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Lea Garofalo, stop al risarcimento per la sorella. «Non tagliò i ponti con il clan»

Il Viminale rifiuta il pagamento della prima tranche dei 120mila euro. Il legale della donna: «Nessuna frequentazione con pregiudicati»

Pubblicato il: 08/03/2021 – 11:17
Lea Garofalo, stop al risarcimento per la sorella. «Non tagliò i ponti con il clan»

MILANO Il Tribunale civile ha riconosciuto alla sorella di Lea Garofalo 120mila euro di risarcimento. Il problema è che lei non sa da chi farseli dare perché l’assassino di Lea risulta nullatenente, e il Fondo di rotazione del ministero dell’Interno per la solidarietà alle vittime di mafia le rifiuta i soldi rimproverandole la parentela, e cioè di non aver tagliato i ponti con la propria famiglia di ambiente ’ndranghetista. Il Corriere della Sera racconta la storia di Marisa Garofalo e questo finale sospeso, a valle del processo ha condannato gli assassini di Lea, la testimone di giustizia che decise di tagliare i ponti con il proprio passato e con un marito violento, Carlo Cosco, per trasferirsi a Bergamo con la piccola figlia Denise. Nel 2009, per un breve periodo, riprese i rapporti con Cosco, che la attirò il 24 novembre in una trappola mortale. Il processo si è concluso con la conferma di quattro ergastoli (tra cui Cosco) e una condanna a 25 anni.

Il “no” del Viminale

Arriva anche il risarcimento dei danni non patrimoniali al termine del giudizio civile: il giudice della X sezione civile del Tribunale, racconta ancora il Corriere della Sera, liquida a Marisa Garofalo complessivamente 120mila euro. Dal Fondo di rotazione del Viminale, però, arriva un primo stop, «per la stretta contiguità della sua famiglia originaria alla criminalità organizzata di Petilia Policastro nella quale ha continuato a vivere». Secondo il Viminale, infatti, la sorella prima dell’uccisione di Lea «non ha mai manifestato il proposito di volersi affrancare dall’entourage familiare ’ndranghetista, e la condotta dissociativa con la costituzione di parte civile si è manifestata solo successivamente al tragico evento». Il suo avvocato Roberto d’Ippolito spiega al Corriere che «Marisa è incensurata, svolge un regolare lavoro, non si ha notizia di sue frequentazioni con pregiudicati, e anzi profonde instancabile impegno per onorare la memoria della sorella e ostracizzare la ’ndrangheta».

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