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La loggia segreta e gli appalti nell'Alto Tirreno in mano a un "cartello"

Ecco le gare nel mirino della Procura di Paola guidata da Pierpaolo Bruni: 18 indagati. Il gruppo avrebbe indirizzato l’esito di alcune procedure. A tre persone viene contestata la violazione della…

Pubblicato il: 27/01/2021 – 17:14
La loggia segreta e gli appalti nell'Alto Tirreno in mano a un "cartello"

di Fabio Benincasa
SCALEA
Sono diciotto le persone indagate nell’ambito di un’inchiesta della Procura di Paola guidata da Pierpaolo Bruni. Nell’indagine sono coinvolti alcuni soggetti indicati come «promotori e appartenenti ad un’associazione a delinquere finalizzata alla realizzazione di un piano criminoso per commettere reati contro la pubblica amministrazione». Al vertice del gruppo Luigi Cristofaro, mentre Francesco Arcuri, Antonio e Giuseppe Del Vecchio, Maria Grazia Melega e Francesco Esposito sarebbero – sempre secondo l’accusa – «professionisti membri di un cartello formato da due distinti gruppi che attraverso la presentazione di offerte precedentemente concordate miravano a determinare l’aggiudicazione degli appalti ad una delle imprese amiche della cordata».
LOGGIA SEGRETA A Luigi Cristofaro, Francesco Arcuri e Donato Vincenzo Rosa viene contestata la violazione della Legge Anselmi, che vieta la costituzione delle logge massoniche coperte.  Secondo l’accusa, i tre sarebbero «promotori e partecipanti ad una associazione segreta, occultando la sua esistenza, l’identità dei soci e tenendo nascoste finalità ed attività». In questo modo – sempre secondo l’accusa – avrebbero «svolto attività diretta ad interferire sull’esercizio di amministrazioni pubbliche ed enti pubblici».
IL MODUS OPERANDI Quello messo in piedi dagli indagati era un sistema collaudato ed a trarne vantaggio erano davvero tutti. Alle gare partecipavano «due distinti gruppi» concorrenti che nelle realtà dei fatti concordavano preventivamente le offerte da presentare per poi aggiudicarsi l’appalto. Dopo aver vinto la gara, «gli appartenenti al gruppo si spartivano gli importi liquidati dalle stazioni appaltanti con un corrispettivo del 50% per ciascun gruppo», ma a trarne beneficio era anche il «gruppo non aggiudicatario dell’appalto».
IL «CARTELLO» In una circostanza, si legge nelle carte dell’inchiesta, Luigi Cristofaro, Antonio e Giuseppe Del Vecchio e Maria Grazia Melega si sarebbero adoperati per «turbare la gara relativa alla Progettazione e direzione lavori relativi alla pavimentazione in una strada del Comune di Aieta». Il sistema utilizzato era il solito, gli indagati anche in questo caso avrebbero concordato le offerte presentate da due gruppi distinti ma facenti parte del medesimo «cartello». Lo stesso sistema sarebbe stato utilizzato dai quattro anche in occasione della «gara relativa alla Valutazione della vulnerabilità sismica dell’Istituto Tecnico Commerciale del Comune di Moliterno, in provincia di Potenza».
GLI APPALTI A BELVEDERE Sempre Cristoforo si sarebbe reso protagonista di un altro episodio finito nell’inchiesta. A Belvedere Marittimo, nel «ruolo di Rup nei comuni di San Nicola Arcella e Scalea e insieme al suo collaboratore Giuseppe D’Alessandro, a Paola Di Stio (responsabile del Settore tecnico del comune di Belvedere), Giuseppe Marsico (imprenditore e titolare della ditta ITM Srl) e dell’assessore ai Lavori pubblici del comune Marco Liporace avrebbero concordato e indicato due ditte da invitare alla gara alla quale non avrebbero dovuto partecipare (Ab Elettronica e Lianza)». In questo caso l’affidamento riguardava «interventi volti al risparmio energetico e alla messa in sicurezza del patrimonio comunale». Una gara che poi si aggiudicherà «Giuseppe Marsico per un importo pari ad oltre 50mila euro, con un ribasso pari al 7,20%». Altri tre gli episodi incriminati e finiti negli atti dell’inchiesta. Sempre a Belvedere Marittimo, «Paola Di Stio, Vincenzo Cristofaro (assessore al turismo del comune di Belvedere) e l’imprenditore Silvano Cairo titolare della ditta Jesi Srl avrebbero concordato le ditte da coinvolgere per l’aggiudicazione dell’appalto». Questa volta però il gruppo decide anche di inserire nel Mepa due ditte che non avevano preso parte alla gara (la Frigogeo ed un’altra impresa). Il progetto riguardava «interventi di adeguamento e di adattamento funzionale degli spazi e delle aule didattiche in conseguenza dell’emergenza sanitaria da Covid-19». Cairo sarà vincitore per un importo pari a 40mila euro ed un ribasso al 7,01%. La Di Stio, questo quanto emerso, si adopererà per indirizzare altre due gare sempre nel comune di Belvedere. In una occasione, insieme a Raffaele Grosso Ciponte (collaboratore della Di Stio) e all’imprenditore Giuseppe Caroprese titolare della ditta Frigogeo Srl avrebbero concordato il «rifacimento del tratto di fognatura comunale danneggiato da una mareggiata per un importo di 30mila euro». L’appalto era «stato promesso» allo stesso imprenditore che aveva precedentemente eseguito gratuitamente alcuni lavori per il Comune.
AFFIDAMENTO DIRETTO L’ultimo appalto oggetto di indagine si riferisce ad interventi legati ad «eccezionali eventi meteorologici verificatisi nel dicembre 2019 nei territori della costa tirrenica delle Provincie di Catanzaro, Cosenza, Reggio Calabria e Vibo Valentia per un importo pari a 39mila euro.» In questo caso, non si terrà nessuna gara d’appalto ma si procederà con «l’ affidamento diretto per un importo di poco inferiore alla soglia minima per evitare la consultazione di due o più operatori economici, utilizzando il residuo per altri lavori da assegnare a seguito di variante». La società Aquasystem Srl risulterà vincitrice. A Paola Di Stio, la Procura contesta anche la falsa attestazione in qualità di responsabile del Settore Tecnico del Comune di Belvedere di un permesso di «costruire in deroga ad un progetto di ristrutturazione edilizia con ampliamento della sala ristorante della struttura esistente “Valeria del Mar” in località Calabaia». L’indagata avrebbe omesso di «rilevare che si trattava di un intervento di ampliamento con relativa occupazione del suolo». Giampietro D’Alessandro, invece, in qualità di «Responsabile dell’Ufficio tecnico del Comune di Scalea avrebbe riservato “un occhio di riguardo” all’adozione di un provvedimento amministrativo a favore di Maria Petrone». Che doveva eseguire dei «lavori di ristrutturazione della propria abitazione usufruendo degli incentivi statali pari al 110% del valore della ristrutturazione stessa, nonostante l’abitazione risultasse in parte abusiva». In cambio di un parere favorevole ma contrario ai doveri d’ufficio D’Alessandro pretese ed ottenne dalla Petrone la «promessa dell’affidamento dei lavori a suo nipote, Giuseppe D’Alessandro». (redazione@corrierecal.it)

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