CATANZARO E’ recente la decisione del Ministero delle Infrastrutture di revocare al Consorzio di Bonifica Alli Punta di Copanello, la concessione per la realizzazione della diga del Melito, ponendo fine ad una vicenda lunga trent’anni. Con un costo stimato di 260 milioni di euro, ad oggi sono stati spesi 104 milioni di euro, ma non c’è traccia delle opere infrastrutturali. Programmata dalla Cassa per il Mezzogiorno, la diga Melito sarebbe stata una delle più grandi opere idrica del Mezzogiorno: un muro di coronamento lungo 1500 metri e alto 108 metri, doveva accogliere l’acqua per spegnere la sete di mezzo milione di calabresi sparsi nella cinquantina di comuni a valle e di centinaia di aziende agricole. Ciò che resta dell’area dove doveva sorgere la diga del Melito è uno scempio ambientale, terreni espropriati e abbandonati.
L’opera non ha mai visto la luce a causa di un lungo e costosissimo contenzioso tra la stazione appaltante, il Consorzio di Bonifica e la Astaldi, che nel frattempo acquisì il contratto dalla società aggiudicataria della costruzione, la Italstrade spa. La Regione Calabria ha sempre palesato l’incapacità a gestire le dighe, la cui competenza è stratificata tra enti, consorzi e società partecipate. Poi c’è il capitolo incompiute, tra queste la diga sull’Esaro e del Metramo. L’Esaro, progettata dalla Cassa per il Mezzogiorno, doveva nascere nel Comune di Sant’Agata d’Esaro, le competenze vennero trasferita dalla Regione a Sorical che si era impegnata a revisionare il progetto dopo aver messo in sicurezza una delle sponde dove doveva sorgere lo sbarramento. Storia diversa ha invece la Diga sul Metramo, completata dal 1993 i l’acqua dell’invaso non è mai stata utilizzata. Nel 2018 è stato annunciaot un investimento di 26 milioni di euro, a distanza di tre anni dei lavori non c’è traccia.
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