consumando in questi mesi in modo devastante seppure non elevati agli onori della cronaca, alza muri invalicabili con la Sanità e frattura definitivamente i sistemi di intervento alla persona. Il compimento di una sostanziale e profonda integrazione socio-sanitaria rappresenta, nella nostra Regione, la vera e unica soluzione per riuscire a dare risposte agli stati di bisogno, nel rispetto della necessità del contenimento della spesa. Questa è la vera sfida sulla quale occorre che la Calabria sia pronta a giocare una partita importante, piuttosto che tarparle ancora le ali e mutilarla per l’ennesima volta, in un altro infinito e pernicioso commissariamento. Il governo Nazionale non può dimenticare che la Sanità è materia concorrente tra Stato e Regioni ed alla Calabria deve essere consentito di concorrere, perché così vuole la nostra Costituzione. Per ciò è fondamentale ridare fiducia alla nostra Regione, rispettando il consenso democraticamente espresso dai calabresi. Ai calabresi che, cadendo nella trappola dell’equivoco, augurano ancora oggi alla Calabria un “commissario migliore” studiando – magari – (con nomi sicuramente di valore, ma d’effetto, o soluzioni magiche) vogliamo dire che, invece, è il momento di rivendicare il nostro diritto alla responsabilità politica, le nostre competenze e capacità per costruire una regionalità di valore. E’ necessario abbandonare, una volta per tutte, strade rinunciatarie, delegative o persino espropriative. La Calabria non ha bisogno che il meglio arrivi da lontano. *Presidente Regionale Filiera Sanità Confapi Calabria
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