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Regionali, cresce il fronte dei sindaci che "vogliono dire la loro"
Oltre 20 primi cittadini del Catanzarese aderiscono al documento lanciato da mari colleghi della provincia di Vibo Valentia
Pubblicato il: 16/01/2021 – 13:14
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CATANZARO «Anche noi sindaci della provincia di Catanzaro condividiamo e facciamo nostro il documento lanciato dai colleghi della Provincia di Vibo Valentia (a seguito di un appello promosso da “10 Sindaci calabresi”), a cui stanno aderendo in queste ore numerosi sindaci e amministratori da un po’ tutte le province». Lo affermando i sindaci di 22 Comuni della provincia di Catanzaro: nel dettaglio i sindaci di Amaroni, Argusto, Badolato, Borgia, Cardinale, Chiaravalle, Cortale, Cropani, Davoli, Isca sullo Ionio, Jacurso, Montauro, Olivadi, Palermiti, Pentone, San Pietro a Maida, Satriano, Soverato, Stalettì, Taverna, Torre di Ruggiero, Zagarise. «L’attuale sterile dibattito alla vigilia delle elezioni regionali – scrivono i 22 sindaci del Catanzarese – deve necessariamente riempirsi dei contenuti, che corrispondono alle problematiche che noi amministratori viviamo ogni giorno spesso in solitudine istituzionale. La rete tra sindaci e amministratori di tutta la Regione dev’essere il mezzo per questioni centrali come la programmazione europea, il Mes. Tutti fondi che, se programmati con lungimiranza, possono essere utilizzati come strumento pragmatico per il futuro. Non possiamo delegare ad altri la costruzione del futuro della Calabria, anche perché in queste ore apprendiamo che nel piano “Next generation Italia”, presentato al Governo, mancano investimenti cruciali per la nostra Regione. Messi quotidianamente a dura prova dalla pandemia, ci siamo trovati di fronte a nuovi scenari, carichi di difficoltà, ma anche di opportunità. E’necessariamente giunto il momento della responsabilità e della pianificazione, a cominciare da noi amministratori locali. Siamo pronti al confronto e al dibattito, stanchi di assistere a giochi personalistici e a furbizie per soluzioni imposte dall’alto pensando di poter utilizzare la Calabria esclusivamente come “merce di scambio” e “terra di conquista”».
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