LAMEZIA TERME Il blocco delle attività produttive fermate per le norme tese a limitare l’espandersi del Coronavirus ha avuto effetti pesanti anche sul comparto primario calabrese. Così, nonostante apparentemente sia stato tra i segmenti meno colpiti dalla crisi, in realtà l’agricoltura sta soffrendo – come altri settori – dell’attuale congiuntura negativa che sta caratterizzando l’economia calabrese.
Basti pensare alle conseguenze sul comparto del fermo – praticamente ininterrotto – dell’intero settore dell’industria alberghiera, della ristorazione e dei catering che di fatto ha avuto ripercussioni pesantissime sui fatturati delle imprese agricole calabresi. Così come non sono trascurabili i contraccolpi sul settore dello stop al movimento delle merci verso altre regioni e, soprattutto, verso l’estero. Il dato riportato dal bollettino sull’aggiornamento congiunturale di BankItalia sull’economia della Calabria, dimostra come si sia registrata una flessione consistente degli scambi con gli altri Stati. Soprattutto verso i Paesi extra Ue.
Aspetti che dunque hanno influito sul quadro generale del comparto soprattutto dopo l’ennesimo blocco imposto dalla seconda ondata di contagi da Covid che ha travolto questa volta anche la Calabria tra l’autunno e l’inverno in corso. E che potrebbero avere ripercussioni anche per l’anno che si è appena aperto. Soprattutto se il fermo proseguirà – come ventilato dalle ultime indicazioni del Comitato tecnico scientifico – anche per il 2021 per il segmento Horeca cioè il canale di distribuzione dell’agroalimentare che interessa hotel, ristoranti, pizzerie, bar, mense e catering. Un timore ventilato anche dal presidente di Confagricoltura Calabria, Alberto Statti.
Presidente, l’evoluzione dell’epidemia e i suoi effetti sui cittadini hanno dimostrato il ruolo centrale che il settore agricolo ha svolto per garantire l’approvvigionamento dei beni essenziali. È stata una lezione anche per la politica. Secondo lei è stata recepita?
«Sì purtroppo c’è voluta una pandemia per dimostrare quanto è importante per il Paese il settore agricolo, il quale ha fatto la sua parte fino in fondo senza risparmiarsi e senza arretrare neppure di un millimetro anche quando in Italia le salme venivano trasportate con i mezzi militari. La sua centralità è stata sicuramente recepita, ma il rischio che tutto questo possa essere dimenticato rapidamente esiste. Il nostro è un Paese dalla memoria corta. Passata questa fase critica, è facile che si accantonino misure e interventi promessi e tesi a rafforzare l’intera filiera agricola e tutelare un comparto strategico per la tenuta economica e sociale dell’Italia. Se non ci fosse stato chi come in Calabria ha proseguito a lavorare e ha garantito che i banchi alimentari non restassero vuoti, oggi saremmo qui a raccontare un’altra storia. Per questo invito la politica e le istituzioni a fare tesoro di questa esperienza e di mettere in atto una strategia per sostenere concretamente il rilancio del comparto che ha sofferto, come altri, gli effetti della pandemia».
E dunque come si chiuderà questo 2020 per le imprese agricole calabresi?
«Guardi non c’è dubbio che anche in Calabria gli effetti della crisi economica scatenata dalle misure di contenimento dei contagi si sono registrati tra le imprese agricole. Soprattutto quelle legate da un verso alla stagionalità del momento del blocco delle attività e dall’altro alla riduzione dei consumi di intere filiere che si sono fermate. In particolare da subito sono stati individuati 4 comparti maggiormente colpiti: il florovivaismo, il lattiero/caseario, il vitivinicolo e l’agrituristico. Settori che, come il florovivaismo, hanno visto praticamente azzerarsi i propri guadagni. Proprio per questo sono stati stanziati in Calabria a sostegno di questi settori 21 milioni di euro e ripartititi, secondo diversi criteri, fra le aziende che ne hanno fatto richiesta. Ma sono stati solo dei ristori che non hanno ripagato affatto le imprese agricole per gli effettivi danni subiti. Comprendiamo che era il massimo che si poteva fare secondo quanto messo a disposizione dalle risorse della Comunità Europea. Ne deriva, perciò, che i bilanci consuntivi del 2020 delle aziende agricole faranno registrare degli scostamenti considerevoli rispetto a quanto era stato preventivato nello stesso anno. Poi c’è da considerare quanto avvenuto successivamente alla prima ondata di contagi con il lockdown in primavera. Nei mesi successivi, la crisi economica generata dalla diffusione della pandemia ha toccato anche altre produzioni non originariamente individuate in quanto a Marzo non erano ancora in fase di raccolta. Mi riferisco alle clementine e nel comparto ortofrutticolo ai finocchi per i quali è stato da poco dichiarato dalla giunta regionale, lo stato di calamità. Possiamo per questo affermare che è stato un anno terribile per l’agricoltura calabrese e che chiuderà con pesanti ripercussioni sui bilanci di intere filiere».
Cosa ha funzionato e cosa invece non ha funzionato per sostenere l’agricoltura calabrese in questo drammatico anno per l’economia della regione?
«Occorre ricordare che le principali risorse destinate al comparto derivano dai fondi comunitari che vengono veicolati tramite le Regioni dove hanno sede le imprese agricole. È una premessa d’obbligo per comprendere che in realtà quelle risorse che dovrebbero essere complementari rispetto ad altre rimangono di fatto l’unica fonte di sostegno alle politiche agricole del nostro territorio. Per ciò che riguarda l’attività ordinaria del dipartimento Agricoltura della nostra Regione, e mi riferisco alla gestione dei fondi del Programma di sviluppo rurale, è stato dato un discreto impulso alla spesa anche per ciò che attiene la misura 21 “Covid” per la quale sono stati fatti i bandi e le relative graduatorie, anche se si è ancora in attesa dei pagamenti. Inoltre sono state attivate delle procedure semplificate in linea con gli orientamenti comunitari. Ciò che è mancato è l’attivazione di misure straordinarie, da noi invocate da tempo, per consentire agli imprenditori calabresi di poter competere con i concorrenti mondiali, visto che siamo nell’era della globalizzazione e che la crisi legata alla diffusione del Coronavirus ha amplificato i divari territoriali a causa delle perdite di liquidità delle aziende calabresi. Misure che riguardano essenzialmente la sfera finanziaria delle imprese agricole, e cioè facilitazioni nell’accesso al credito con adeguati sistemi di garanzia, tipo quelle attivate per il Covid, e uno strumento capace di consentire di ristrutturare le proprie esposizioni debitorie con ammortamenti quantomeno ventennali. Questo perché le produzioni calabresi nell’ultimo decennio hanno subito politiche commerciali sleali da parte di Paesi del Mediterraneo che, avendo costi di produzione decisamente inferiori, hanno immesso sul mercato prodotti a prezzi bassi, impoverendo soprattutto le imprese del Mezzogiorno d’Italia».
Ritiene che ci saranno contraccolpi anche per l’anno prossimo?
«Dipende molto da come evolverà la pandemia. Se dovessero essere necessarie ulteriori restrizioni sicuramente il quadro economico delle nostre imprese si complicherebbe ulteriormente. Quello che è possibile affermare con certezza è che gli effetti della crisi generata dalla diffusione del Coronavirus con i blocchi delle attività protratte nel tempo, la caduta dei consumi e il fermo di intere filiere produttive si faranno sentire ancora nei prossimi mesi. La mancanza di liquidità è un dato di fatto e inciderà sulla capacità da parte delle imprese di compiere investimenti importanti nell’immediato. Inoltre i dati sul livello di fiducia dei consumatori degli ultimi mesi dimostrano che ancora la percezione sul futuro dell’economia tra i cittadini calabresi è negativa. Ma siamo imprenditori e per nostra natura puntiamo ad essere ottimisti, per cui ci auguriamo che la situazione possa migliorare soprattutto quando la campagna dei vaccini raggiungerà ampie fette della popolazione. Sono convinto che con un quadro sanitario sotto controllo, i benefici si faranno sentire anche sull’economia reale della nostra regione».
Quali le filiere che potrebbero soffrire di più?
«Sicuramente sono quelle che hanno già registrato i contraccolpi della crisi generata dalla pandemia nel corso del 2020. A partire da quelle legate al canale Horeca nazionale e all’export. Penso per esempio al comparto vitivinicolo che nel 2019 ha fatturato 11 milioni di euro all’estero e per l’anno che si è appena concluso è abbastanza lontano da questo risultato. Ma anche il settore olio ha sentito l’effetto della crisi nonostante nel 2020 la produzione è stata molto più bassa. Il crollo delle esportazioni ha inciso, in questo comparto, in maniera decisamente elevato. Così come il latte fresco bovino è anche in calo con prezzi alla stalla in diminuzione rispetto al 2019. Nel comparto agrumicolo sono le clementine ad aver registrato una battuta d’arresto con prezzi in calo e produzioni compromesse dall’andamento climatico. Mentre nell’ortofrutta la filiera produttiva dei finocchi è entrata in difficoltà. Sono tutti settori che se dovessero permanere le condizioni di difficoltà legate all’andamento pandemico entrerebbero ancor di più in crisi. Certo le più esposte, ma non sarebbero le sole».
Altri territori italiani puntano sull’export per risalire la china. Ma le produzioni calabresi nonostante le eccellenze agroalimentari, non riescono a conquistare fette importati di mercato. Cosa fare per superare questo gap?
«L’export è un canale interessantissimo soprattutto per le produzioni come quelle calabresi che vantano qualità eccelse spesso non riconosciute dal mercato internazionale. Si dovrebbe puntare maggiormente all’aggregazione tra produttori, visto che ancora in Calabria è decisamente elevata la polverizzazione delle realtà produttive. È sicuramente un obiettivo da raggiungere per riuscire a stimolare operatori stranieri ad avvicinarsi alle produzioni locali e immetterle sui mercati oltre i confini nazionali. Il dato sulle esportazioni delle produzione agroalimentari calabresi è importante, ma ancora lontano da quello che potrebbe essere il suo potenziale. Per dare una misura, nel 2019 il fatturato dell’export dei prodotti agricoli (colture permanenti/ agrumi-Kiwi, etc) è stato di 50 milioni di euro, mentre quello dei prodotti lavorati (vino, olio, ortaggi lavorati etc) è stato quasi di 150 milioni di euro. Nei primi 9 mesi del 2020 il fatturato è stato di circa 27 milioni di euro per i prodotti agricoli e di circa 100 milioni di euro per quelli lavorati. Se si riuscisse ad incrementare il valore delle esportazioni, conquistando quote di mercato mondiale, tutta l’agricoltura calabrese e a cascata l’intera economia della regione ne trarrebbero sicuramente beneficio. Ma anche in questo caso, molto dipenderà dall’evoluzione della pandemia che, abbiamo visto, condiziona molto la libertà di scambio delle merci».
L’anno che si apre sarà importante anche sull’utilizzo delle risorse comunitarie. Quali le priorità per aiutare il sistema produttivo calabrese a competere maggiormente?
«Sì, il 2021 sarà un anno decisivo anche su questo fronte. In ballo ci sono molte risorse che provengono non solo dai fondi strutturali della vecchia programmazione, ma quelli che l’Europa destinerà all’Italia per superare gli effetti della pandemia e rilanciarne l’economia. E poi c’è la partita da giocare bene della nuova programmazione. Dunque non c’è dubbio che sarà fondamentale per la Calabria non solo ottenere nuove somme da destinare allo sviluppo della regione, ma utilizzarle al meglio. Occorre in altre parole che si acquisisca una visione d’insieme di come programmare lo sviluppo prossimo della nostra regione. Una strategia che spesso è mancata. Ripeto non è questione di capacità di spesa: attualmente il dato sui fondi comunitari è pari a circa al 60% della dotazione iniziale di 1 miliardo e 89 milioni di euro. Ma di corretto utilizzo. Quello che è successo dopo la crisi innescata dalla pandemia deve servire a far comprendere che è giunto il momento delle scelte coraggiose. È l’Europa che ce lo chiede. Le risorse della Next generation Eu dovranno essere impegnate per costruire un nuovo modello di sviluppo basato sulla green economy. In questo senso l’agricoltura dovrà recuperare la sua centralità. Ma per sostenere questo processo sarà necessario avviare anche una rivoluzione nella macchina amministrativa anche regionale nella direzione dello snellimento delle procedure burocratiche. Ci sarà anche da mettere mano al meccanismo di assegnazione degli investimenti, puntando agli aspetti meritocratici delle iniziative piuttosto che a logiche di rendite di posizione. E a misure rapide per immettere liquidità nel sistema produttivo stremato dalla crisi pandemica. Sono convinto che con le giuste iniziative si potrà innalzare la competitività del sistema produttivo agricolo calabrese e conquistare così fette importanti del mercato».
Il 2021 porterà anche una nuova amministrazione regionale alla guida della Calabria. Come organizzazione cosa si sente di chiedere per il settore?
«Beh, punteremo a rivendicare ciò che abbiamo chiesto fino ad oggi: credere nell’agricoltura come uno dei settore trainanti dell’intera economia regionale. Perquesto chiederemo, come abbiamo sempre ribadito, che chi si appresta a governare la Regione dovrà battersi a livello comunitario e nazionale per offrire possibilità di crescita vera al comparto ed aiutarlo così a contribuire allo sviluppo complessivo della Calabria. Nella consapevolezza che non si va con il cappello in mano ma ci si batte per sacrosanti diritti. Ma, lo ribadisco, occorre una visione di insieme. È necessario avere idee chiare su quale strada si intenderà intraprendere per far rimettere in marcia – questa volta realmente – uno dei settori più strategici che la Calabria possiede: l’agroalimentare d’eccellenza. E per fare questo il nuovo esecutivo dovrà mettere in campo misure precise e conseguenziali ad una puntuale strategia economica e politica per rilanciare il settore. Magari anche facendo rete con le altre regioni del Mezzogiorno e condividendo percorsi virtuosi e qualificanti per le imprese dei territori. In questo senso potranno essere certamente d’aiuto le ingenti risorse del Recovery Fund destinate alle politiche verdi. Certo ognuno dovrà fare la sua parte. Noi come Confagricoltura non ci risparmieremo nel formulare proposte di buon senso ed economicamente sostenibili. Ma ci aspettiamo dalla politica scelte coraggiose e intelligenti con la consapevolezza che il risultato lo fa la squadra che di volta in volta si allestisce per affrontare la sfida del futuro dell’agricoltura calabrese». (r.desanto@corrierecal.it)
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