CATANZARO La Corte d’Appello del capoluogo conferma le condanne emanate in primo grado nei confronti di Ezio e Francesco Perfidio per l’omicidio, l’occultamento del cadavere e il rogo dell’auto di Stefano Piperno.
Il corpo era stato ritrovato lo scorso 20 giugno 2018 nelle campagne del Vibonese. L’autopsia aveva fin da subito accertato come il 34enne insegnante presso il Cas di Nicotera fosse stato ucciso a colpi d’arma da fuoco e solo dopo, nel tentativo di occultare le tracce del delitto, era stato dato alle fiamme.
In primo grado, gli imputati avevano scelto il rito abbreviato. Il gup presso il tribunale di Vibo, Teresa Macrì, aveva applicato le pene di anni 30 di reclusione per Ezio Perfidio e 6 anni per il padre Francesco.
Nell’udienza odierna, il tribunale di secondo grado presieduto dal giudice Cosentino (giudice “a latere” Commodaro) ha confermato le pene così respingendo le istanze dell’avvocato difensore Francesco Sabatino che aveva appellato la pronuncia di primo grado per chiedere l’assoluzione.
In giudizio anche i familiari di Stefano Piperno, costituitisi parte civile e rappresentati dagli avvocati Nicodemo Gentile e Antonio Cozza.
Il padre di Stefano, Gregorio Piperno, aveva rimarcato la sua amarezza per la pronuncia di primo grado e per il mancato appello da parte dell’accusa. «La Corte d’Appello – dice oggi – e la procura generale hanno fatto il massimo possibile perché non potevamo andare oltre la condanna di primo grado».
«Rimango perplesso per quella pronuncia del gup e per la mancata impugnazione, ma per oggi ci teniamo questa sentenza che ha confermato quanto accertato nelle fasi precedenti». (f.d.)
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