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«De Magistris, d’Urso e Sgarbi. Avanti Calabria!»
di Mimmo Nunnari*
Pubblicato il: 28/12/2020 – 15:09
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Luigi de Magistris si vuole candidare alla presidenza della Giunta regionale della Calabria, immaginiamo perché sua moglie è di Catanzaro e perché in quella città ha fatto il magistrato; Barbara d’Urso ci ha pensato di candidarsi, perché sua mamma è di Sant’Eufemia d’Aspromonte e Vittorio Sgarbi lo ha chiesto, perché lui si candida dappertutto, ma l’elenco, in aggiornamento, può riservarci sorprese dato che la Calabria non riesce ad esprimere autonomamente un candidato, politicamente e trasversalmente forte. Ed è giusto che sia così, che si faccia questo gioco dall’alto, dato che i partiti in Calabria, e chi li rappresenta, contano quanto il due di coppe quando briscola è a bastoni, cioè niente. È emblematica, dell’irrilevanza politica della Calabria, la situazione dei partiti. Tutti, o quasi, commissariati: Pd, Forza Italia, Lega, Fratelli d’Italia, Leu, 5 Stelle, e così via. Segno della sudditanza di una regione senza leader o che ammazza i leader o li nasconde, perché i coloni per vivere debbono servire i loro padroni indisturbati, e tirar fuori, ogni tanto, specchietti per le allodole, come quando nel Pd per la Camera dei deputati è stato candidato l’antropologo Vito Teti in una posizione che neanche uno scalatore come Charly Gaul, ciclista che chiamavano “Angelo della Montagna”, ce l’avrebbe mai fatta, tenuto conto che il sistema elettorale in Italia è così blindato e sotto controllo che neanche la buonanima di Leonida Breznev ai bei tempi, c’era riuscito in Unione Sovietica a farne uno simile. Così è. I partiti in Calabria non hanno diritto alla parola e men che meno alla decisione. Si decide a Roma: Zingaretti, Meloni, Bersani o Speranza, Di Maio e Crimi, o a Milano, Salvini e Berlusconi. Se in televisione, in quel momento passa Barbara d’Urso, ecco l’idea: l’eureka, la soluzione di un difficile problema. Così Zingaretti, che sfoglia la margherita: imprenditore, politico nuovo o politico vecchio e finisce con scegliere Callipo, che poi saluta e se ne va. Della Calabria non interessa niente a nessuno. Vanno e vengono i ministri, quando c’è odore di campagna elettorale. Chi promette ponti, strade nuove, scuole, ma non riesce da un anno a nominare un presidente per l’Autorità portuale di Gioia Tauro, come la ministra De Micheli. Misteri poco gloriosi, anche perché l’attuale commissario Agostinelli è l’unico commissario nella storia dei commissari infinita della Calabria che ha funzionato, e non si capisce cosa si aspetta a riconfermarlo. Trame, ma non sappiamo quali e perché. Ci siamo abituati. Una volta un ministro dei trasporti genovese minacciò il presidente della Ferrovie se un solo treno fosse partito dal porto di Gioia Tauro, cosa utilissima per lo scalo più grande del Mediterraneo, ma che avrebbe danneggiato il porto a lui caro di Genova. Tutti zitti i sudditi in Calabria, allora come oggi. Tutti zitti quando Salvini impone Spirlì alla Santelli come suo vice presidente e zitti quando impone Minicuci candidato a sindaco di Reggio Calabria, spianando la strada alla rielezione di Giuseppe Falcomatà. Chissà, cosa usciranno fuori adesso dal cilindro Zingaretti, Di Maio, Salvini, Meloni, Berlusconi, a cui della Calabria non interessa niente. Tutto si esaurirà in una lotta meschina per il potere, finalizzata a perpetuare il consenso e a non realizzare niente. Incapacità strutturale, contaminazione con mondi malavitosi, mediocrità, sono i tratti distintivi della classe politica regionale, salvo rare eccezioni. In Calabria la democrazia è vacillante, le regole saltano, i diritti sono violati. È questa la Calabria che si giudica perduta e irredimibile. Trent’anni fa Massimo Nava inviato del Corriere della Sera fece una cronaca impietosa di questa regione. Scrisse: «La Calabria non esiste e se esiste è la vera ultima “isola” italiana; isola d’infelicità, d’incuria e di corruzione, un “sud del
sud” sempre più tagliato fuori dal resto del Paese, dimenticato dalla coscienza nazionale, abbandonato da uno Stato che lascia in avamposti perduti i suoi uomini migliori». Se cambiamo la data di quell’edizione del Corriere della Sera non è cambiato nulla.
*giornalista e scrittore
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