di Roberto De Santo
CATANZARO Bambini e ragazzi soprattutto se di sesso femminile pagano un prezzo decisamente salato nell’essere nati in Calabria. Nella regione più povera d’Italia e tra quelle agli ultimi posti anche in Europa su veri indicatori di ricchezza, infatti, il divario in servizi dedicati all’infanzia e all’adolescenza con il resto del Paese è decisamente marcato. Ad iniziare dagli asili nido per poi proseguire al livello medio di insegnamento nelle scuole. Tanto che rischiano più che in altre aree di abbandonare gli studi, non lavorare e non essere inserite in alcun percorso di formazione. Una sorta di limbo che condanna già oggi, in Calabria il 36,2% delle giovani, contro il 34% dei coetanei maschi. Dati inferiori solo a quelli siciliani. Un quadro devastante che emerge dall’XI edizione dell’Atlante dell’infanzia a rischio in Italia “Con gli occhi delle bambine” redatto da Save the Children Italia e pubblicato a pochi giorni dalla Giornata mondiale dell’Infanzia e dell’Adolescenza. Ebbene sfogliando il report dell’organizzazione che si occupa della difesa dei bambini, si nota la presenza di quella che i redattori del rapporto definiscono “zona rossa” in Calabria della povertà educativa.
Un territorio in cui nascono sempre meno bambini, mentre crescono quelli a rischio di scivolare anche in una condizione di difficoltà economica. Incrementando ulteriormente la distanza tra la Calabria e le aree più ricche dell’Italia.
Secondo quanto emerge dalla ricerca, in Calabria, il 42,4% dei minori vive in condizioni di povertà relativa, attestandosi al primo posto di questa triste classifica, all’estremo opposto rispetto ai territori più virtuosi, quali il Trentino Alto Adige (8,3%) e la Toscana (9,8%) che presentano le percentuali più basse di minori in povertà relativa. Un dato relativo al 2019 che non tiene ancora conto degli effetti devastanti dell’esplosione dell’epidemia da coronavirus anche in Calabria sull’economia reale.
Secondo gli esperti di Save the children, questo quadro sarà destinato a peggiorare. «Già prima dell’emergenza Covid – denuncia Daniela Fatarella, direttrice generale di Save the Children Italia – l’ascensore sociale del Paese era fermo: in Italia si è rotto il meccanismo che permetteva di migliorare la propria condizione, di costruirsi un futuro migliore. Un Paese che aveva già dimostrato di aver messo l’infanzia agli ultimi posti tra le proprie priorità e che di fronte a una sfida sanitaria e socioeconomica come quella che stiamo affrontando, stenta a cambiare strada mettendo i bambini e gli adolescenti al centro delle proprie politiche di rilancio».
«Abbiamo una generazione intera da proteggere – sottolinea Fatarella – una generazione per la quale il futuro si costruisce a partire da oggi, in Calabria così come nel resto del Paese. E in questa spinta per la ripartenza, le bambine e le ragazze possono e devono essere un volano di sviluppo. I dati e le analisi tracciano per loro un percorso pervaso di ostacoli, sfide, problemi, ma mostrano allo stesso tempo la loro capacità di resilienza, il loro saper fare di più anche con minori risorse e la loro spinta a proiettarsi verso l’esterno, a impegnarsi nella vita pubblica. Nell’ambito del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza per il Next Generation Eu che l’Italia sta definendo, c’è la volontà di impegnarsi nel superamento delle diseguaglianze di genere. È fondamentale andare alla radice di queste diseguaglianze, prevedendo investimenti specifici dedicati a liberare talenti e potenzialità dell’universo femminile. Se per uscire dalla crisi il nostro Paese intende davvero scommettere sulle capacità delle donne, questa scommessa dovrà partire dalle bambine, a partire da quelle che vivono nei contesti più svantaggiati».
DENATALITÀ Quest’anno l’Atlante apre una finestra particolare sulla condizione dei giovani e dei bambini in Calabria. Leggendo questi dati emerge una denatalità che colpisce la Calabria in questi ultimi anni. Un fenomeno che viene definito “smottamento demografico” che interessa tutta l’Italia: : negli ultimi dieci anni abbiamo perso oltre 385mila minori, che oggi rappresentano il 16% del totale della popolazione mentre l’incidenza degli 0-14enni è la più bassa tra i Paesi dell’Ue (13,2% contro il 20,5% della capofila Irlanda). Ebbene la provincia più colpita in Calabria dal fenomeno è quella di Cosenza. Qui soltanto il 15,4% dell’intera popolazione residente è composta da minori, mentre il Crotonese registra il dato più alto nella regione (17,7%).
Nel corso del 2019 sono nati in Calabria solo 14mila bambini che segna una decrescita – in realtà come nel resto del Paese – della natalità. A contenere il fenomeno di calo demografico solo la presenza di stranieri. In Italia i minori extracomunitari rappresentano l’11% del totale. Tra le province calabresi con le percentuali più alte di minori c’è Reggio Calabria (6,7%) seguita da Catanzaro (6,2%).
POVERTÀ EDUCATIVA Il discrimine nel nascere in Calabria inizia già in tenerissima età. La regione è infatti maglia nera per offerta asilo nido o un servizio per la prima infanzia: nell’anno scolastico 2018/2019 solo il 3% dei bambini, dato più basso in Italia, aveva accesso a servizi pubblici offerti dai Comuni. Un dato decisamente lontano rispetto alle aree più ricche del Paese, basti considerare il 28,4% della provincia autonoma di Trento e il 27,9% dell’Emilia Romagna. Un discrimine che segna già da giovanissimi il percorso formativo di quanti sono nati in Calabria e che poi continua anche nel prosieguo della vita: nella regione quasi 1 giovane su 5 (19%) abbandona la scuola prima del tempo, lontano dalla media nazionale che segna un tasso di dispersione scolastica del 13,5%. Ed è sempre la Calabria, a registrare un altro dato negativo: il 35,1% dei giovani non studia, non lavora e non investe nella formazione professionale. Un valore che pone la Calabria al penultimo gradino della classifica nazionale inferiore solo alla Sicilia.
ULTIMI PER ACCRESCIMENTO CULTURALE Sempre analizzando i dati del report, emerge che la Calabria detiene anche tristi primati per quanto attiene la lettura e la pratica di sport tra i giovanissimi. Elementi che viceversa rappresentano un meccanismo di crescita culturale dei minori anche al di fuori della scuola. Ebbene nell’Atlante stilato da Save the Children, risulta che tra il 2018-2019, in Calabria più di 6 minori su 10 tra i 6 e i 17 anni non leggevano neanche un libro extrascolastico all’anno (63,8%, un dato ben superiore al 48% a livello nazionale), mentre il 30% dei bambini o adolescenti tra i 3 e i 17 anni, quasi 1 su 3, non praticava alcuna attività sportiva, molto distante dalla media nazionale del 22,4%.
DIVARIO DI GENERE TRA MINORI Scorrendo i dati diffusi dall’Atlante dell’infanzia a rischio di Save the Children, si nota un divario di genere tra i minori in Italia che non accenna a ridursi, nonostante bambine e ragazze siano più brave dei loro coetanei a scuola, abbiano meno bocciature e abbandoni scolastici, si mostrino più resilienti e cooperative, abbiano competenze maggiori in lettura e in italiano e arrivino a laurearsi molto più dei ragazzi: tra i minori tra i 6 e i 17 anni le bambine e le ragazze leggono più dei maschi (non ha l’abitudine alla lettura il 53,6% dei maschi contro il 41,8% delle ragazze) e hanno migliori competenze in matematica e in italiano (tra i maschi il 26,1% non raggiunge la sufficienza contro il 22,1% delle ragazze). Anche in Calabria questa tendenza emerge ma peggiora il dato complessivo sulle competenze. I dati migliori sono quelli di Catanzaro con il 33,8% delle ragazze e il 37,9% dei ragazzi che non raggiungono competenze minime, i peggiori risultano nella provincia di Crotone, con il 41,6% delle ragazze e il 52,1% dei ragazzi. Numeri lontanissimi dagli esempi virtuosi di Sondrio (7,4% ragazze) e Como (9,6% ragazzi).
IL LAVORO CHE NON C’È Un elemento quello della bassa istruzione che poi si riflette sull’occupazione secondo l’assioma: minore è il livello di formazione minore è la possibilità di trovare lavoro. Una situazione che, come fotografa Save the Children, diventa svantaggio doppio per le ragazze che vivono in Calabria. Chi risiede nelle province calabresi, accumula lacune nella materie scientifiche già ravvisabili dal secondo anno della scuola primaria, ma che crescono via via: le bambine alla fine della primaria ottengono un punteggio medio ai test Invalsi di matematica inferiore rispetto ai coetanei. In media nella provincia di Catanzaro durante il percorso scolastico arriva a toccare -7,5 punti, superiore al -6,1 a livello nazionale, mentre la provincia calabrese più virtuosa in tal senso è Reggio Calabria, dove la differenza di punteggi in matematica si assottiglia a -3,1.
Una divergenza che si riflette poi sulle scelte future di genere. In Calabria, ad esempio, più di 1 ragazza su 3 (36,3%) si diploma al liceo classico o scientifico, quasi 1 su 4 si diploma in un istituto tecnico (24,3%).
E che incide anche sulle scelte future sia all’università (poche giovani in Italia scelgono le facoltà in ambito scientifico-tecnologico (Stem): solo il 16,5% delle giovani laureate tra i 25 e i 34 anni ha conseguito il titolo in questo settore, a fronte di una percentuale più che doppia (37%) per i maschi. Un percorso che conduce alla segregazione orizzontale nel lavoro e nelle carriere, nei settori più innovativi (STEM e ICT).
Così si riflette soprattutto nel mondo del lavoro e nella costruzione del proprio futuro: in Calabria le giovani neet sono il 36,2%, 34% i coetanei maschi, tra i dati più alti in Italia (24,3% contro il 20,2% dei maschi). Numeri che pongono la Calabria con il numeri più alti di giovani che finiscono ai margini della società. (r.desanto@corrierecal.it)
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