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Assunzioni e favori per gli amici, la ‘ndrangheta «comanda» nell’ospedale di Polistena

La promessa del boss dei “Diavoli” per un’aspirante Oss. Le corsie preferenziali grazie ai rapporti con due primari. il certificato medico falso per un poliziotto. Nell’inchiesta “Faust” della Dda …

Pubblicato il: 19/01/2021 – 6:58
Assunzioni e favori per gli amici, la ‘ndrangheta «comanda» nell’ospedale di Polistena

di Pablo Petrasso
ROSARNO
«Adesso, a gennaio, rientra il primario e l’amico sui il Diavolo parla con il primario e…». I collegamenti tra la cosca Pisano (i “Diavoli”) e l’ospedale di Polistena sono «pregnanti» secondo i magistrati della Dda di Reggio Calabria. D’altra parte, il binomio sanità-‘ndrangheta è un classico delle operazioni antimafia. Tra le corsie delle strutture sanitarie (che siano centrali o di periferia) si consumano piccoli e grandi ingiustizie. E i clan dicono la loro. Nel caso del nosocomio della Piana di Gioia Tauro, uno dei tanti depotenziati in dieci anni di commissariamento che hanno bloccato acquisti e assunzioni, i “Diavoli” potevano esercitare la propria influenza: «In particolare – annotano gli inquirenti –, dall’attività tecnica si desumeva che il capo cosca, Salvatore Pisano, aveva il potere di consentire delle assunzioni». Dalla conversazione tra Angela Pace – figlia di uno dei capi della “società di Rosarno” che gli investigatori ritengono affiliata alla ‘ndrina Pisano – e una donna non identificata «si ricava che Salvatore Pisano aveva promesso» alla donna «di intercedere con un primario dell’ospedale di Polistena al fine di farla assumere in qualità di Oss».
«LÌ COMANDO IO» Le indagini che hanno portato al blitz dell’operazione “Faust” avrebbero permesso di svelare gli appoggi dei quali la cosca godeva in ospedale. Il trait d’union, per i magistrati antimafia, sarebbe Giuseppe Iannace, «sodale» del clan «che, sfruttando le sue conoscenze, assicurava una serie di agevolazioni nell’effettuare le visite mediche». Iannace, anche lui coinvolto nell’operazione, «sfruttava il rapporto che aveva» con uno stretto congiunto (che non risulta indagato, ndr) di Francesco Cutano, che avrebbe il ruolo di “mastro di giornata” all’interno della ‘ndrina. Il parente dell’affiliato lavora infatti come caposala del Pronto Soccorso. Non è l’unico aggancio di Iannace nella struttura sanitaria; ci sono anche due medici con ruoli importanti nei reparti dell’ospedale. È sfruttando questi legami che Iannace si prodiga «per far ottenere una serie di favoritismi a personaggi facenti parte del contesto mafioso locale, fra cui Giovanni Tutino, detto Jonny, figlio di Carmela Pesce cl. ‘47, Maria Antonia Ciurleo, moglie di Rocco Pesce cl. ’57 alias “il pirata” e Giuseppe Pesce alias “U Scarparo”».
Questi favori sarebbero documentati nei brogliacci dell’inchiesta. In una captazione effettuata all’interno della sua autovettura, è lo stesso Iannace a spiegare di avere un ruolo di primo piano nel nosocomio. «Lì comando io», dice.

IL CERTIFICATO FALSO PER IL POLIZIOTTO In un’occasione, Iannace interviene anche per fare un favore a un agente della Polizia di Stato di Bovalino, che si rivolge «a lui al fine di ottenere il rilascio di un certificato medico falso». È il caposala del Pronto Soccorso ad attivarsi per trovare un medico disponibile su sollecitazione di Iannace, che vuole rimediare a quella che definisce una «figura di merda». Probabilmente aveva promesso al poliziotto – che aspettava una verifica del medico del lavoro – un’estensione del suo stato di malattia ma, dopo la visita fiscale, l’agente era stato considerato «clinicamente guarito con postumi», dunque sarebbe dovuto tornare al lavoro. È a questo punto che si attiva la rete di protezione legata al clan dei “Diavoli”. Alla fine, gli agganci in ospedale sortiscono il risultato sperato. Per l’agente arrivano un certificato per ulteriori 14 giorni di malattia. Con prospettive rosee: Iannace comunica a sua figlia – amica dell’agente – che «ha detto che gli ha potuto dare 15 giorni, ma non c’è problema che poi quando deve uscire gliene faccio dare io quanti ne vuole, tranquilla».

IL SERVIZIO DE “LE IENE” Nei faldoni dell’inchiesta finisce anche un servizio de “Le Iene” del 26 febbraio 2019. Viene citato in un’informativa del 23 luglio dello stesso anno per offrire una conferma dell’infiltrazione della ‘ndrangheta nelle faccende sanitarie a Polistena (qui il servizio). Lo spunto è offerto dall’intervista di un soggetto non meglio identificato definito un «dipendente dell’Asp da 40 anni» il quale spiega: «Anno 2014 e 15, reparto di rianimazione devono fare dei lavori di ampliamento. 80mila euro, poi diventano 180mila euro, poi diventano 280mila euro. Li fanno con i malati dentro. Quindi rompono muri, spaccano porte e cose con i malati di rianimazione ricoverati là dentro. Scrivo una lettera, non l’ho mandata, era scritta. Volevo che la smettessero di fare quelle porcherie. Dopo mezz’ora mi arriva uno della ‘ndrangheta di Rosarno, in ufficio». L’intervistatore chiede: «Perché della ‘ndrangheta?». Risposta: «E ti dico il nome, vedi che capisci pure tu. Pino Iannaci, genero di Pesce di Rosarno. È venuto da Rosarno». Con una richiesta esplicita: «Dice che facesti la lettera… ma tu vuoi chiudere l’ospedale di Polistena?». Per gli investigatori che vergano l’informativa «è palese che l’uomo stia parlando proprio di Giuseppe Iannace, pertanto, il suo racconto riscontra pienamente con l’ipotesi investigativa circa le infiltrazioni nell’ospedale di Polistena e quindi i contatti telefonici sopra elencati tra Pino Iannace e Domenico Forte (uno dei medici con ruoli apicali citati nell’ordinanza; non è indagato, ndr) assumono un’importanza ancora più significativa». (p.petrasso@corrierecal.it)

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